una

una sola volta sconfiggere il campione, la libertà d'un attimo darebbe un senso a tutte le sciarade le cifre i rebus le leggi senza nome di questo stupido mondo potrei giustificare me stesso e gli altri e tutto il lavoro inutile la perdita di tempo tutta quella ferraglia di servo-meccanismi l'automazione dell'automazione come se non sapessi che in ufficio le mie funzioni di controllo rappresentano un alibi la scusa per tenermi occupato non c'è niente niente assolutamente siamo esseri inutili Elena inutili ma supponiamo ecco per un momento - Mark ha parato lo scacco spingendo il fante in c3 - supponiamo che questa sera prevalga il mio cervello, capisco, la pedina che ora prendo in b2 è un vantaggio del tutto relativo, ma supponiamo che dalla posizione scaturisca un ulteriore vantaggio, che so, una pedina ancora, e non c'è Mark che tenga: cambiando tutti pezzi avrei finale vinto

la Macchina in ginocchio, sconfitta, messa a nudo

sì, ci sono troppe cose che mi torcono il sangue, l'umiliazione, sono le sette e mezza, io non volevo, Elena non volevo guardare l'orologio, è stato un gesto meccanico, inconsulto, non sono più un bambino, io non credo ai miracoli è tardi la mente se ne va gli occhi mi bruciano c'è come una girandola, Elena ho detto, ieri, Elena, ieri, e ieri l'altro e l'altro giorno ancora, sempre, da quando siamo insieme, mille volte, mille volte ho veduto il mostriciattolo giù per le scale e mille volte l'incubo s'è dissolto al suo ritorno, io la spogliavo di ogni orrido orpello, finalmente, come ogni sera solamente mia, luci, ronzio, sono le sette e mezza, io non conosco ancora tutto l'inferno dei giorni che verranno, in d2, vuole il cavallo in d2, e questo era previsto, eseguo, entra in funzione l'oscillatrice rossa, non capisco, forse la spina del pezzo non ha raggiunto i terminali di contatto, schiaccio il cavallo fino in fondo ma l'oscillatrice rimane accesa, la scritta sul pannello non è scomparsa, Cfd2, ma come ho fatto a sbagliare, sfilo il cavallo, lo rimetto in e4 e colloco in d2 quello che stava in f3, Mark sussulta nella registrazione l'occhio rosso si spegne e s'accende quello verde, siamo a posto, possiamo andare avanti, per un momento m'è parso come di sentire... basta per carità, qui rischio la pazzia cosa mi metto in testa le macchine non ridono la trappola perdìo scatta la trappola io non dovevo la donna troppo esposta non dovevo Mark alla prossima salta in c4 Elena è fuori ormai il tempo non conta più mezz'ora un'ora e tutta quella gente che non conosco che fingo di conoscere perché nessuno parla non ci fidiamo l'uno dell'altro sorrisi di mollusco ognuno cova l'angoscia in fondo all'anima ognuno potrebbe recitare la commedia spargere voci tranquillizzanti essere un capo uno di quei vigliacchi che imperano nascosti controllano ogni cosa gli svaghi lo stipendio quel che devi mangiare e come devi sopportare le offese tutti quegli sputi nel piatto ove tu mangi, via, Elena è via potrebbero anche ucciderla un foro nella scheda la notizia laconica il controllo forse la sigla distratta d'un impiegato Elena è tardi tutto il palazzo mi rovina addosso Elena Elena

non in a3

la terza casa significherebbe la mia vedovanza, meglio in b6, forse ho trovato la scappatoia ma l'animale m'aspettava al varco, salta alla quarta d'alfiere, Elena corre in c6, lo stesso pazzo bucefalo si catapulta e dà scacco al re, non è finita moglie, prendo il cavallo con il fantoccio, ora ho dinanzi dieci secondi di crepacuore, Elena, dieci secondi e la sentenza rimbomberà nei circuiti con un fragore d'inferno, eccolo, come un falco l'alfiere piomba alla quinta, lega moglie e marito ad una sorte, Elena addio, prendo in b5 ma c'è l'altro cavallo che dà scacco doppio, nel cuore e nella mente.

Finito.

Le mani poggiate sopra il cofano di Mark-5. Metallo ancora caldo, le palme sopra il cofano buio e silenzio, poco fa (quando è suonato il video). Sono rimasto immobile, io non ho avuto la forza di parlarti, di udire la tua voce, Elena, vedere la tua maschera dietro il cristallo, no, topi e lombrichi, un pozzo fetido d'innominabili sconcezze, sono rimasto immobile, gli squilli, elitre vorticose di squilli a vuoto elitre di libellula impazzita, ora ti penso e vedo ora ti vedo fantasma che ti aggiri lungo le strade, un guscio di silenzio che più nessuno potrà infrangere, e i passi, lastricato, sonore ottusità senza risposta, perché, dimmi, perché? Tu giri l'angolo forse ti arresti un attimo, è difficile, quasi è impossibile seguire la tua immagine, cammini soffocata nel vetro nella folla le facce i ghigni astuti e lassù tra le guglie d'acciaio forse ancora uno spicchio di cielo è inutile è inutile guardare nel fumo dei triangoli, anche il cielo è finito, non ci sono che muri e piazze e solitudini, ponti crollati, le cattedrali dove la polvere ha consumato il suono d'ogni parola, Elena, Elena ascolta, tu giungerai tra poco, ancora un viale venti palazzi il nulla, lo scatto sordo e rabbioso del cancello, salirai le scale, spenta, annientata, la chiave, la porta che si apre, la luce nel vestibolo entrerai

qui, in questa stanza

Ma non avremo più, Elena, non troveremo più il coraggio, mai più

La partita (Lasker-Delmar, 1910)

1. d4, d5; 2. Cf3, e6; 3. Ag5, f6; 4. Af4, Ad6; 5. Ag3, A:g3; 6 h:g, Ce7; 7. Cbd2, Dd6; 8. e4, d:e; 9. C:e4, Db4 scacco; 10. c3, D:b2; 11. Cfd2, Db6; 12. Cc4, Dc6; 13. Ccd6 scacco, c: d; 14. Ab5, D:b5; 15. C:d6 scacco e vince.