Il mio mondo è sempre stato quello della fantasia e dell'immaginazione, per questo ho scelto di fare lo scrittore; e gli scacchi sono fantasia e immaginazione, ma per esercitare queste facoltà occorre avvicinare gli altri, la gente. Anche i racconti che scrivo sono in larga parte invenzione, benché dentro ci siano persone, fittizie o spesso reali. E quello spaziale sembrava proprio il protagonista di uno dei miei racconti, solo che non lo avevo descritto io, l'avevo trovato. Era questo, forse, che mi metteva maggiormente in agitazione e mi affascinava.

* * *

Era una sera con molta confusione. Un'astronave era appena arrivata da Capella, una di quelle cosmonavi gigantesche con decine di membri nell'equipaggio. Erano rimasti nello spazio un bel po' di tempo e avevano ottenuto la libera uscita tutti insieme.

La sera prima se n'erano andati dalle loro donne (le donne che avevano in quel porto) oppure si erano ubriacati. Adesso erano più calmi e ci si poteva conversare, chiedere delle loro avventure, gli ultimi pettegolezzi sul comandante, tutte le novità di un altro sistema stellare. Normalmente avrei cercato di attingere quanto più potevo, ma la presenza del mio uomo mi assorbiva completamente. Era stato salutato da un paio di nuovi arrivati e aveva risposto cortesemente, ma non si era trattenuto con loro.

Io organizzai piccoli tornei di scacchi (classici, ma anche progressivi o scacchi-piramide) sperando così di scuoterlo. Giunsi perfino a provocarlo apertamente accusandolo di vigliaccheria, ma lui non si smosse.

Poco dopo fui avvicinato da un marinaio spaziale. L'avevo visto parlare con il mio uomo, perciò ascoltai con interesse ciò che aveva da dirmi. L'arrivo di una possibile fonte di notizie fu per me una vera fortuna.

- Conosco la sua storia - annunciò il mio interlocutore. - Se vuoi te la racconto. Credo di essere l'unico sopravvissuto della vicenda, assieme a "Korchnoi" Smith, e ormai non interessa più a nessuno. Te la racconto volentieri, ma Korchnoi... lascialo in pace.

Accettai subito e ci ritirammo in un angolo. Il tipo aveva l'inconsueto nome di Xanth Cordmaker e doveva essere prossimo alla pensione, forse di due o tre anni più giovane (o più vecchio) di Smith. Naso aquilino, voce cavernosa.

- Ho ancora quella maledetta partita. - Tirò fuori uno spiegazzato foglio di fibroplast e me lo tese. - Dopo il disastro, la recuperai dalla memoria del computer.

Xanth Cordmaker seguitò a parlare, e da lui appresi che Smith era stato un ottimo spaziale. Un tipo pacato, tranquillo, un po' sulle sue ma pronto a bere e a scherzare con i compagni, nonostante la sua aria distaccata. Era capace di trasformarsi, se ce n'era bisogno, e più volte aveva dato prova di forza e intelligenza. Si era guadagnato i gradi nella prima guerra contro i capellani; pare che precedentemente fosse stato maggiore del Corpo Spaziale e avesse disertato in occasione della guerra di Ofelia. Era successo un gran casino quando qualcuno aveva diffuso la congettura che gli ofeliani non fossero alieni ma terrestri di un'altra razza, costretti a emigrare migliaia di anni prima. Lui ci aveva creduto, e aveva presentato una veemente protesta nella quale denunciava anche certi metodi militari. Poi era sparito.

Forse Smith non era il suo vero nome. Era quello con cui si era arruolato, preceduto da un "K." che facilitò la scelta del suo soprannome fra gli Spaziali, stavolta corpo civile. Sulla Bellerofonte nessuno sapeva altro di lui, nessuno gli aveva chiesto mai nulla. Il nome della Bellerofonte mi ricordò qualcosa; era una nave civile tra le più grandi e perfezionate, tanto da avere a bordo perfino un laboratorio scientifico. Nei suoi lunghi viaggi l'astronave spesso deviava dalla rotta a scopo di esplorazione e ricerca: era una delle pochissime navi autorizzata a farlo.