Delos 32: Octocon: l'Eurocon di Dublino di

Stefano Carducci

octocon

l'eurocon 1997 a dublino

L'Eurocon è il convegno degli appassionati di fantascienza di tutta Europa, e si tiene ogni anno in un paese diverso. A confronto i fan rumeni, inglesi, olandesi, e anche italiani: almeno, quei pochi che partecipano. A Dublino, dal 25 al 27 ottobre, per noi c'era Stefano Carducci, che ci racconta com'è andata.

Ottima l'idea di organizzare l'Eurocon edizione 1997 a Dublino, capitale del paese del miracolo economico più portentoso degli ultimi anni, almeno nel mondo occidentale, centro di fermenti culturale fra i più interessanti in Europa, che spaziano dalla letteratura al cinema al teatro, per non parlare della musica. Una capitale quasi irriconoscibile da chi l'abbia visitata anche solo pochi anni fa.

Il cosiddetto castello di Dublino, sede del governo d'occupazione britannico per più di ottocento anni, recentemente rimesso a nuovo, è situato nell'ombelico della città, al centro di un triangolo, fra St. Stephen's Green, Trinity College e Christchurch; che comprende il 90% di storia-shopping-divertimenti del luogo. Posizione ideale, ma risultata, nella realtà delle cose, troppo dispersiva per la quantità di offerte - leggi pubs, ristoranti, librerie dell'usato - perfette per attirare i convegnisti, che si sono sperduti senza mai ritrovarsi fra masse di turisti annoiati e di dublinesi in coma etilico da week-end.

Viene da pensare, anche in questo caso, come sia quasi sempre esiziale copiare dagli americani. Le loro Conventions funzionano, quando capita, perché concentrano tutto - conferenze, mangiate, feste, sfilate, incontri - nello stesso luogo fisico, di solito un enorme albergo con "shopping arcade", dove si può fare letteralmente tutto senza spostarsi. (E' forse per questo che i fans americani sono in grande maggioranza mostruosamente obesi , come ha notato argutamente il maggiore antropologo europeo di conventions, Roberto Quaglia, e come anche questa ultima Eurocon conferma?) Inoltre, le nostre vecchie e polverose città europee possiedono tante e tali attrattive, culturali gastronomiche umane, da rendere qualsiasi "convention" il semplice contorno di un banchetto dalle infinite e sazianti portate. Per questo in Europa conviene organizzare questo tipo di incontri in paesi relativamente piccoli, dove il numero di partecipanti possa raggiungere una massa critica tale da occupare fisicamente il territorio per poter sviluppare quelle attività informali fra partecipanti, ospiti e appassionati, che sono la parte più interessante di queste manifestazioni.

Come tradizione, all'atto dell'iscrizione ci vengono forniti degli omaggi, alcuni utili, come per esempio delle mappe della città con segnati tutti i ristoranti e i pubs più interessanti, altri più curiosi, come un paio di confezioni di minestrine liofilizzate della Knorr. Fra le diverse offerte, anche l'ultimo numero di Concatenation, una rivista che esce da dieci anni soltanto in occasione di riunioni europee su temi correlati alla SF, dove viene distribuita gratis. La rivista ha un'edizione inglese, una rumena - quello rumeno è uno dei fandom più attivi in Europa, e secondo alcuni, cioè Roberto Quaglia, il più attivo -, e una in Internet. Di quest'ultima edizione, redattore è, indovinate un po', Roberto Quaglia, e nel numero che abbiamo in mano c'è un articolo, di chi?, di Roberto Quaglia, che racconta le sue avventure nelle ultime convention europee da lui frequentate, magnificando l'incontro romeno di Timisoara e denigrando quello anglo-sassone di Glasgow.

Il programma. ad un primo sguardo, risulta essere al solito, ottimo e abbondante. Il castello fornisce spazi comodi ed eleganti per tutte le attività; l'organizzazione, estremamente puntuale, non salterà nemmeno un evento e le tre giornate scorreranno senza particolari inconvenienti. Un problema, purtroppo inevitabile, è stato provocato dalla collocazione del bar del castello, dove si svolgevano gli incontri informali con gli ospiti, che essendo posto al centro della struttura, era continuamente attraversato dai partecipanti che si spostavano da un punto all'altro del castello per seguire le diverse attività. Un altro appunto si deve fare, paradossalmente, proprio alla notevole efficienza dell'organizzazione che, evitando ritardi e soppressioni di appuntamenti, ha eliminato anche una grossa opportunità di incontrare appassionati e ospiti al di fuori degli appuntamenti programmati.

La lista degli ospiti è molto nutrita, anche considerando le inevitabili defezioni dell'ultima ora, come Katherine Kurtz. Ci limitiamo alle personalità note anche al pubblico italiano, cominciando naturalmente con il grande Harry Harrison, per poi passare al grande vecchio James White, a Joe Haldeman, a Dave Duncan, a Diane Duane & Peter Morwood, Maggie Furey, Morgan Llywelyn, Robert Rankin e David Wingrove.

Sulla causa della diserzione di ospiti inglesi, gli organizzatori hanno lamentato la coincidenza della World Fantasy Convention di Londra della settimana successiva e l'eccessivo costo degli alberghi inglesi, che ha costretto gli autori a scegliere fra le due conventions. Quasi tutti hanno optato per Londra.

Il nutrito programma di conferenze ha consentito a tutti gli ospiti di dare dimostrazione delle loro capacità di intrattenitori, ma spesso lo spirito del conferenzieri ha pesato negativamente sull'approfondimento, riducendo il livello degli incontri a un lieve e superficiale, non sempre divertente, scambio di battute. Il dibattito, poi, si è rivelato fisicamente impossibile, perché il giro degli interventi degli ospiti terminava sempre, encomiabilmente e puntualmente, una decina di minuti prima dell'inizio dell'incontro successivo.

Il tema della maggior parte delle conferenze virava al fantasy, vista l'attività preminente degli ospiti, sacrificando la presenza e la vena di personaggi come Harrison e Haldeman, che abbiamo visto all'opera soltanto in un divertente interludio su "Il lavoro dell'editor" (Harrison) e su "L'Uso di Personaggi Creati da Altri" (Haldeman, insieme a troppi). Deludente l'incontro "Come si fa una rivista di SF", tenuto da Chris Reed e Mike Simpson, un po' troppo "fannish", scontate le informazioni e i suggerimenti forniti da Dave Duncan, Graham Joyce e Diane Duane in "Il Ruolo Fondamentale della Coerenza Interna".

La giornata di mezzo è apparsa centrata sui problemi degli autori "commerciali" ed è stato interessante notare l'imbarazzo di alcuni fra i conferenzieri di fronte all'argomento. Soprattutto l'incontro dal titolo "Oltre la Trilogia", tenuto da Wingrove Furey Duncan e Scott, si è rivelato praticamente impossibile da dibattere. Una notizia: Wingrove, che ha appena pubblicato l'Ottavo (!) capitolo del suo ciclo di Chung Kuo, ha dichiarato che sarà l'ultimo.

La coda di paglia di alcuni autori si è rivelata anche nel successivo incontro sui mondi e i personaggi condivisi. Tutti gli autori presenti (Haldeman, Duane, Morwood, Wingrove, Llywelyn, Moore) si sono macchiati di questo delitto di lesa verginità artistica. Haldeman ha detto di essersi pentito, e ha raccontato di un'esperienza fallimentare e frustrante tanto che, dopo aver scritto due romanzi su commissione, non ha concluso il contratto che ne prevedeva un terzo per "raggiunta nausea". Tutti, ovviamente, hanno ammesso di averlo fatto per soldi. Wingrove, con sincerità, ha raccontato di essersi divertito a scrivere una serie di adattamenti da un gioco di ruolo perché gli è sembrata una sfida interessante scrivere un "romanzo privo di personaggi" - com'è noto i giochi di ruolo in quanto tali non hanno in dotazione dei "personaggi" -, e in secondo luogo ha potuto conoscere delle persone (gli autori stessi del gioco) e visitare una realtà (una sperduta località del centro più rurale degli Stati Uniti) più "incredibile di quanto avrei potuto immaginare per un mio libro". Soltanto uno - Sean Moore - ha detto di essere stato felice di aver avuto l'opportunità di poter raccontare delle storie usando i personaggi da lui più amati come lettore di fumetti, ed è perfettamente contento ed appagato di continuare a farlo. Mentre la coppia, nel lavoro e nella vita, Diane Duane e Peter Morwood, ha parlato in termini sprezzanti dei romanzi della serie di Star Trek. Non ho nessuna simpatia per il fenomeno, con tutti i suoi annessi e connessi, ma la pesante ironia della coppia è sembrata sinceramente fuori luogo anche ai colleghi. Il massimo del ridicolo la coppia l'ha raggiunto affermando che "abbiamo accettato (e accettiamo) di scrivere questi libri (smorfia di disprezzo, n.d.r.) per avere la libertà di poter poi scrivere cose come La Porta dell'Estate (celebre capolavoro sperimentale della coppia, nota sarcastica d.r.)!!!

Come conclusione Wingrove, per sollevare il morale degli autori sul palco, ha affermato che dopotutto gli editori cercano e comprano da loro quel talento di narratori che è la cifra della loro professionalità. Mentre Haldeman ha immediatamente gelato l'ottimismo raccontando un episodio recente quando una editor da lui definita "la donna che controlla più del sessanta per cento del mercato della SF negli Stati Uniti", gli ha detto che per principio non tratta con autori che abbiano accettato di scrivere su commissione in antologie di mondi condivisi o per "packagers" (quelli che pubblicano libri "da un'idea di...") o riduzioni di serial televisivi o di film.

Sala degli Affari: tre banchi di librerie dell'usato, un piccolo stand dell'ex piccolissimo editore della Washington Science Fiction Association (quattro libri pubblicati, fra i quali l'edizione rilegata e numerata di Father of Stones di Shepard), un banchetto della rivista irlandese "Albedo", co-organizzatori della convention, e un grande banco con videocassette, maschere e merchandising vario.

Le offerte di libri d'occasione non erano granché interessanti. I vecchi ragazzi del "Fantasy Centre" di Londra non avevano portato le chicche che vendono nel loro negozio di Highbury e nemmeno una valida selezione di paperbacks. I giovani del "Flying Pig" di Dublino hanno rimediato a una selezione anonima con l'entusiasmo e con un buffet per l'inaugurazione del loro negozio in Temple Bar. Le cose più interessanti si potevano trovare all'esterno ma non lontano dal castello, al "Dandelion Bookshop" che ha un'ala ben fornita per l'usato di SF, e alla sede locale del "Forbidden Planet", dove si potevano trovare, fra le altre cose, il recentissimo Antarctica, ultima monumentale opera di K.S. Robinson nella sua ormai nota vena social-ecologista, e il postumo Saint Leibowitz and the Wild Horse Woman di Walter Miller Jr (con editing finale di Terry Bisson).

Sessione di autografi: nella stessa sala si è svolto il tradizionale incontro con gli autori a scopo firma sui libri. Sistemati a ferro di cavallo intorno a tre grandi tavoli, gli autori ospiti hanno chiacchierato e firmato per diverse ore. Dalle code che si formavano si possono trarre alcune notazioni: nessuno in attesa davanti a Harrison e Haldeman, code davanti alla coppia Duane&Morwood (dei fans di Star Trek, naturalmente), e davanti alle autrici fantasy Maggie Furey, Canda Jane Dorsey, e Freda Warrington, (nomi tanto splendidamente teatrali da sembrare inventati), che sono comparse all'improvviso per questa gratificante performance, tutt'e tre vestite di nero, con trucco pesante, capelli del colore "dell'ala di un corvo", e tutt'e tre strette su un lato del tavolo a formare una suggestiva congrega.

Per passare il tempo, Harrison ha nostalgicamente rievocato con noi, utilizzando anche un passabile italiano, i due anni trascorsi ad Anacapri nel dopoguerra e lamentando la devastazione delle coste del litorale sorrentino rivisitato un paio di anni fa.

A proposito di autografi, sentita davanti a uno stand: "Fra poco in America, saranno da collezione le prime edizioni senza la firma dell'autore!"

Una sorpresa sono stati i redattori di Albedo, unica rivista di SF pubblicata in Irlanda, che si lamentano per essere relegati su un'isola lontana dai fermenti culturali europei. "Beati voi che siete attaccati al continente", testuale. Sembravano sinceri, che non ci stessero prendendo in giro. Reale era anche l'ultimo numero della loro rivista, scritta nella lingua ufficiale della SF, l'inglese, con un'intervista con Jeff Noon (inglese di Manchester, tratta da una fanzine olandese!), con un racconto inedito di Ian Mc Donald, che vive in Irlanda del Nord, pubblicati in una grafica e in un formato che ci fa ricordare con nostalgia le fanzine nostrane degli anni sessanta-settanta. Contraddizioni dell'industria culturale?

Sorprendo David Hartwell a zonzo per i corridoi, ignorato dai fans. Insieme a Gardner Dozois, l'editor più importante degli Stati Uniti si dedica alla consulenza per diverse case editrici e alla redazione di antologie. Negli ultimi due anni ha pubblicato due Best di racconti e novelle che fanno da contraltare alle ormai decennali compilations di Dozois, le uniche rimaste a rendere conto annualmente dell'andamento della narrativa breve di SF di lingua inglese. Ha inoltre pubblicato insieme alla moglie una monumentale antologia storica che celebra l'Hard SF. Gli chiedo quanto effettiva sia la rivalità fra lui e Dozois, il Ferrara (fisicamente) della SF americana. Pur ammettendo l'esistenza di una differenza di gusti e sensibilità fra lui e Dozois, mi risponde che in realtà con la sua antologia annuale ha scelto di occupare un vuoto nell'editoria che Dozois ha lasciato aperto a causa delle sue scelte poco ecumeniche. Non tanto una rivalità fra SF Hard e classica, e SF umanistica o speculativa, quanto un doveroso riconoscimento a racconti che non trovano spazio di analisi sufficiente. Sulla marcata presenza di autori fantasy alla convention, Hartwell commenta che in Irlanda i lettori di fantascienza sono una piccola minoranza rispetto ai lettori della consorella antropofaga, che tira molto di più.

In fine serata fa la sua comparsa, scarmigliato in tuta blu, come appena uscito dalla palestra - anche se il giro-vita non è da culturista ma da "potato couch", come dicono gli americani - anche Charles Norman Brown, editore e responsabile di Locus. Ma sparisce immediatamente, occupato con le sue interviste, e non abbiamo più l'occasione di bloccarlo.

Commento finale: l'impressione è che l'ambiente del fandom irlandese non si sia ancora liberato da una specie di doppio complesso d'inferiorità, il primo rispetto alla letteratura non di genere, il secondo, completamente fuori luogo, dovuto alla tipica sensazione irlandese di essere tagliati fuori dal resto del mondo, di essere considerati il terzo mondo dell'Europa. Mentre questo secondo complesso appare in via di risoluzione, tanto più oggi, il primo è di difficile superamento se le Conventions continueranno a privilegiare gli aspetti commerciali del fenomeno a discapito di quelli letterari. D'altra parte, le riunioni di appassionati sono degli specchi sufficientemente fedeli del fenomeno che celebrano, qualsiasi esso sia, culturale o meno. Per cui è estremamente indicativo che anche questa ultima convention europea, lasci alla fine una malinconica sensazione da fantascienza anni cinquanta.