Discussioni

a cura della redazione

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Un po' in ritardo a causa di alcuni disguidi, riceviamo un intervento di Domenico Gallo, direttamente chiamato in causa nel dibattito aperto qualche mese fa sull'articolo di Gianfranco De Turris pubblicato su Urania. Correttamente diamo spazio anche a questa opinione.

Dare la parola a chi di Domenico Gallo

Anni orsono, quando io e Bruno Valle curavamo Intercom, avemmo la bella idea di tentare un'intervista ad alcuni esponenti della destra inviandogli alcune domande sul rapporto letteratura e ideologia. L'intenzione era di pubblicare le risposte e iniziare un dibattito sul tema. Peccato che non arrivò alcun segno da queste persone. Tra coloro che invitammo a intervenire sulla nostra modesta pubblicazione c'era anche Gianfranco De Turris. Si trattò del primo contatto che ebbi con lui, e fu poco fortunato come i successivi. Un decennio dopo vengo invitato da Ernesto Vegetti a rispondere attraverso la mail list all'intervista di De Turris al Secolo d'Italia. Nonostante la mia risposta, almeno nel numero dei caratteri, fosse sostanziosa, non ha generato particolari commenti, se non laconiche adesioni. Neppure Vegetti, che, a mio parere positivamente, aveva innescato la polemica. Quindi devo concludere, e forse anche De Turris può fare altrettanto, che l'argomento riscontri scarso interesse se non tra tre o quattro persone che, ormai, hanno potuto esprimersi ampiamente. Pertanto non credo sia utile ripresentare tesi già espresse, piuttosto getto un po' di luce su un avvenimento citato da Gianfranco De Turris che mi coinvolge direttamente, e che risulta scarsamente comprensibile, se non altro per mancanza di argomenti.

Nel 1985 venni invitato da Carlo Pagetti a collaborare alla Città e le Stelle, studi e ricerche sulla fantascienza, relativamente a una storia degli interventi critici apparsi in Italia sul genere. Ne uscì un saggio intitolato "La fantascienza e la critica: il contributo italiano", apparso sul n. 5 autunno-inverno 1986, che elenca e commenta la maggior parte dei volumi pubblicati in lingua italiana sull'argomento.

La mia intenzione, da buon appassionato collezionista, era di elencare tutto quanto era stato pubblicato, e così feci, includendo:

AA.VV. Dal mito alla fantasia, Solfanelli

De Turris e Fusco, Lovecraft, Nuova Italia

Morgani, Paul Anderson, tecnocrate e bardo, L'altro regno

Il saggio venne decisamente rivisto da Pagetti relativamente alla forma espositiva, senza modificare il contenuto del testo.

Successivamente consegnai a Marco Solfanelli una copia del saggio in cui si trovava un giudizio critico negativo sui tre testi.

All'atto della pubblicazione notai che la parte relativa ai contributi della destra era stata rimossa dal testo anche se gli stessi erano stati mantenuti in bibliografia.

Come venni a sapere successivamente da Carlo Pagetti, l'editore, la Nord, ritenne opportuno non pubblicare una critica negativa verso colleghi, temendo l'innescarsi di polemiche e il compromettersi dei buoni rapporti che intercorrevano. Pertanto, senza darmene comunicazione, il mio contributo venne ridotto. Dal punto di vista di Pagetti, il professore si dichiarò favorevole a una denuncia della presenza di destra tra i contributi critici, ma riteneva che la rivista si occupasse di fantascienza e non di fantasy, pertanto inserirli non gli pareva pertinente dal punto di vista metodologico.

Di tutto questo De Turris venne da me avvertito in occasione dell'Italcon di Courmayeur, fornendogli argomenti sufficienti su chi e perché venne "censurato".

Quello che ho potuto notare in seguito, a conferma delle mie tesi sulla "persecuzione benedetta", De Turris preferisce riferirsi all'accaduto, sempre che lo ritenga svoltosi come ho riportato, in maniera molto generica, senza dichiarare che l'editrice Nord ha sì censurato, ma non perché si trattasse di "pericolosi fascisti", piuttosto perché li si criticasse in generale. Del resto, almeno per quanto mi risulta personalmente, l'editrice Nord e i suoi collaboratori più diretti erano persone appartenenti all'area conservatrice e convinti assertori della neutralità editoriale.

Anche quanto accaduto in quel lontano e insignificante episodio mi conduce a pensare che De Turris sia molto affezionato a una condizione di perseguitato politico che, sempre che esista, è molto labile, e che la mancanza di una considerazione critica più allargata risiedano piuttosto nella modestia dei suoi contributi, nella scarsa originalità, nella serializzazione degli interventi (da me pienamente giustificata in virtù di onorevoli necessità) e nell'aver perduto il potere della carta stampata. Quest'ultimo, ai tempi di Solfanelli, gli aveva garantito le attenzioni dei molti autori disponibili a ogni compromesso, anche politico, pur di pubblicare...

Di altro non intendo parlare, anche perché l'invidia nei confronti delle maggiori qualità professionali rivolte a Brolli ed Evangelisti fa, seppure amaramente, sorridere.