Ci sono stati momenti, nella storia artistica del Novecento, nei quali la letteratura ha cercato di farsi interprete enciclopedica del sapere e del divenire della società del tempo: digressioni, riflessioni, travaso di informazioni nel corpus della narrazione hanno portato al romanzo-saggio, epico tentativo, almeno nelle intenzioni, di saldare il divario tra invenzione letteraria e mondo reale. Uno dei generi che per loro intrinseca natura hanno più spesso praticato questo approccio è stato ed è, forse oggi più che mai, la fantascienza, la quale, dovendosi confrontare se non necessariamente con la scienza per lo meno con la tecnologia, avverte fortissimo il bisogno di stabilire al proprio interno parametri informativi capaci di fungere da struttura portante della narrazione.

Vittorio Catani, uno dei padri fondatori della fantascienza in Italia, propone in questo suo multiforme manuale di istruzioni per l'uso del futuro prossimo venturo l'operazione inversa, offrendo brevi saggi che assumono la forma della fiction (salvo nella seconda parte, dove la saggistica conserva la consueta struttura): un modo per soddisfare la sua innata tensione al racconto, e anche una divertente tattica per insaporire e alleggerire la portata dei grandi temi che si rincorrono in queste pagine. Un processo, mi azzardo a dire, di antropomorfizzazione di un futuro che invece dall'uomo appare sempre più distaccato; o che, meglio, appare teso a staccare l'uomo da sé per farne altro, creatura modificata, mutante a mezza strada tra il delirio di onnipotenza di un controllo totale sul mondo e la miseria di doversi ridurre a mangiare insetti per ritrovare finalmente un cibo genuino, di quelli veri, quelli di una volta, ormai morti e sepolti sotto l'impatto devastante delle biotecnologie.

Il tratto dominante di questo viaggio in ciò che ci attende nel nuovo millennio è l'alienazione, forte e prepotente perché organizzata con metodica rigorosità dalla tecnologia: alienazione dal proprio corpo, farcito di innesti, tempestato di neuroni artificiali di silicio che ci renderanno diversi da ciò che siamo oggi; alienazione dalla realtà, con la quale avremo contatti sempre più mediati, più evanescenti (e bisognerà comunque vedere in quale forma e quale misura questa "realtà" continuerà a esistere al di fuori di noi), fino a non sapere più con chi avremo trascorso una notte d'amore; alienazione nel lavoro, il che magari può sembrare ovvio a considerare la situazione attuale, ma provate a controllare alcune delle ipotesi che Catani elabora e ditemi se non mettono i brividi; alienazione nel tempo libero, tanto a volte ampio da diventare smisurato e problematico da riempire.

Peraltro, non tutto è drammatico nelle miniparabole che compongono il volume. Anzi. Come recitava il titolo di un saggio di Umberto Eco, si può essere apocalittici o integrati, e a chi saprà integrarsi con le coordinate di questo massiccio futuro verranno riservate ampie soddisfazioni. Parchi dei divertimenti che garantiscono esperienze sensoriali estreme, ad esempio, oppure la comodità di svolgere ricerche per la scuola lasciando che sia la rete telematica a darsi da fare sul serio, o vivere in un minuscolo appartamento ma potersi svegliare su una deliziosa isola tropicale in mezzo all'oceano. Eccetera. La lievità delle scene, caratteristica da sempre della narrativa di Catani, è suadente, avvolgente; può addirittura portare a desiderare di perdersi in questo progressivo slittamento di rapporti concreti col mondo, di abbandonarsi all'illusione, perché in definitiva è tanto più comodo e gratificante. Le tragedie non mancano, come quelle del clima, dei fenomeni migratori capovolti rispetto a oggi, di una totale invivibilità della città; ma, se non ho preso abbagli, è proprio nei momenti più rilassati che l'autore lancia le sue bombe a massimo potenziale di devastazione: attenzione, basta chiudere gli occhi e tutto l'orrore scomparirà, e ci sentiremo maledettamente bene, però intanto tutto quanto andrà a puttane e noi nemmeno ce ne accorgeremo...