Sono convinto, ma probabilmente qualcuno non converrà, che l'ambiente in cui si nasce e cresce sia fondamentale per determinare le proprie convinzioni morali, etiche e politiche. Solamente la scuola o il senso di rivolta nei confronti dei nostri vecchi può a volte imporre una svolta alle nostre convinzioni. Mio padre e mia madre erano entrambi il 12° figlio. La famiglia di mia madre, molto cattolica si è sempre astenuta dalla politica. Gli zii paterni erano viceversa molto politicizzati (si andava dal socialismo dei più anziani al fascismo dei più giovani, passando attraverso i popolari), ma mia nonna non permetteva che si parlasse di politica quando erano presenti i bambini. Mio padre era convinto che per la formazione civile dei figli non fossero necessario le parole, ma gli esempi e le opportunità di accedere alla conoscenza. La storia politica di mio padre l'ho conosciuta dopo la sua morte, sfogliando le vecchie carte e parlando successivamente con gli zii. Nel 1925 ebbe dei problemi di natura non politica (evitare di dare del ladro, specie a un politico) con il nuovo segretario del Fascio di Nerviano e finì sulla lista nera. L'iscrizione al Fascio gli fu negata e solo nel 1936 (in occasione della riapertura generalizzata delle adesioni in occasione della proclamazione dell'Impero) riuscì ad iscriversi; ciò non bastò per toglierlo dalla lista nera, tant'è che ancora nel 1942 veniva convocato in caserma dai carabinieri quando in zona era in visita qualche gerarca. Durante la guerra civile se ne rimase a guardare alla finestra, come la maggioranza degli italiani. Nel dopoguerra aderì all'Uomo Qualunque. Mi sembrava quindi naturale stare da una certa parte. Iniziai presto a leggere. In casa, nonostante la povertà, libri e giornali, anche nei periodi più cupi, non sono mai mancati. Inoltre avevo uno zio giornalaio e passavo il pomeriggio, dopo la scuola, in edicola a leggere fumetti. Non ho mai letto libri in edicola. Avevo una zia che leggeva i Gialli Mondadori e che me li passava (leggeva altre collane gialle, ma a causa delle copertine osé, non avevo il permesso di leggerli). Chiaramente un libro alla settimana era troppo poco e così presi ad acquistare El Coyote e poi Ranch, con la mia paghetta (erano western, allora molto di moda). Solo nel 1956 scoprii la fantascienza. Era una fantascienza in sintonia con le mie idee e mi sembrò naturale pensare che un lettore di fantascienza non potesse che essere di destra (recentemente ho conosciuto un appassionato, mio coetaneo, che è rimasto sconvolto nel sapere che io sono di destra e juventino; lui chiaramente era di sinistra e granata. Era sinceramente convinto che non potesse essere altrimenti.). Mi ritrovavo a leggere libri quali: Orrore su Manhattan (Shadow on the Hearth, 1950) di Judith Merrill, New York sotto un attacco atomico rosso, Il pianeta dell'esilio (Point Ultimate, 1955) di Jerry Sohl, il mondo sotto una dittatura comunista arretrata e conservatrice, Non sarà per agosto (Not This August, 1955) di C. M. Kornbluth, un classico. L'America sconfitta dalle potenze comuniste, il Presidente impiccato come criminale di guerra, la resistenza, la riscossa.

Ma anche i romanzi non strettamente legati con l'attualità riflettevano la contrapposizione fra una concezione massificata della società (i cattivi) e una società liberale (i buoni): I pianeti della libertà (Born Leader, 1954) di J. T. McIntosh, Il terrore dalla sesta luna (The Puppet Masters, 1951) di Robert A. Heinlein, Schiavi degli invisibili (Sinister Barrier, 1943) di Eric Frank Russell..

Gli eroi erano eroi, combattevano fino in fondo e mantenevano la parola data: La legione dello spazio (The Legion of Space, 1947) di Jack Williamson è un classico del genere, così come Guerra nella Galassia (The Star Kings, 1949) di Edmond Hamilton, dove il protagonista per mantenere l'impegno con un personaggio importante ma pur sempre sconosciuto rinuncia all'amore. Diversamente da Il prigioniero di Zenda di cui questo romanzo è in pratica la rielaborazione fantascientifica, c'è un lieto fine. Il nemico comunque è sempre un dittatore dai vaghi contorni sinistri. Debellati nazismo e fascismo, il vero nemico rimaneva il comunismo, come prima della guerra (la Seconda Mondiale ovviamente) il supposto vero pericolo era giallo e veniva da oriente. In buona sostanza la produzione disponibile negli anni '50 era chiaramente di stampo conservatore. Nel 1959 ebbi la ventura di leggere Nel duemila non sorge il sole (Nineteen Eighty-Four, 1949) di tale George Orwell e ne rimasi profondamente colpito. Le mie convinzioni ne uscirono rafforzate. Solo più tardi scoprii che in realtà quello che io credevo fosse una critica al comunismo era in realtà una critica alle dittature reazionarie (che stranamente utilizzavano metodi ed ideologie che eravamo abituati a vedere applicati oltrecortina). Stravolgimenti dell'evidenza, classica applicazione della disinformazione scientifica di orwelliana memoria, sono abbastanza frequenti nella "critica" di sinistra. Perfino La fattoria degli animali (Animal Farm, 1947) che ha come morale che "Tutti gli animali sono uguali, ma qualche animale è più uguale degli altri" viene spacciato per antifascista. Si da il caso che i comunisti Orwell li conoscesse bene e l'allarme veniva lanciato contro un'ideologia che minacciava di prendere il sopravvento e non un anatema contro una ideologia sconfitta dalla storia.