Cominciare a leggere questo libro e non essere da subito avviluppati tra le spire della sua trama è compito arduo.

Qui si narrano le gesta di Enoch Wallace, soldato nella guerra di Seccessione, che oggi conduce una vita ben diversa da quella di chiunque.

Vive relegato in un angolo di una grande casa dalle finestre infrangibili e porta sulle spalle più anni di quanti in realtà dovrebbe. Negli anni in cui prende piede la trama, infatti, Enoch gestisce una stazione di transito sconosciuta al resto del pianeta e destinata ad essere meta di passaggio per pochi straordinari personaggi alieni. La trama oliata a sufficienza e lo stile scorrevole ci conducono nei meandri della vita di questa affascinante stazione spaziale dove tutto sembra girare per il verso giusto. Ma come un buon romanzo di fantascienza vuole, improvvisamente, uno degli ingranaggi della storia salta via e cominciano i guai, nella fattispecie rappresentati da un agente del governo troppo ligio al proprio dovere e da un misterioso manufatto alieno che sembra essere svanito nel nulla.

Se poi al tutto aggiungiamo la romantica e strana figura di una ragazzina sordo muta e le inverosimili quanto tristi incursioni di vecchi amici di Enoch che dovrebbero essere morti, allora la trama si infittisce.

Simak ci accompagna attraverso la vita di campagna americana a lui tanto cara per poi farci partecipi di quella fantascienza tipicamente più congeniale a tutti coloro che, a questo genere, associano con più facilità alieni provenienti da profonde e sconosciute galassie.

Contrariamente ai primi romanzi di questo autore, qui aleggia un senso di ottimismo classico che ci riporta al duetto narrativo, già visto altrove,

alieni buoni/terrestri ottusi.

C'è tutta l'ingenuità di quegli anni nell'affrontare certi argomenti, ma sono lodevoli le intenzioni dell'autore nel voler caratterizzare la figura del protagonista principale e alcuni personaggi di contorno, in modo da ottenere una certa freschezza nella vicenda e una poetica di fondo in certi punti davvero toccante. Quest'opera va sicuramente collocata tra i classici della fantascienza e consigliata a chiunque abbia questa passione.

La casa dalle finestre nere è andato in stampa per la prima volta nel lontano 1963. Il suo autore è Clifford Donald Simak. Nato il 3 agosto del 1904 a Millville (Wisconsin), Simak aveva dato un certo prestigio al suo nome già anni prima (una ventina circa) con il romanzo Anni senza fine (Urania 351) che, insieme a questo Way Station (titolo originale de La casa dalle finestre nere) può essere considerato a tutti gli effetti come il suo capolavoro.

Esordisce come scrittore nel 1931 su Science Wonder Stories con il racconto World of the red sun. Ma solo nel 1944 comincia la sua collaborazione alla mitica rivista Astounding, con diverse storie in seguito tutte raccolte nel romanzo City. Mai entrato nel novero degli scrittori professionisti, l'autore di origine ceche, ha portato avanti per tutta la vita anche una carriera legata al mondo del giornalismo, altra sua passione da sempre.

Tra i suoi romanzi più rappresentativi vanno sicuramente ricordati Ingegneri Cosmici (Cosmic Engineers, 1939), Mondi senza fine (Ring around the sun, 1952) e Eredità di stelle (A heritage of stars, 1977).