di

Davide Ficarra

800A

Da qualche tempo, qui a Delos, eravamo in crisi di astinenza da materiale narrativo di una certa qualità (a proposito, vorrei dire ai molti che ci hanno mandato racconti e che ancora non hanno ricevuto risposta che purtroppo la loro roba non era granché, e così abbiamo dovuto rifiutarla. Certo, è un po' squallido cavarsela con un'uscita estemporanea del genere, ma non abbiamo proprio il tempo per rispondere personalmente a tutti), quando all'improvviso Silvio Sosio mi manda questo "800A" e mi dice: Leggi un po'. Che ne pensi? Io rispondo: Niente male. Lo definirei ludico-paranoico. Adatto a Delos. E infatti eccolo qui, pronto per il vostro ingordo palato. Non so chi sia l'autore, ma credo che se continua così ce lo troveremo ancora tra i piedi. (Franco Forte)

La calca della solita ora, le 23.30, ancora non arrivava ma le avvisaglie non erano delle migliori. Il locale si trovava già in attività ma su quattro gestori tre erano fuori servizio per abuso di immaginazione per via orale e guardavano l'unico superstite con gli occhi di chi si aspetta un salvagente lanciato in mare per non annegare. Avevo voglia di scappare dal posto in cui lavoro ma inevitabilmente finivo con l'invischiarmici totalmente, ed anche questa serata non era per me l'eccezione che conferma la regola.

Una fuga di gas dal vicino deposito di bombole aveva tirato per i capelli la mia testa che si stava staccando da terra, per trascinarla in pensieri fuori posto ma attraverso i quali era necessario passare; il proprietario del negozio del gas già avvertito tardava ad arrivare ma più celermente di lui erano già arrivati gli sbirri con il loro carico di domande e sospetti; e lì in quello spazio che è il tempo dei suoni pieni di senso, i pensieri si incrociavano in fretta, dirigendosi velocemente al centro della testa, quelli pesanti, sudati, carichi di preoccupazione e timore, mentre altri si affollavano ai margini per via di un'attenzione resa difettosa dalla momentanea dilatazione dei dati reperibili in memoria. Lo sbirro e la sbirressa si erano accontentati di risposte generiche senza fare eccessivamente caso ai miei occhi rossi e fuori dalle orbite, forse la parola magica associazione culturale li aveva resi innocui, mentre continuavo a cercare una lucidità che sfuggiva sempre più lontano, mi avevano salutato ed io ero finalmente libero di tornare opaco.

Ad ogni occasione il pensiero schizza e rimbalza tra le pareti della scatola cranica, vorrei misurarmi con altri sensi ed altre sensazioni ma il contesto non è dei migliori a causa di un senso di dovere che mi tiene stretto per il collo ricordandomi che adesso io in questo posto dovrei lavorare. Devo decidere che fare e decido di non scegliere. I gesti inconsulti che seguono questa scelta sono la perfetta conseguenza di un atto di volontà selezionato in un momento di circolazione casuale dell'attenzione.

La scelta si disperde e si fonde con altre decisioni, la testa questa sera è andata per i campi. La discussione cade e va via lenta sull'uso proprio/improprio delle nuove tecnologie, del discorso in se non me ne importa nulla ma la ragazza che parla ha due specchi al posto degli occhi attraverso i quali passo per le sue stanze più privata e calde. Mi chiede uno jegermaister e cola ed io mi attardo nella scelta del bicchiere. Ma da dove è sbucata fuori questo insieme di cose e parole attraenti, non l'ho mai vista prima e sento a pelle che parliamo la stessa lingua; preferisci un lungo bicchiere di vetro o un largo bicchiere di carta, fa lo stesso, anzi fai tu. E' un incendio panicosessuale quello che mi coglie, il cazzo decide di automasturbarsi cominciando a sfregarsi contro la cerniera dei pantaloni, io in pieno preorgasmo me la cavo alludendo al tema del sesso virtuale, ma la mia ricevente/trasmittente mi dice che preferisce carne e sudore. Il cervo del jegermaister mi guarda prima male poi mi schiaccia un occhio mentre tutte le altre bottiglie poggiate sulle mensole che ho dietro le spalle dicono all'unisono: prendi me, prendi me! Il bicchiere di carta mi si squaglia tra le mani, prendo tre cubetti di ghiaccio che mi insultano, dicono che preferiscono squagliarsi piuttosto che essere pisciati. Li annego nella coca poi stappo la bottiglia del cervo e ne viene fuori un ululato agghiacciante, verso il contenuto dove vedo ghiaccio e coca sospesi nel vuoto, il bicchiere se l'è svignata e mi manda a fare in culo, shakero il tutto lo prendo e lo passo agli occhi che mi stanno di fronte. Una mano mi allunga dieci carte dalle quali il busto di Alessandro Volta cerca di mordermi la mano, le prendo le accartoccio e le butto nella cassa. Adesso devo darle il resto, la guardo, i cubetti di ghiaccio vogliono farmi fare una figura di merda e le dicono di tutto mentre lei avvicina le labbra alla brodaglia che le ho servito, prendo dalla cassa dei pezzetti di carta e glieli porgo, preferisco carne e sudore, ripete.

Anche io, affermo con grande certezza guardandola fissa negli occhi. Lei a sua volta regge il mio sguardo e mi afferra una mano: voglio vedere le tue linee per sapere che tipo sei e cosa ti prepara la vita. La trasmissione si inceppa non me ne importa molto del mio presente ancora meno delle mio futuro ma la stretta è tale che la mia mano non può scappare, poi la sua pelle è così calda che l'azione di fuga viene annullata dalla voglia di trattenersi a provare il piacere di pelle contro pelle.

Mi chiedono dieci birre sei rum e cola due negroni e una caipiriña io fingo di non sentire e svicolo fuori dal bancone.

Vuoi letto il futuro? Si - rispondo pensando di allungare il piacevole contatto con la sua mano - non il mio ma quello di tutti. D'accordo, vieni andiamo all' aperto alla luce della luna saprò trovare la password per entrare attraverso le linee della tua mano nella storia delle storie. La luna così vicina alla terra mi sembra un grande schermo con dentro un'annunciatrice che legge il programma della serata, adesso scandisce bene il mio nome " A n d r e a", e poi continua con voce professionale: "si prevede un' intensa attività sessuale alle 2.30, chiuderanno la serata droghe e parole scelte a caso da bocche incasinate da cervelli inchiodati da un errore di sistema".

Usciamo dal locale fuori in strada combatto con un senso di colpa che non vuole soccombere, lo tiro via dalla testa, lo infilo in tasca e lo stritolo lentamente stringendolo con la mano.

Sai io mi chiamo Laura, e tu?

Io Andrea, e tu quanti anni hai?

27 e tu?

35 rispondo;

Saliti un numero infinito di gradini ci siamo seduti su un tappeto. Lei mi strofinava le dita sul palmo della mano destra, mi ha chiesto di chiudere gli occhi, poi ho cominciato a vedere me stesso nel tempo di tutti che correva lineare su uno spazio piatto, e la realtà, quella che mi aspetta l'ho vista scorrermi davanti dalla fine all'inizio con la velocità di una videocassetta che si riavvolge.

Sono le 16 del domani di ieri, quindi di oggi, cosa è stato di me ieri notte non so.

Laura è scomparsa lasciando come unica traccia un saluto e delle parole su un pezzo di carta "Nel gorgo costruito dal loro continuo inseguirsi tempo e spazio disegnano tutti i mondi possibili, tutti gli infiniti futuri che ci aspettano. Ieri ne hai visto uno che scorrendo ti si è plasmato addosso come tuo/nostro, oggi e nel corso della tua/nostra storia in questa realtà puoi scegliere di compiere degli atti che lo modifichino strutturalmente: nessuno è in grado di stare fermo nel vortice del tempo".

Sono uscito da casa, diretto ad una fonte di informazioni stampate su carta, prodromi di fascismo strisciante cominciano a saltellare: divieto lavavetri, taglia clandestini; lo scorrere delle immagini di ieri notte si intreccia con questo presente mostrandosi come suo lucido sviluppo. C'è un'anomalia da far intervenire nel procedere delle cose, penso, un sabotaggio da attuare in gran segreto. Del futuro che ho visto non riesco a fermare nessuna immagine tutto è in movimento ma la sensazione che prevale è di ombre e nebbia.

Cammino con gli occhi poggiati sui caratteri del giornale che mi tengo di fronte, ogni tanto do un'occhiata di sfuggita alla strada per evitare di sbattere contro qualcosa, incontro con lo sguardo la schiena di una ragazza che mi cammina davanti: è Laura ne sono sicuro! Sta sbucciando una banana, adesso la stringe e l'avvicina alla bocca: è bellissima!

Questo pezzo di ferro che sporge di 8 centimetri dal marciapiede mi si è conficcato nel cervello, un occhio è balzato via da me, le mie funzioni vitali vanno via veloci. Mi scorre addosso come una funzione organica tutta la mia vita: il primo pianto, gli occhi di mia madre, il primo amore, una grande umiliazione, il piacere del primo sesso, la mia laurea in biologia, i premi per i miei studi di informatica, le mie biotecnologie, l' idea della sinapsi, il mio bar, mi scorre Laura, la sua buccia di banana assassina, il suo viso. Il futuro che mi ha fatto vedere ora lo vedo chiaro, la fama che mi attendeva, i premi per lo sviluppo della mia invenzione, il suo utilizzo di massa: la correzione logica degli individui, il dolore che avrei creato, l'odio che mi avrebbe circondato, l'angoscia della mia esistenza...

...Lo stronzo che sarei stato, ed ero io, ero proprio io.

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