Nell'annunciare la loro scoperta, sono stati gli stessi Seth Putterman, Brian Naranjo e Jim Gimzewski a far rilevare la singolare similitudine con Star Trek.

I tre scienziati sarebbero infatti riusciti a ricavare energia realizzando in laboratorio una fusione nucleare che utilizza dei cristalli, in maniera curiosamente simile ai cristalli di dilitio dell'Enterprise. Nella fattispecie sono stati usati cristalli piroelettrici di litio tantalato (LiTaO3). E anche il fatto che ci sia di mezzo il litio, è una coincidenza singolare.

"Adesso finalmente capisco", ha scherzato Naranjo, "perché l'Enterprise traeva la sua energia dai cristalli di dilitio". Ma la cosa è molto seria, perché se la tecnologia di fusione nucleare messa a punto dai tre fisici della UCLA si rivelasse scientificamente fondata e impiegabile a livello industriale - e tutto sembra puntare in queste direzioni - l'attuale panorama mondiale delle fonti energetiche potrebbe essere rivoluzionato.

Per la comunità scientifica, tuttavia, il condizionale è d'obbligo, soprattutto dopo la fallimentare esperienza di Fleischmann e Pons che nel 1989 illusero il mondo con una fusione fredda che nessun'altro laboratorio riuscì a replicare.

Tuttavia questa volta le basi sembrano diverse. In parole semplici, Putterman e i suoi collaboratori hanno posto un cristallo di litio tantalato in una camera riempita con un'atmosfera di deuterio, dopodiché lo hanno scaldato da -30 °F (-34.4 °C) a +45 °F (7.22 °C) nel giro di pochissimi minuti. Questo ha generato attraverso il cristallo una differenza di potenziale elettrico di 100.000 volts. Tale elevatissima tensione è stata applicata sulla punta di un ago che, prima ha strappato elettroni ai nuclei di deuterio, e poi li ha accelerati verso un bersaglio solido contenente anch'esso deuterio. La collisione di due nuclei di deuterio alle velocità indotte dall'altissimo potenziale elettrico ha portato così alla fusione dei due nuclei e alla formazione di elio ed energia.

Ma la caratteristica che forse conferisce prospettive applicative ancora più notevoli e allettanti a questo processo è la sua "tascabilità". Questo tipo di fusione nucleare, infatti, non necessiterebbe di grossi impianti e potrebbe essere facilmente impiegata anche su base "portatile", in applicazioni propulsive o persino domestiche. Putterman ha confermato che i futuri esperimenti si concentreranno sul miglioramento e l'ottimizzazione della tecnica per potenziali usi commerciali.

E il rovescio della medaglia? Per ora sembra che non ci sia. Gli unici prodotti di scarto del processo sarebbero infatti soltanto neutroni, ma questo potrebbe portare all'utilizzazione del medesimo principio anche laddove fosse necessario avere sorgenti di particelle ad alta penetrazione, come in esami geologici o per osservare l'interno di contenitori o ancora in campo medico per il trattamento dei tumori attraverso opportune sorgenti radioattive applicate direttamente in prossimità dei tessuti malati. Anzi, secondo Putterman, se la tecnica troverà sbocchi commerciali, saranno innanzitutto in questi settori, prima ancora che nella produzione dell'energia.

A proposito di fantascienza e nome del processo, Putterman ha poi confessato che avrebbe voluto battezzare questa tecnica "crystallic fusion" (lett. fusione cristallica o fusione a cristalli), ma ha deciso di rinunciare quando ha scoperto che è lo stesso modo in cui chiama la sua fonte di energia Buzz Lightyear!