Delos 7: Racconto Cybershop

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di Giorgio Ginelli

E cominciato tutto con quel dannato libro. Ma forse, in ogni caso, il destino si deve aggrappare a qualcosa di tangibile per manifestarsi. Be', insomma, per me il destino ha scelto un libro sulla realtà virtuale.

Quando mi fu consegnato, ricordo che ne fui profondamente seccato; per telefono avevo ordinato tutt'altro - la gestione delle immagini compresse con gli algoritmi MPEG - e così mi precipitai subito, sempre al telefono, per lamentarmi. Mi dissero che non c'era problema - per loro, ovviamente - che mi avrebbero subito rispedito il libro giusto, che erano molto dispiaciuti dell'accaduto.

- Sì, ma di questo libro che me ne faccio?

Dopo un significativo attimo di silenzio, pervenne una pacata risposta: - Lo legga...

Affrontare un testo su quell'argomento non era certo un compito estivo. Trascorse così anche tutto l'autunno, prima che mi decidessi a sfogliare le pagine di quel libro. Era molto tecnico. Specificava in maniera copiosamente dettagliata come costruirsi una notevole quantità di accessori virtuali, partendo da componenti facilmente reperibili sul mercato; dal casco virtuale al guanto, passando per tutti i sensori tattili che uno può immaginare.

Ho avuto una profonda e specifica formazione tecnica; detto così sembra un vanto, ma in certi casi vi assicuro che è una maledizione. Principalmente perché uno come me non sa resistere alle tentazioni: a metà inverno avevo già costruito il mio primo Power Glover e mi accingevo a recuperare i componenti per un Head Mounted Display.

Lo avevo preferito al casco, in quanto è aperto; un casco chiuso dopo dieci minuti amplifica anche la sudorazione e non puoi nemmeno interrompere il percorso delle goccioline. Non c'è realtà virtuale che tenga: una goccia che scende lentamente dal cuoio capelluto fino alla base del collo, la senti anche se sei immerso in un feedback virtuale. Immaginate invece una maschera da sub, mettete al posto del vetro un LCD, un paio di cuffie, collegate tutto con un software di rendering e il gioco è fatto. Se avete bisogno potete grattarvi, non sentite il caldo e tutto pesa la metà.

Insomma, per la fine dell'inverno ero fatto. Avevo già iniziato a progettare i miei primi software di simulazione e cercavo disperatamente il modo per collegarmi in un vero mondo virtuale. Guarda caso, fu proprio il periodo in cui vennero lanciate le prime VRline da parte della British Telecom: Home shopping line e Visual shopping arcade. Era come se avessero messo Gardaland nel mio giardino. Anzi: Gardaland più il Centro Commerciale di Bonola.

Erano dei cave: ti collegavi, passavi per un portale a forma di borsa della spesa e ti sembrava di essere proprio lì a guardare gli scaffali. Potevi toccare, spostare, prendere e, se ti andava bene, buttare l'oggetto nel tuo carrello che diligente mente spingevi davanti a te. Tempo due ore, dicevano le istruzioni, e la spesa sarebbe stata a casa tua. Considerando che quello era un supermarket inglese, tempo una settimana - mi dicevo - e avrei avuto tutto a casa; cominciai così a stare attento alle date di scadenza dei prodotti.

Poi, iniziò l'orgia! Immaginatevi un supermarket tutto a vostra disposizione, senza gente con il carrello che vi viene addosso, per intenderci. Senza coda alle casse! Un supermarket infinito, un ipermarket nel vero senso della parola. Dopo un po' vai in tilt. Non riesci più a controllare i tuoi acquisti. E fin qui è la normalità. L'orgia vera ha avuto inizio quando ho incontrato i primi chioschi delle promozioni: quelli che ti tendono gli agguati e ti propongono di gustare questo e quello così ti regalo quest'altro! Dopo diverse ore di acquisti qualcosa dentro di me premeva perché smettessi di fare la spesa. Non so, la pipì o forse un grado di consapevolezza più elevato. In Home shopping line appena pensi THE TILL ti trovi davanti alla cassa. Dicevano le istruzioni.

Nel mio caso quel pensiero, ripetuto più e più volte, generava di rimando un altra segnalazione: PLEASE, PUT THE GOODS BACK IN THEIR PLACE. PICKPOCKETS WILL BE PROSECUTED.

Quell'accidente di Shopping Centre ipertrofico mi stava trattando come un ladruncolo!

Passata la furia iniziale, ho avuto modo di pensare con calma a quanto mi è successo. Sono così andato a richiamare le istruzioni, le quali dicono chiaramente che questa, per chi non è residente in Great Britain, è una versione demo. Non posso acquistare niente. E per di più devo riporre tutto quello che ho preso sugli scaffali. Cristo! lo ho riempito quattro carrelli di roba e per di più i chioschi delle promozioni non rivogliono indietro niente. E non c'è nessuno con cui discutere, con cui litigare! Sono solo, in un immenso ipertrofico iperealistico kafkiano shopping centre anglofono e non riesco più a rimettere la spesa sugli scaffali!

Temo seriamente di non riuscire più ad uscire da questa VRline. L'unica mia speranza è che qualcuno butti giù la porta di casa mia, mi veda imbambolato sulla poltrona con una maschera da sub e le cuffie in testa, e me le tolga per vedere se sono proprio scemo o faccio solo finta. Ma le possibilità sono più o meno nell'ordine di 10-35. Ho tentato di compiere qualche efferata effrazione ai danni dello shopping centre, per richiamare l'attenzione dei gestori ovviamente, ma sono stato stordito dalle solite scritte che mi ordinavano perentoriamente di rimettere tutto a posto.

Voglio uscire da qui. Voglio tornare a fare la spesa litigando per la coda alla cassa. Ma soprattutto, tutto questo non è giusto: non ho ordinato io quel libro!

Il presente racconto può essere letto in linea o scaricato, e può essere diffuso per via telematica senza limitazioni. L'articolo è però di proprietà dell'autore e non può essere utilizzato per scopi commerciali, pubblicato su riviste commerciali o inserito in CD-Rom, senza la previa autorizzazione dell'autore. [Inizio pagina] -- [SOMMARIO] [THREAD] [UPDATE] [MATRIX] [VIEWS]