racconto di

Gianluigi Zuddas

Bambino molle

In occasione della riedizione presso l'Editrice Nord del suo romanzo Amazon, abbiamo pensato che sarebbe stato utile far conoscere ai lettori Gianluigi Zuddas. Il racconto che segue è stato pubblicato per la prima volta su Robot nel 1978, ed è un'ottimo saggio della straordinaria bravura di questo autore, che ha pubblicato alcuni romanzi tra cui il bellissimo Balthis l'avventuriera (Editrice Nord). Negli ultimi anni Zuddas si è dedicato solo al lavoro di traduttore, e purtroppo non ha più scritto né romanzi né racconti. Un vero peccato, a nostro avviso, perdere un autore che soprattutto oggi, in tempo di rilancio della sf nostrana, avrebbe veramente potuto dare molto. (Silvio Sosio)

I

Per la settima volta in sette giorni, il TG 4 mandava in onda la registrazione della telecronaca, accompagnata dallo stesso concitato commento dello speaker. Tuttavia le sequenze, girate in notturna e a colori, non avevano ancora perso niente della loro allucinante dinamica.

-- Posso aumentare il volume, papà? Non sento nulla, -- disse Luca.

L'uomo seduto in poltrona accennò di sì, e il ragazzetto si alzò a girare la manopola. Toccò poi anche quella del video, diminuendo il contrasto dei verdi sullo sfondo nero.

Le fotocellule montate sugli automezzi dell'esercito sciabolavano la notte, incendiando di luce una parete di cespugli oltre un torrente. Si udiva un ronzio di motori, e un megafono muggire ordini indistinti. Un mezzo cingolato fu inquadrato per un attimo sullo schermo, mentre avanzava di sghimbescio lungo una scarpata.

"... Circa le due e trenta di venerdì mattina", stava dicendo lo speaker. "Localizzata in seguito alla segnalazione di alcuni pastori. Si supponeva invece che la Donna Serpente avesse cercato scampo all'incalzare delle forze dell'ordine e dei mezzi dell'esercito, dirigendosi verso la maremma".

La voce fu coperta dal crepitare di una mitragliatrice e da grida confuse provenienti da fuori campo. La scena roteò e ondeggidò in un sobbalzare di immagini indistinte, mentre l'operatore si girava a mettere a fuoco l'obiettivo su uno sfondo di cespugli, e ciò che inquadrò fece irrigidire l'uomo sulla poltrona. Luca si lasciò sfuggire un ansito.

"... Ma eccola! Eccola! E sbucata di corsa fra due jeep". La voce dello speaker si perse nel frastuono improvviso: un carro armato Leopard, fermo sul bordo del torrente, sputava rapidissimi getti di fiamma contro una figura che vacillava e saltellava come una marionetta epilettica, una dozzina di metri piu avanti. Le fotocellule trasformavano in bianco il verde chiaro deila sua pelle scagliosa, e proiettavano la sua ombra moltiplicata per quattro sulla parete di piante al di la del corso d'acqua.

-- Gesù mio!, -- ansimò l'uomo seduto davanti al telecolor, esattamente come aveva fatto le sere precedenti. Luca gli fece cenno di tacere, mentre la voce del commentatore aveva un tono stridulo, incredulo:

"... E i proiettili rimbalzano sul suo corpo come confetti. Osservate come Yllakun si ripara gli occhi, I'unico suo punto vulnerabile. Eppure avanza. Mio Dio... Ha intenzione di assalire il carro armato a mani nude!".

La figura era inconfondibilmente femminile, alta più del normale e del tutto nuda, ma le luci spietate che le convergevano addosso rendevano difficile identificarla come non terrestre. Il Leopard le scaricava in pieno corpo grandini di pallottole ad alta velocità, e ogni raffica la ricacciava indietro di qualche passo, Ia gettava in ginocchio, Ia faceva roteare su se stessa non appena ella riusciva a rimettersi in piedi. E tuttavia come una forza scatenata della natura, la femmina aliena si slanciava ogni volta in avanti, decisa ad arrivare al cingolato armata solo della sua ferocia indomabile, inumana.

Qualcuno gettò una bomba a mano, che esplose poco distante da lei. Poi l'operatore dovette fare una serie di movimenti per evitare altri automezzi che sopravvenivano, e la scena ricomparve, stavolta ripresa da un punto più a destra. Per un attimo ci fu un primo piano della Donna Serpente inquadrata quasi di fronte.

"... Yllakun non cerca di fuggire ancora. Dei resto è circondata. Per questa spaventosa assassina sembra giunta l'ora della resa dei conti, nonostante che le armi leggere non la scalfiscano neppure. Viene ancora lanciata una bomba a mano... Ma Yllakun è quasi addosso al carro armato. Lo afferra all'altezza del parafango sinistro... Incredibile: gli artigli delle sue dita scivolano sull'acciaio strappandone via trucioli come fosse legno!"

-- Guarda che roba, -- disse l'uomo, girandosi verso Luca con aria sbalordita.

Il ragazzo taceva. In primo piano, la Donna Serpente schiaffeggiava l'aria come se lottasse contro stormi di calabroni inferociti. I suoi occhi erano sbarrati. La bocca, perfettamente umana, aperta in un grido inudibile di sofferenza atroce. L'effetto delle pallottole che la tempestavano da vicino era visibile sul suo corpo a ogni movimento che faceva: un essere umano avrebbe avanzato in quel modo sotto una violenta tempesta di vento.

"... Ma è immortale, dunque?" gridava lo speaker. «E' invulnerabile, questa creatura dannata sbucata dall'inferno?"

Simile a un golem demoniaco, Yllakun si era infaffi tuffata ancora sul paralango del Leopard, e stavolta le due mitragliatrici non poterono girare abbastanza da intercettarla. Vi rimase avvinghiata, malgrado che una granata esplosa presso il cingolo l'avesse scossa con la sua ventata di fiamma violetta. Nell'aria echeggiò il suo grido di dolore, e ad esso rispose una successione di spari secchi.

-- Basta! -- gemette Luca. -- Basta... spegni, papà!

Mentre la femmina aliena si piegava su se stessa a fianco del mezzo bellico, le fatocellule conversero ad illuminarla in pieno. Sul suo volto liscio, decisamente umano malgrado la calvizie verdolina, era dipinta un'espressione di angoscia devastante. Poi ella si girò verso il cingolato, e tutto il suo corpo parve vibrare per lo sforzo. Da fuori campo veniva il crepitio dei mitra, i cecchini appostati dietro gli automezzi la facevano segno a decine di tiri incrociati.

-- Spegni... -- singhiazzò Luca. Il ragazzo stava tremando. I suoi occhi erano inchiodati allo schermo con fissità ipnotica.

La fiancata sinistra del Leopard si sollevò lentamente da terra, con uno scricchiolio.

"... Sta rovesciando il carro armato nel torrente!" berciava lo speaker. La sua voce era un ciangottio confuso, nel ronzio dei motori che si awicinavano da ogni direzlone.

Il Leopard scivolava infatti sensibilmente di lato, sotto la spinta dal basso in alto. Poi si inclinò ancor di più e venne capovolto oltre il greto sassoso. La Donna Serpente vacillò in avanti per lo sforzo e quasi vi cadde contro. Poi tornò più in vista, coprendosi il volto con le mani per riparare gli occhi dalle pallottole che fischiavano attorno e rimbalzavano sulla carrozzeria del mezzo bellico, ora inoffensivo.

-- Ma che ti prende? Luca... Per Cristo! -- L'uomo in poltrona bestemmiò, irritato dall'espressione sconvolta del ragazzo.

-- Le fanno del male. La vogliono ammazzare, papà. Perché?

-- Che vuol dire, perché? Dio buono, non avrai mica compassione di quella bestia. Non è una donna, è una specie di lucertola. Un mostro. Non hai visto come ha ribaltato il carro armato? Il giornale ha detto che c'erano quattro uomini, li dentro. E uno è morto.

Il ragazzo non rispose. Un secondo Leopard entrò nel campo inquadrato dalla cinepresa, vomitando lampi rabbiosi che strappavano al terreno fontane di polvere.

Le immagini divennero indistinte per qualche momento.

"... E forse è ferita," commentava lo speaker concitatamente. "Forse le hanno colpito gli occhi. Sembra che ora... Ma no: corre avanti!"

Le fatocellule piazzate ai lati ruotarono le loro lame di luce per seguire la figura che fuggiva ciecamente, con le mani sul volto. Una lunga raffica la fece sbandare, centrandola in pieno prima che arrivasse contro una jeep. Figure umane schizzarono via dalI'automezzo a perdersi nel buio, ed essa rotolò in un folto di cespugli. Ne sortì fuori dopo pochi secondi, girando attorno un volto stralunato, selvaggio. Erano gli ultimi fotogrammi, e l'operatore riuscì a riprenderla con un forte ingrandimento prima che si gettasse nella macchia con la violenza di un cinghiale in fuga, lasciando agli spettatori un'ultima inquadratura della sua espressione: su quel volto liscio e lucido erano dipinti il dolore, I'incredulità, e la pazzesca ferocia indomabile di un felino accerchiato dai cani che lotta per la vita.

Luca ansimava, con le lacrime agli occhi. Sul telecolor la scena cambiò e comparve la familiare figura a mezzo busto di un commentatore dello studio, seduto dietro il bric-à-brac elettronico della sua scrivania. Alle sue spalle, uno schermo mandava in onda una gigantesca fotografia in bianco e nero, raffigurante la Donna Serpente distesa su una specie di tavolo operatorio e legata con cinghie. Attorno a lei c'erano tre individui vestiti con camici da chirurgo. Lo speaker raccolse un foglio e lesse il comunicato dattiloscritto:

"Sembra sia confermata l'ipotesi che Yllakun, la Donna Serpente catturata dalla spedizione scientifica statunitense sul quarto pianeta della stella Beta del Centauro, non abbia ancora abbandonato la fascia appenninica ad est dell'Autosole, benché ripetute segnalazioni, peraltro non confermate, giungano da tutta la zona compresa tra Firenze e Roma. Come si ricordera, la Donna Serpente è fuggita dal centro medico annesso al poligono di Perdas de Fogu, poche ore dopo che il modulo integrale della spedizione americana aveva preso felicemente terra al termine della missione su Beta del Centauro. Negli ambienti della NASA non si sono ancora placate le forti critiche relative alla scelta della località di atterraggio, effettuata in sede ancora preorbitale dal comandante Razine in seguito a un guasto ai..."

-- Niente da fare. Anche a smorzare i colori si vede sempre una sdoppiatura dei rossi e dei verdi.

Luca guardò suo padre armeggiare attorno alle manopole, e commentò con un fil di voce che il telecolor aveva lo stesso difetto anche quando era nuovo. Disgustato, I'uomo rinunciò e tornò a sedere.

"... Rimane peraltro un successo. Durante il viaggio di ritorno, la Donna Serpente era stata tenuta costantemente sotto l'effetto di forti dosi di sedativo somministrato per via orale. Sempre grazie alI'uso di droghe, di tipo non ancora rivelato, i membri dell'equipaggio avevano potuto catturarla e tenerla sotto controllo. Antony Razine ha confermato ieri sera alle agenzie stampa che la creatura extraterrestre non ha avuto alcuna difficoltà ad imparare l'interAnglo, e mostrava di collaborare in maniera da lui definita soddisfacente. Yllakun, come ha rivelato lei stessa di chiamarsi, non è però mai stata libera di muoversi né di sottrarsi all'effetto dei sedativi, vista la sua estrema pericolosità. Ricordiamo che la Donna Serpente, dopo aver spezzato le cinghie che la legavano, ha aggredito un tecnico e un inserviente del poligono riducendoli in fin di vita. Quindi ha assalito i militi di guardia al cancello, uccidendone due e ferendone gravemente altri due. Si suppone tutt'ora che l'azione delle droghe sia venuta a cessare per una rapida forma di assuefazione, e che la Donna Serpente abbia finto uno stato di stordimento sino a un momento in cui la sorveglianza si era fatta meno rigida. A questo proposito il vice direttore della NASA, la dottoressa Grace Cooley, ha dichiarato che la straordinaria durezza dell'epidermide della creatura aliena non ha consentito al medico della spedizione di effettuare esami clinici soddisfacenti. Di conseguenza..."

-- Questo lo ha già detto ieri sera, -- brontolò l'uomo. Si protese ad abbassare l'audio.

Luca non rispose. Rincantucciato nell'angolo del divano teneva la testa girata, immobile.

-- Si può sapere che hai?

-- Nulla, -- mormorò il ragazzo.

-- Vuoi un po' di thè? Dev'essercene rimasto, da scaldare.

-- No, non mi va.

-- Ma insomma... possibile che tu te la prenda tanto per quel mostro? Se vuoi sapere come la penso io, prima la ammazzano e meglio è. Potrebbe perfino arrivare fin qui, Cristo. Nessuno sa dove sia andata a rintanarsi. Ieri, i carabinieri giravano su tutta la collina con le jeep. Se questa... YIlakun come si chiama, si è diretta dalie nostre parti, potrebbe fare una strage. E spararle addosso non serve a niente. Chi la ferma?

-- Ma la vogliono morta, papà. Non le hanno neppure chiesto di arrendersi. Io... Papà, non hai visto com'era spaventata? Lei voleva soltanto scappare, ne sono sicuro. Spero che non la prendano. Spero che riesca a scappare via, lontano.

L'uomo rispose con un borbottio di disapprovazione. Sullo schermo si alternavano fotogrammi, mentre la voce quasi inudibile di un commentatore riassumeva brevemente le notizie trasmesse. Poi comparve la sigla di chiusura del TG 4, accompagnata da un sottofondo di musica elettronica.

-- Se la lasciavano stare, non avrebbe fatto del male a nessuno, -- disse Luca sottovoce.

-- Leggi troppi fumetti. La realtà è diversa, caro mio. Va bene, guarda: arrivo a capire che questa creatura metà umana e metà rettile sia anche spinta dalla paura, o dalla disperazione, e per colpa di chi ha voluto portarla qui, ma...

-- L'hanno portata via dal suo pianeta. Da casa sua. Che cosa si aspettano, papà? Che li ringrazi?

-- Ma, -- continuò l'uomo, imperturbabile, -- è una bestia feroce. Un animale pericoloso che gira in libertà. E uccide, Luca. Non sta a ragionare: uccide! Non c'è altro da fare che eliminarla, mettitelo bene in testa.

-- Potrebbero riportarla su Beta del Centauro, -- insisté lui.

-- Ma va! Che sciocchezza. Lo sai quanto è costata la missione agli americani? Otto miliardi di dollari, ragazzo mio. Otto. Figurati se adesso la riportano indietro. Piuttosto dovremmo protestare sulla cretinata di atterrare in Sardegna, con tutto lo spazio che hanno a casa loro, questi fessi. Guarda se dovevano rifilarcelo proprio a noi, un guaio così! E non stare tutto piegato in due, che diventi gobbo.

Luca si risollevò, immusonito. -- Se venisse qui, io la aiuterei.

-- Bravo. Magari viene a chiederti cento lire per prendere l'autobus. Non dire sciocchezze. -- L'uomo rise, scompigliandogli i capelli. -- Stai tranquillo che da noi non ci viene. Semmai ammazzerebbe uno dei cavalli dello Sguercino, per mangiarlo. Hanno detto che mangia la carne. La verdura no, perciò noi siamo al sicuro. Ehi... Cos'è quel sangue che hai in bocca?

-- Mi si stacca un dente. Questo qui.

-- Domani vai dal dentista, allora. Ouello non è mica un dente da latte. Hai fatto a botte a scuola, eh? Dimmi la verità.

-- Ma no; sono caduto mentre giocavo a pallone. Papà... Se noi non dobbiamo aver paura, perché quando vai nel campo ti porti il fucile?

L'uomo si alzò e spense il telecolor, sbuffando. Non rispose. Andò alla porta e guardò nel buio del cortile. Nelle gabbie poco distanti, le anatre e le galline si muovevano appena. L'argine scuro del fiume e le collinette dell'interno erano le uniche macchie d'ombra densa, nel chiarore lunare. Chiuse la porta col catenaccio e tornò nel tinello.

-- Papà, se la Donna Serpente viene qui, io la aiuto a nascondersi.

-- Sicuro. Così ci ritroviamo la casa piena di carabinieri e si finisce tutti in galera. Vai a letto. Vai, buffoncello.

II

Le luci della casa si spensero. Un paio di chilometri in direzione del mare, qualche autocarro faceva gemere freni e pneumatici in lunghi sibili che si allontanavano sulla statale. Nel buio oltre i tralicci di canne, sui quali si arrampicavano i pomodori e i fagiolini, due obliqui occhi fosforescenti si chiusero un attimo. Yllakun lasciò uscire lentamente il fiato e deglutì saliva, tremando per il freddo di quella notte aliena e per tutti i piccoli rumori, gli odori e le forme a cui non aveva fatto ancora l'abitudine.

-- Langly Ash... Artiglio della Dea, -- sussurrò. -- Non lasciare che l'Ylam si perda ancora nella terra buia... Non posso. Conducimi tu all'Acqua della Tregua. Il cielo è

così nero e alto, qui. -- Si guardò attorno, inginocchiata nel fango, e dovette passarsi il dorso di una mano sogli occhi per toglierne il velo di lacrime.

-- Langly... quando verrai col Mantello del Sole? Io non vivo, in questo mondo maligno, -- mormorò ancora. -- Vieni a prendere con te Yllakun del Marelago... Oh, vieni!

Ma parlava nel vuoto della notte, e lo sapeva. Langly Ash era morto oltre un abisso di spazio tenebroso, ucciso dall'Arma Laser di uno dei crudeli Uomini Molli mentre cercava di difenderla. Così lontano ormai che il suo Ylam non udiva di certo le sue suppliche, dalla Piana dei Morti. E neppure l'Artiglio della Dea poteva protendersi a proteggerla fin lì, ne era sicura. Abbassò il capo tra le foglie, incapace di dominare lo sgomento che provava da quando si era resa conto di trovarsi lontanissima da Felce Twilay, e impossibilitata a ritornarvi mai più.

Ricordare e pensare non poteva altro che peggiorare il tormento in cui si era trasformata la sua vita. Eppure non poteva farne a meno. Non aveva dubbi che i suoi fratelli nel Kha la credessero ormai morta, smarrita sulle buie strade del Warma senza ritorno. La mattina si sarebbero incamminati sul Sentiero dell'Erba Gialla, e la sera avrebbero fatto circolo nell'Ora del Canto senza aspettarla. Forse la flessuosa Allith si era già impossessata della sua capanna di giunchi intrecciati, o forse lo aveva fatto Scylbe, la sua rivale dagli artigli d'opale. Certo uno Tsimani era stato chiamato a stendere le braccia per lei sulle onde, quando il Kha aveva rivelato che mai più Yllakun sarebbe ritornata sulle rive del Marelago di Sarmath. Mai più.

Scosse la testa, trattenendo a stento le lacrime. Da due giorni non sentiva più neppure di lontano quelle terribili bestie voianti che avevano ronzato a lungo sulla boscaglia alla sua ricerca, e cominciava a sperare che avessero rinunciato a tormentarla in quel modo crudele. Ma ora che aveva il tempo di pensare, ogni speranza le appariva assurda. E Langly Ash era morto, fuggito per sempre da lei. Cosa le restava se non implorare il suo Ylam di venire a raccoglierla, prima che la sofferenza oltrepassasse ogni limite di sopportazione?

D'un tratto fremette, voltandosi bruscamente: qualcosa si era mosso fra l'erba accanto a lei, ma non vide nulla.

-- Bambino Glaim... Sei tu?, -- sussurrò.

La mente le si confuse. Sto scivolando nella follia, pensò. Il Bambino Glaim era stato il primo a scomparire, quando la casa volante degli Uomini Molli era scesa su Felce Twilay vicino alle Colline Lunghe. Già alcune volte, in quei giorni, le era parso di vederselo sbucare accanto come un'ombra furtiva, un Ylam sperduto come lei in quelle lande ostili.

Altri erano scomparsi dalle loro capanne, in seguito. Kittany del Mantello, venuto a far visita dalla Valle Lontana, era stato trovato nella palude con le carni bruciate, come se lo avesse sferzato il fulmine. E il fuoco del Kha, interrogato, aveva oscillato violentemente in direzione dell'accampamento degli stranieri, indicando da quale parte si trovasse il male. Langly Ash era andato allora a sfidarli, e per ben due volte aveva mostrato gli artigli verso le loro capanne di metallo, ma era stato cacciato.

Yllakun alzò lo sguardo alle finestre di quella casa buia. Si era accovacciata fra le piante al tramonto, e aveva udito l'Uomo Molle e il Bambino Molle parlare tra loro, ma in un linguaggio che non capiva, più melodioso e dolce dell'interAnglo. Poi li aveva visti accendere il fuoco nella macchina delle immagini, e da essa erano uscite invece parole comprensibili. Aveva sentito che la voce della macchina parlava di lei, e ne era rimasta spaventata.

-- Oh, notte... -- mormorò. -- Cielo di tante stelle piccole... Traccia tu la mia strada, Artiglio. Non chiudere il destino nel buio!

Si era lavata le mani nella palude oltre i cancelli, quella notte di morte e di vendetta, ma il sangue degli Uomini Molli che le facevano la guardia era rimasto a impregnarle i ricordi di vergogna e di rimorso cocente. Erano ricordi confusi, perché il suo Ylam camminava nella follia del Wàrma senza che lei nulla potesse per fermarlo. La mente le era tornata lucida solo molto tempo dopo, quando era salita di nascosto nella casa di metallo galleggiante. Là dentro, rannicchiata in un anfratto e con le orecchie assordate dal frastuono continuo, aveva compreso di navigare sulle onde di un marelago straniero, e aveva sperato... Che cosa? Di scendere di nuovo a riva e ritrovarsi su Felce Twilay? Era stata costretta a fuggire, invece, per luoghi strani e camminamenti di roccia grigia, diritti ma misteriosi più che i sinuosi sentieri nell'ombra dei boschi di Sarmath.

Provava stupore, adesso, e non capiva perché l'impulso di alzare gli artigli in sfida contro quegli esseri si fosse fatto in lei tanto bestiale e irrefrenabile. Certo essi non portavano colpa delle azioni cattive che i loro compagni avevano compiuto su Felce Twilay. Null'altro avevano fatto se non sorvegliarla, e farle bere ogni tanto dalla ciotola di metallo un liquido che le intorpidiva i sensi. Eppure ella li aveva sfidati e aveva chiesto il loro sangue con la violenza. Ma perché? Yllakun non riusciva a rispondere a questa domanda. Prima di fuggire aveva steso le braccia su quei poveri corpi, per chiedere perdono ai loro Ylam e placarli. Ma certo non aveva compiuto il Rito nel giusto modo, se ora i loro compagni la inseguivano nei boschi e Ia insidiavano con tanta insistenza.

Sospirò e scosse la testa, incapace di prendere una decisione e sicurà che qualunque cosa avesse fatto non avrebbe alleviato il suo tormento in alcun modo. Agì poi senza riflettere oltre, e scivolò verso la casa spinta da un impulso imprevisto, in cui speranza e fiducia si mescolavano alla raggelante paura del vuoto e della morte: la sua sensibilità aveva captato qualcosa nelle reazioni del Bambino Molle che mal si accoppiava con i comportamenti assurdi e incomprensibili dei suoi simili adulti. Qualcosa di dolce, che la attraeva.

Piantò nel muro le unghie durissime, acuminate, e considerò l'altezza che la separava dalla finestra socchiusa del primo piano. Dopo pochi attimi era arrivata al davanzale, e spingeva l'imposta verso l'interno.

Luca non si destò bruscamente, quando il rumore giunse ai suoi sensi intorpiditi. Ancora sulla soglia del sonno, girò il capo e respirò per un poco più a fondo. Il rumore si ripeté, e il letto sobbalzò ad un urto pesante. Spaventato, il ragazzo allungò una mano ad accendere la lampada sul comodino.

Appena vide chi gli stava di fronte, il sangue gli defluì di colpo dal viso e si sentì strozzare il fiato dal terrore. Poi la forma indistinta balzò avanti e lo immobilizzò, premendogli sulla bocca una mano verde, artigliata.

Ci furono alcuni secondi di silenzio, durante i quali il ragazzo non osò muoversi né pensare, mentre l'incubo si trasformava rapidamente in una realtà fin troppo solida e tangibile. In una cosa che stava capitando a lui. Riuscì a mettere a fuoco lo sguardo, e il bellissimo volto verdolino della donna calva divenne nitido sullo sfondo più scuro della camera. La mano sulla sua bocca era di acciaio vellutato, calda, fortissima. E quei due occhi colmi di luce aliena appartenevano alla Donna Serpente della telecolor, Yllakun, venuta nel dolore e nella morte dal lontano pianeta di Beta Centauri fin lì, in casa sua, in quel preciso momento. E si sentì debole come una larva per la paura.

Le labbra di lei si mossero: -- No... Scaccia da te quello sguardo d'odio e di spavento, Bambino Molle. Non senti il sussurro del mio Ylam che cerca il tuo? Yllakun non mostra l'Artiglio. Non alzare il tuo a sfida. Vuoi?

Luca non capì subito che l'altra parlava in interAnglo, ma la sua voce vibrava in tono rassicurante. Accennò appena di sì col capo, tremando. Yllakun ebbe un lampo negli occhi. Allentò la stretta delle sue dita, rendendola quasi carezzevole.

-- Ascolta, -- mormorò. Accennò verso la finestra. -- La musica delle Campanelle Sullanjn non teme il buio, le senti? Dicono che tra poco mi sorriderai. Hai davvero paura? No... So che avrai un poco d'amore per Yllakun. -- Lo lasciò e si ritrasse, restando seduta sul letto.

-- Non ho paura, -- disse Luca, in interAnglo.

-- Ah! Hai sfiorato il tuo Kha, oggi. Egli ti ha detto di me?

La frase aveva un suono interrogativo, ma il ragazzo non capì la domanda. Scosse il capo, ma un attimo dopo intuì improwisamente quel che l'altra voleva chiedergli e annuì subito, con forza: -- Sì, sì. Il Kha mi ha detto di te.

-- E tu mi aspettavi.

Luca degluti a vuoto. -- Ti aspettavo, -- confermò.

La Donna Serpente sorrise ancora. Era diversissima da come appariva sul telecolor. Nei bagliori dello schermo il ragazzo la ricordava simile a una metallica e tragica dèa, spaventata e messa in fuga dalla ferocia dei mortali: pelle d'acciaio e cieca furia scatenata. Invece era una donna, e talmente umana che la nudità di lei lo turbava. Quelle che avevano avuto l'apparenza di dure scaglie di reffile non erano che variazioni di colore sul velluto della sua pelle. La robustezza fisica era armonia, in quella posa rilassata. Perfino le sue unghie, lunghe cinque o sei centimetri, gli si mostravano come ovali di opulenta eleganza. Difficile immaginarle nell'atto di stracciare la carrozzeria di un carro armato. Il ragazzo riuscì a sorridere quasi senza sforzo, ora che il cuore aveva cessato di battergli forte.

-- Perché sei venuta qui? Cosa vuoi?

-- I tuoi simili sono crudeli e mi cacciano con l'odio. Dammi aiuto. Traccia l'Allimane attorno alla tua capanna di pietra, per far conoscere loro che qui è la Tregua della Sete.

-- Non capisco.

-- Eppure puoi farlo. Anche una piccola Tregua. Se mostrerai loro l'acqua... Vuoi? Perché essi verranno, lo so. Verranno presto con le bestie di ferro, per scacciarmi sul buio cammino del Warma.

-- Mi chiedi di nasconderti?

Luca si tirò a sedere sul letto. Un brivido lo scosse tutto: la reazione a quell'emozione improvvisa, e a quella realtà viva e incredibile che gli stava di fronte.

-- lo cercherò di aiutarti, si. Però...

-- Mostrerai l'acqua, Bambino Molle?

Luca sbatté le palpebre. La dolcezza di quella voce lo colpiva intensamente. Buona parte di ciò che Yllakun diceva era del tutto incomprensibile per lui, ma la situazione era chiarissima, cosi come la richiesta di lei: una richiesta d'aiuto. E se prima aveva fantasticato confusamente di poterglielo offrire, adesso invece non aveva la più piccola idea in proposito. Immaginarlo era una cosa. Doverlo fare davvero, un'altra. Non poté fare a meno di pensare a suo padre, che dormiva tranquillamente al piano di sotto, ignaro di avere in casa quello che lui considerava un pericolo mortale.

-- Devi andartene. Fuggire via, -- mormorò infine, incapace di dir altro.

Lei ebbe un gesto come di timida protesta. -- Ma... Dove andrò, Bambino Molle? Nei boschi freddi non ho trovato i frutti del Lansyn, e i piccoli animali fuggono troppo svelti per me. Non c'è luogo che offra la Tregua della Sete a chi fugge, né prati dove io possa inginocchiarmi a cantare l'Artiglio senza timore.

-- Mi chiamo... mi chiamo Luca, -- fece lui, con voce rauca. Aveva distolto gli occhi da quelli luminosi di lei, pieno di vergogna.

Non era facile ignorare la sua delusione, così evidente.

-- lo... Ti ho visto alla telecolor, -- mormorò.

-- Mi hai visto? Che vuoi dire Bambino Luca?

-- Ti ho visto combattere coi soldati, vicino a quel torrente. Di notte.

-- Ah! -- L'espressione stupita di lei era così umana che Luca rabbrividi. -- Ma tu non c'eri. E hai visto?

-- Ho capito che avevi paura. Cercavi di scappare, vero?

-- Oh, sì. Molta paura era nel mio Ylam. quando ho sentito i ruggiti delle bestie di ferro. Mai avevo mostrato l'Artiglio nella Sfida, neppure su Felce Twilay. Ho pianto e volevo fuggire. E poi gli Uomini Molli non hanno lasciato neppure che io cantassi, chissà perché.

-- Tu volevi cantare?

Yllakun sorrise. -- Ma sì, per loro. Era giusto, per rendere il nemico più forte e nobile nella Sfida. Per renderlo degno e valido, coraggioso. Ma essi sono venuti nel buio, e non c'è stato tempo.

Luca annuì. -- Già, capisco.

-- Sono stata triste. dopo. E una canzone molto bella. Vuoi sentirla? La canto per te, Bambino Luca?

-- No, per piacere. -- Il ragazzo scivolò giù dal letto e si infilò i pantaloni. mentre Yllakun lo osservava in silenzio. -- Non far rumore. Se mio padre ti sente chiamerà i carabinieri. Ha il telefono in camera.

-- Ho visto l'Uomo Molle che vive con te. Su questo mondo... E tutto cosi diverso. Egli non mi darà amore. Farà venire Anteny Razine con l'Arma Laser, e lui mi brucerà come ha bruciato Langly Ash e Kittany, e la vecchia Tula delI'Albero... e altri ancora. No, non guardarmi come se io fossi lontana, ora. Traccia l'Allimane per me!

-- Io... Vedrò cosa posso fare. Forse potrai stare un po' nel capanno degli attrezzi. Ma devo chiederlo a papà. A mio padre, capisci?

Lei accennò di sì. Luca stava allacciandosi le scarpe quando sulle scale si udì il rumore di passi che salivano i gradini di corsa, quattro a quattro.

-- Luca! Che succede? Chi c'è lì con te?

E la porta si spalancò violentemente. Yllakun balzò in piedi, mentre l'uomo gridava di rabbia e di spavento, buttandosi avanti contro di lei come una furia.

-- Lascialo stare... Lascialo, sai! Ti ammazzo. Ti ammazzo! Vattene via... Bestia d'inferno!

La Donna Serpente indietreggiò, ma l'altro le era già addosso, tempestandola di colpi. Il letto venne spostato da parte, e le due figure avvinghiate nella lotta urtarono contro l'armadio rovesciandosi poi sotto la finestra, in una colluttazione resa ancor più drammatica dalle grida sconnesse e dai tonfi degli oggetti buttati a terra.

-- Scappa, Luca! Scappa... Chiama aiuto. Maledetta... Maledetta! -- ruggi l'uomo.

-- Papà!

-- Vai via... Dio mio, vattene. Scappa!

Prima che il filo della lampada da notte fosse strappato dalla presa a muro, Luca fece in tempo a vedere Yllakun che spingeva indietro suo padre. Due volte lo allontanò da sé, e due volte egli le si gettò contro a corpo morto, riuscendo a fermarla contro il muro. Poi ancora rotolarono a terra. Come in un incubo il ragazzo sentì suo padre ansimare:

-- Vattene... Chiama aiuto. Mi ammazza... Oddio, mi ammazza!

Corse fuori, accecato dallo spavento, e nel buio più completo urtò più volte nelle pareti e nei mobili del corridoio. Nello sgabuzzino brancolò attorno confusamente finché le sue mani incontrarono la cinghia del fucile da caccia, e lo strappò via dal gancio: tra i suoi pensieri smembrati risuonava nitido solo il rantolo drammatico del padre. Quando tornò indietro, la camera rintronava ancora dei tonfi e delle grida. Piombò dentro senza inciampare in nulla, miracolosamente.

-- Papà! -- gridò.

Vide due figure separarsi davanti alla finestra, e gli occhi di Yllakun sbarrati come due grosse lucciole fosforescenti. Con una reazione istintiva premette entrambi i grilletti del fucile, e la doppia vampa squarciò il buio in un boato. La Donna Serpente batté forte la schiena contro la parete a lato della finestra e rimase là, mentre suo padre invece si faceva strada freneticamente tra le suppellettili rovesciate per correre alla porta. Luca sentì il respiro di lui simile a un sibilo penoso, e si accorse d'essere seduto in terra, dove il rinculo dell'arma lo aveva scaraventato.

-- L'hai colpita, -- ansimò l'uomo, annaspando sulla parete alla ricerca dell'interruttore. La luce si accese, e Luca vide Yllakun immobile con le mani premute sul volto.

-- L'hai ferita... Scappiamo!

Col fucile sempre tra le mani il ragazzo sembrava paralizzato, e l'uomo dovette tirarlo in piedi di peso per trascinarlo fuori. Ma Luca lasciò andare l'arma per aggrapparsi allo stipite della porta, opponendogli una resistenza inaspettata. -- Lasciami stare, -- gridò. -- Lasciami!

Presso la finestra aperta Yllakun barcollava penosamente, coprendosi gli occhi con le dita. Tra esse filtrava un liquido denso che si striò di rosso quasi subito. Allorché abbassò le braccia, i due poterono vedere le sue orbite spente, intrise di lacrime di un rosso intenso.

-- Fa male... -- mormorò. -- Non vedo più.

-- L'hai accecata. Mio Dio, Luca. Le hai preso l'unico punto vulnerabile... Guardala!

Il ragazzo tremava come una foglia, quasi ipnotizzato dalla scena. La Donna Serpente mosse le braccia attorno e trovò il davanzale. Vi si piegò sopra. all'infuori.

-- E buio... Fa male, -- Ia sentirono gemere piano.

Un attimo dopo di lei restavano visibili solo le mani. artigliate al bordo della finestra. Quando lasciò la presa da sotto venne il tonfo che fece sulla ghiaia, e i suoi passi si allontanarono intorno alla casa. Ci fu il rumore di qualcosa che veniva urtato e rovesciato, e quello di frasche agitate, strappate. Poi nient'altro.

Soltanto allora Luca riuscì a girarsi verso suo padre, e lo vide scarmigliato e pallido. Lo vide spaventato. Ma sul suo volto e sui vestiti, indossati frettolosamente e ancora slacciati, non c'era alcuna traccia lasciata da quegli artigli capaci di dilaniare il metallo come fosse carta: neppure uno sgraffio, né un livido.

III

C'era un che di confortevole in quel vezzo di interrompere i resoconti per parlare al telefono. Monosillabi, un'occhiata educatamente imbarazzata, di scusa, verso i telespettatori:

-- Si? Bene... Va bene. Dalla regia mi dicono che le immagini sono pronte. Sembra anche che faremo in tempo a inserire l'intenista con Antony Razine, arrivato come sapete questa mattina a Fiumicino. Ma ecco che le immagini partono.

La gigantografia alle spalle del commentatore si era infatti dilatata a riempire lo schermo con i suoi colori: grigio delle colline sfumate nell'alba. rosa e giallo di case coloniche distanziate ai lati della rettilinea strada di campagna, viola pallido della volta celeste. Furono inseriti filtri, schiarita la visione, e la voce concitata dello speaker al seguito della squadra esterna si sovrappose alle ultime parole dello studio: "... E mi dicono che gueste immagini verranno mandate in onda coi telegiornali delle 13,30. Abbiamo fatto appena in tempo a raccogliere le ultime segnalazioni per accodarci alla colonna dei mezzi dell'esercito fatta deviare in questa zona. La Donna Serpente è a non più di trecento metri da noi, in questo momento. Non si è allontanata molto dalla casa in cui questa notte..."

-- Eccola laggiù! -- esclamò l'uomo in poltrona. -- La vedi, Luca? Gesù... In quanti la stanno seguendo! Peccato che il verde si sdoppia, in questo maledetto apparecchio. Ricordami di portarlo dal Vannini, eh?

Il ragazzo era seduto rigidamente sul divano, e non gli dette alcuna risposta. Inquadrata in un campo lungo Yllakun era una figuretta lontana. indistinta. Si muoveva appena.

"... Manovra congegnata in modo da spingerla verso il mare, in zone più aperte. Pattuglie di polizia e di carabinieri la controllano da circa due ore, evitando però di impegnarla in combattimento. Ma ecco che alle nostre spalle ci fanno segno di uscire di strada." Lo speaker tacque, e le immagini sobbalzarono violentemente allorché l'automezzo con la cinepresa deviò in un campo arato.

"... Si attende anche l'arrivo degli elicotteri. Questa mattina. prima che l'accerchiamento della fascia litoranea fosse completato, si era temuto di averla persa. Giunge ora via radio la conferma che durante la sua incursione notturna nel casolare dei contadini Yllakun è stata effefflvamente ferita a un occhio, e forse a tutti e due." Una pausa, poi il rumore di motori e due megafoni che tubarono contemporaneamente. La scena slittò a sinistra sulla strada, dove stavano ronzando avanti due autoblinde e un Leopard. Jeep piene di militari in divisa da campagna saltellarono sulle zolle, allargandosi attorno.

L'inquadratura piombò in un campo visivo sempre più stretto attorno alla figura umana nuda e calva, stringendola fra i lati dello schermo in una immagine che pareva tolta di peso da un film delI'orrore. Tutto ciò che c'era di alieno nella donna venuta da Beta del Centauro appariva adesso così evidente che l'operatore vi si gettò sopra: barcollava avanti a scatti, e muoveva il capo e le braccia in modo incomprensibile. Poi si appoggiò a un muretto. Era così chiaramente in difficoltà che anche lo speaker se ne accorse.

"Yllakun sembra indecisa. Si guarda attorno, sempre che possa ancora vedere, come se ascoltasse qualcosa... Sottovalutarla sarebbe pericolosissimo. Ricordiamo a quanti si ponessero l'interrogativo che non è assolutamente possibile catturarla coi mezzi a disposizione delle forze dell'ordine, data la sua spaventosa forza fisica. L'extraterrestre sarebbe in grado di squarciare senza difficoltà anche una cella di sbarre metalliche. Ma ecco che... Sì, si sta muovendo. Cammina con una mano sul muretto, velocemente. Corre avanti... Ora si ferma. Si guarda alle spalle, e ora di nuovo verso di noi..."

-- Ha sentito i cingoli del carro armato, -- commentò l'uomo, rivolto a Luca.

Il ragazzo era stranamente impassibile, e non dette segno di averlo udito. Durante l'intera mattinata, i giornali radio delle stazioni locali avevano fatto il suo nome ogni volta che avevano trasmesso la cruenta e conclusiva cronaca della vicenda. I giornalisti che lo avevano intervistato se ne erano andati da poco, delusi e perplessi, senza essere riusciti a cavargli di bocca una sola parola. Era uscito dal suo stato di apatia e di indifferenza solo per raggiungere suo padre davanti al telecolor, quando aveva sentito la sigla del TG 4. Le immagini, registrate sette ore prima e divulgate in telecronaca differita, continuavano a scorrere.

Il Leopard roteava su se stesso, a sbarrare la strada, azionando freneticamente i cingoli in direzioni contrapposte. L'obiettivo lo centrò in tutta la sua micidiale eleganza: efficiente macchina al servizio di ogni occulto desiderio di apoteosi e di morte. In una pausa del commento salì di tono il ronzio elettrico del meccanismo della torretta, mentre la canna brunita girava ad abbassarsi.

-- Stavolta non scappa, -- mormorò l'uomo. Stava per aggiungere qualcosa, ma l'espressione del volto del ragazzo gli fece corrugare le sopracciglia.

"E cammina con le mani tese avanti a sé. Si ferma ancora. Ha il volto insanguinato, non c'è dubbio. Ma che sta facendo? Sembra che parli a qualcuno... No, sta cantando. Incredibile: questa creatura infernale canta... Forse potete sentirla anche voi." Lo speaker tacque, e i rumori di fondo aumentarono di volume. Non si udì molto, però. Solo un'esile cantilena indistinta. Poi ci fu lo scatto con cui la parabola di puntamento del cannone terminò sulI'alzo zero.

Ma un affimo prima che la vampa di fiamma esplodesse in avanti, il padre del ragazzo era balzato in piedi, dimenticando le immagini: accanto a lui Luca gridava a gola spiegata, follemente, con gli occhi sbarrati sullo schermo del telecolor.

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