di

Raul Schenardi

Fantascienza argentina:

intervista con Carlos Gardini

Il nome di Carlos Gardini viene alla ribalta nel 1982, quando vince il concorso del Círculo de Lectores, della cui giuria faceva parte anche J.L. Borges. La sua prima antologia è stato Mi cerebro animal (1983), alla quale sono seguite altre antologie e alcuni romanzi. Gardini è anche traduttore: oltre a Shakespeare, Henry James e altri, ha tradotto l'intera opera di Cordwainer Smith.

Delos: Prima linea, che presentiamo ai lettori di Delos, è stato pubblicato a Buenos Aires nel 1983, un anno dopo la fine della "guerra sporca" delle isole Falkland/Malvinas. Eppure altri racconti, nei quali dipingi una "visione fantasmagorica" (parole della critica) di quegli eventi bellici, li avevi scritti anni prima. Quando nel finale leggo la frase Non ci sono mai state unità MUTIL mi vien da pensare ai desaparecidos, agli squadroni di torturatori... Siamo arrivati al punto la domanda rischia di diventare retorica che gli incubi che può concepire la nostra immaginazione notturna sono gli stessi che ci sfornano i notiziari televisivi?

Gardini: Suppongo che sia così. Credo di aver iniziato a concepire Prima linea poco dopo che era incominciata la guerra nell'Atlantico del Sud. Mi si presentò un'immagine da incubo sui mutilati di guerra, e quest'immagine crebbe nella misura in cui cresceva l'incubo nella realtà. Indubbiamente il racconto è impregnato dell'amarezza di quegli anni.

Delos: Forse la letteratura che chiamiamo science fiction nasce dall'esigenza dell'immaginazione, per stare al passo con i tempi, di confrontarsi con la rapidità e la brutalità delle mutazioni tecnologiche e con le loro conseguenze sulla nostra vita sociale, immaginativa, emotiva?

Gardini: Credo che in larga misura sia così. Alle origini della science fiction moderna incontriamo una delle sue metafore più potenti e durature, il Frankenstein di Mary Shelley. La creatura, figlia del "moderno Prometeo", è un miracolo e un'aberrazione insieme. Frankestein sa creare la vita, ma lo fa a partire da pezzi di cadaveri, e la sua creatura è un essere sensibile condannato a uccidere e a distruggere. un paradosso ambulante, e credo che questo paradosso ci ossessioni ancora perché riflette le ambiguità delle nostre creazioni tecnologiche: il prolungamento della vita grazie alla tecnologia medica, per fare un esempio, è senz'altro una benedizione, ma può spingersi a estremi inumani di indegnità, dove l'unica cosa che viene prolungata è la decadenza fisica.

Aggiungiamo, d'altra parte, che la science fiction si è incaricata di affrontare gli incubi del nostro tempo mentre molti letterati "seri" preferivano trattare temi insulsi e più "elevati", a volte con un tocco di "sperimentalismo" accademico. I buoni autori fantastici sono venuti a svolgere il ruolo di portatori di metafore vigorose e di narrazioni avvincenti senza incorrere in estetismi effeminati né in prediche "sociali" paternalistiche.

Delos: In un romanzo dello scrittore argentino Ernesto Sabato, un personaggio formula la seguente domanda: curiosa la qualità e l'importanza che ha in questo paese la letteratura fantastica. A che cosa si dovrà? Sei d'accordo con il giudizio sulla qualità e l'importanza della letteratura fantastica argentina? Hai una risposta a questa domanda? Sei particolarmente affezionato a qualche scrittore argentino delle generazioni precedenti?

Gardini: Fra gli scrittori argentini, alcuni dei miei preferiti sono senz'altro Adolfo Bioy Casares, Jorge Luis Borges, Julio Cortázar e Silvina Ocampo. Tutti hanno scritto letteratura fantastica e tre di loro collaborarono alla creazione di una famosa antologia (l'Antologia della letteratura fantastica, compilata da Bioy, Borges e dalla Ocampo, pubblicata nel 1940 in Argentina) [e più volte riedita anche in italiano, n.d.t.]. In questo senso devo concordare sul fatto che in effetti in Argentina esiste una letteratura fantastica di qualità.

Quanto alla domanda: "A che cosa si dovrà?", confesso che non solo non ho una risposta, ma anche che la domanda mi risulta un po' imbarazzante. Perché è "curioso" che questo paese produca letteratura fantastica e non che produca letteratura verista o d'impronta folcloristica? Nessuno ritiene sia "curioso" che in Svizzera vi sia un artista plastico come Giger, né che in Italia vi fosse uno scrittore con lo humor o la fantasia di Calvino. Non so perché l'uso dell'immaginazione da parte di certi scrittori argentini meriti da parte di Sabato (o del suo personaggio) una considerazione speciale, come se l'immaginazione e l'Argentina fossero incompatibili... in definitiva, a volte lo sono, ma questa è un'altra storia: -)

Forse il mio imbarazzo è da collegare con la sensazione che molti trattano l'elemento "fantastico" come un sintomo, un vezzo o un'anomalia. Se non ricordo male, Tzvetan Todorov sostiene che il fantastico serve come espediente per evadere la censura sociale o psicologica. Così, Carmilla di Sheridan LeFanu è un racconto di lesbismo "mascherato" da storia di vampiri, dato che notoriamente la morale vittoriana impediva di presentare le cose in forma diretta. Edgar Poe affronta la necrofilia secondo un'ottica "fantastica" e Bataille, in L'azzurro del cielo, secondo un'ottica "realista". Si direbbe che il "progresso sociale" ci consente di superare l'"infantilismo" fantastico e di chiamare le cose con il loro nome. Certo, questo non spiega come mai oggi, quando siamo ormai postvittoriani se non "postmoderni", continuiamo a leggere storie di vampiri. Forse dipende dal nostro incurabile infantilismo, o forse si deve al fatto che l'elemento fantastico non è destinato a occultare, bensì a rivelare, e permette una forma più raffinata di realismo, che non include solo le "realtà" esterne, ma anche i nostri miti, sogni e ricordi, quello che J.G. Ballard chiama lo "spazio interiore". Non è un vezzo, un complemento o una malattia, ma un modo di vedere le cose.

Delos: A proposito dei tuoi libri alcuni critici hanno fatto i nomi di Kafka, Lovecraft, e dell'italiano Dino Buzzati.

Gardini: Di Lovecraft ammiro i racconti, e mi piacerebbe anche aver scritto qualche passo del Necromicon, ma non ci vedo una grande affinità con quel che scrivo. Di Buzzati lessi molto tempo fa Il deserto dei tartari e mi è piaciuto, ma per un capriccio del caso, o per questioni di gusto puramente personali, Buzzati non mi ha provocato lo stesso impatto di un altro autore italiano che amo moltissimo, Italo Calvino, con I nostri antenati, Le città invisibili e i racconti di Ti con Zero.

Kafka è stato un autore molto importante per me, non solo per ciò che si associa banalmente all'aggettivo "kafkiano" (una specie di universo asssurdamente burocratico), ma per quella che potremmo chiamare, senza enfasi o pedanteria, la sua ricerca spirituale.

Delos: Come hai scoperto la tua vocazione e quando hai iniziato a scrivere? Quali sono i tuoi metodi di lavoro?

Gardini: Ho incominciato a quindici anni, credo, o forse prima. A un certo punto capii, anche se le parole non erano queste, che volevo ascoltare la voce dei miei sogni e quella delle persone, creare storie che fossero molto personali senza essere esclusivamente mie, storie di tutti.

Non seguo un metodo o, per meglio dire, il mio metodo cambia ogni volta. Ho scritto La Fortezza della Solitudine in un'unica tirata, e in seguito ho apportato soltanto correzioni di poco conto che non toccavano il nucleo della storia. Prima linea, invece, cominciai a scriverlo a partire dalla metà, poi continuai con il finale, e solo alla fine ho scritto l'inizio, o qualcosa del genere, e poi ho dovuto ritoccare parti che erano pretenziosamente "letterarie", un difetto che per fortuna qualcuno mi segnalò in tempo. Il romanzo El Libro de la Tierra Negra l'ho scritto in quindici giorni, dopo però ho trascorso due anni a correggerlo, ad ampliarlo, a comprenderlo. Durante questo procedimento cerco dati che possano dare maggior solidità alla storia, anche se poi non sempre li includo nel testo. C'è però una fase del lavoro che rimane invariabile: una volta che il racconto è "finito", in realtà si tratta soltanto di un abbozzo. A partire da lì incomincia un lavoro di raffinamento che potrebbe essere definito come una ricerca di musicalità e di semplicità.

Delos: Nel tuo lavoro di traduttore, oltre ad alcuni classici come Shakespeare, Melville, ecc., hai tradotto diversi autori di science fiction. Vuoi dirci quali sono i tuoi preferiti?

Gardini: Ahi, questa è una domanda difficile, perché l'elenco dei preferiti è lungo. Fra gli autori di area linguistica inglese posso citare James Ballard, Brian Aldiss, Ursula K. LeGuin, Samuel Delaney, Alfred Bester, Poul Anderson, Cordwainer Smith, Dan Simmons, ma non necessariamente in questo stesso ordine. E la lista non è completa. I motivi per queste preferenze sono molto diversi, naturalmente, ma potremmo metterla giù così: sono tutti scrittori brillanti, con un grande senso dello stile e dell'elemento mitopoietico. Credo che il mondo sia più surrealista che realista, e tutti questi scrittori riflettono questo fatto.

Delos: In alcuni tuoi racconti si indovina un'attrazione per il cinema. Gli riconosci qualche importanza per la formazione della tua immaginazione e per il tuo lavoro letterario? Hai mai scritto per il cinema?

Gardini: Non ho mai scritto copioni e non so se avrei l'attitudine professionale per farlo, comunque il cinema è come la mia seconda vita. Sono ancora impressionato per quei film degli Hammer Studios che vedevo da bambino! Per me alcuni film hanno avuto maggior influenza di certi libri. Anche in questo caso sarebbero troppi i registi preferiti che dovrei nominare, ma penso soprattutto alle opere di gente come Hitchcock, Brian de Palma, Dario Argento, Martin Scorsese, Sergio Leone, Francis Coppola, John Carpenter. Invece non mi appassionano i cosiddetti film d'arte. Non cambio Il silenzio di Bergman con I cercatori di John Ford.

Delos: Anni fa la rivista elettronica argentina Axxon (http://www.giga.com.ar/axxon/) ti ha dedicato un numero monografico, e ormai hai una buona presenza in rete. Come vedi il fenomeno della diffusione della letteratura via Internet rispetto alle edizioni tradizionali, i problemi dei diritti d'autore ecc.? Dedichi parte del tuo tempo alla navigazione in rete? E in tal caso, che cosa vai cercando o trovando?

Gardini: Sì, dedico abbastanza tempo a percorrere la rete, che naturalmente è molte cose allo stesso tempo. A volte è una grande biblioteca nel senso tradizionale del termine, a volte è una grande assemblea, altre volte un luogo che permette di stringere amicizie, come in questo caso.

Come fenomeno editoriale credo che finirà per convivere con il libro tradizionale cartaceo, in funzione complementare, ma senza spiazzarlo del tutto, così come la televisione convive con fenomeni precedenti, la radio e il cinema. Naturalmente continuerà a sollevare controversie. Thomas Jefferson diceva che gli uomini si dividono in coloro che, non avendo fiducia nel popolo, vogliono strappargli il potere, e in coloro che confidano nel popolo e lo ritengono il miglior depositario (sebbene non necessariamente il più saggio) dei loro interessi. Personalmente credo sia un bene che il "popolo" degli autori e dei lettori possa contare sulla libertà di pubblicare su un mezzo più economico e di maggior diffusione, e in questo senso il popolo gode di maggior potere per salvaguardare i suoi interessi. Anche il problema dei diritti d'autore non è insolubile. Si possono adottare varianti del modo in cui si agisce già ora. Il compratore potrebbe avere accesso gratuito a qualche "campione" o "anticipazione" di libri e pagare per scaricare altri archivi, oppure comprare il libro cartaceo in una libreria, o ancora ordinarlo via rete. Molti temono che il testo elettronico significhi la morte del libro. Io credo che possa esere una liberazione. Le parole non devono necessariamente essere intagliate nella pietra e nemmeno stampate su carta per essere reali.