David Markham è uno psicologo. Ha una bella casa, due lavori, una ex ed una nuova moglie, una vita normale, borghese. Una vita che verrà scossa dalle fondamenta quando la sua ex moglie morirà a causa di una bomba, in un attentato mai rivendicato all'aereoporto di Heathrow.

Chelsea Marina è un complesso di abitazioni a due passi da King's Road, la strada delle firme a Londra. I suoi abitanti sono professionisti del ceto medio, hanno anch'essi una vita normale, ma sono stranamente attratti dai picchettaggi e dai sit-in.

Nel tentativo di dare un senso alla morte della sua ex, e spinto dalla sua attuale moglie, David comincia a frequentare picchettaggi animalisti e gruppi estremisti della Londra borghese. In uno di questi incontra la leader delle proteste di Chelsea Marina, Kay Churchill, insegnante di cultura cinematografica e terrorista nel tempo libero.

Poi c'è il dottor Richard Gould, pediatra dal fascino sinistro, radiato dall'albo e incendiario a tempo perso. E un prete che ha perso la fede, gira in moto ed ha un'amichetta giapponese.

Stranamente questi personaggi sembrano legati ai frequenti incendi che infestano il centro di Londra. E tutto questo è collegato in qualche modo agli attentati alla Modern Tate e al National Film Theatre. Ma i professionisti in guerra per i parcheggi e le bombe alle gallerie d'arte sembrano essere ignorati di proposito dalla polizia.

Finchè un giorno muore una giornalista, uccisa davanti a casa sua in pieno giorno.

A questo punto la faccenda assume toni da apocalisse, le bombe passano in secondo piano e si cominciano a contare i morti.

In un mondo che ha visto l'undici settembre tutto può essere letto in chiave di terrorismo insensato. Ma a volte i terroristi non vengono da chissà quale suggestivo paese straniero. A volte sono semplicemente persone esasperate, sobillate da una mente distruttiva.

C'è tutto questo e molto di più nel nuovo incubo urbano di Ballard. Una storia che sembra la naturale evoluzione di Condominium e di Super-Cannes, ma che ha in se anche qualcosa di Fight Club.

Ballard usa il suo stile asciutto e giornalistico per raccontarci in prima persona le azioni ed i pensieri di David. Come altrove le sue elucubrazioni ci trovano d'accordo e ci sorprendono nello stesso tempo. Ma questa volta, chissà perché il suo protagonista non convince fino in fondo il lettore. La sua manierata incredulità e il suo negare l'evidenza ne fanno un pupazzo nelle mani di tutti i comprimari, all'interno della tragedia dell'insensatezza. Forse è la volontà di spiegare, un lusso che finora Ballard ci aveva negato, a tradire la vacuità delle motivazioni. O magari il fatto che a furia di alienarsi i protagonisti delle sue, altrove riuscitissime, apocalissi casalinghe risultano tanto lontani da non riuscire veramente a coinvolgere il lettore stranito e incredibilemte annoiato. Laddove la trama richiederebbe un maggiore coinvolgimento ed interesse per le sorti del protagonista, ci troviamo a chiederci il perché delle sue poco realistiche scelte. E siccome in passato i suoi protagonisti ad un certo punto decidevano di entrare nel caos che avevano esplorato fin dall'inizio, in questo caso ci viene da chiederci se la neutralità forzata e la mancanza di iniziativa non siano indice di una stanchezza, da parte dell'autore nel seguire trame un tempo considerate fantascientifiche ma che, incredibilmente negli ultimi anni sono state superate dalla realtà... il più ballardiano degli incubi... condominium è alle porte.