Spazio 1999-2009: troppi cavi sul tavolo

Nel 2009 modificato (e infibulato nel 2015-16) dalla deviazione impressa allo Spazio-Tempo dall’organizzazione terrestre sturbonichilista globale chiamata Progetto NO, anche sulle colonie astrali c’erano personaggi che conservavano caratteristiche curiosamente obsolete pur avendo profili e mansioni perfettamente futurologici e anche parecchio acidi. Un emigrato ungherese con un maglioncino di flanella era noto nella zona in cui ormai operava, su una delle colonie, appunto, per essere un soggetto alquanto sordido. Doveva questa sua fama a un vecchio episodio: aveva fatto passare per bugiardo il fornitore di cannoncini a protoni della comunità di fanatici di Putin accampati sul quarto asteroide della catena di Keljerii. A ogni modo, lui pensava che dovesse essere una questione ormai superata. Un giovedì (secondo la ufficiosa scansione terrestre del tempo) uscì dall'apertura a mezza ellisse della sua unità abitativa, in una sorta di strano cortile sull’ammaccato pianeta Grostha, e buttò fuori di lì, con un ampio gesto delle sue braccia un po’ troppo lunghe per il corpo, un terzetto di grosse e carnose escrescenze urticanti a grattugia che erano appartenute al mostro alieno che qualcuno gli aveva messo di nascosto sotto alla sua branda. Ciò era stato fatto in modo che, durante il riposino delle 72:15 del "pomeriggio" secondo le fasi in cui era suddiviso il tempo su Grostha, quello – il mostro – lo divorasse procurandogli anche non poco dolore psichico. Ma lui, Stanislav Hugani, l’ungherese, s’era accorto del pericolo; aveva sentito respirare la creatura bavosa e dalla forma irregolare che era sotto di sé, mentre era seduto sul ciglio del letto a sorbirsi direttamente dalla bottiglietta un po' di tè afghano alla pesca di Zumij 8 – maledetta globalizzazione astrale! – e con una serie di svampate ad uncino della sua pistola Orion Pictures lo aveva ucciso facendogli sputare anche le tre escrescenze carnose poco decifrabili. Mentre dunque con una sbracciata si disfaceva ora dei resti di quella specie di gorilla umidiccio con strani bubboni lunghi e bucati, era convinto di avere dinanzi a sé un ciclo di 52 ore libere in cui avrebbe potuto chiamare Unthar Beacon e convincere anche lui a buttarsi nel vecchio affare dei lunotti. E poi però, essendo come detto un tipo sordido, avrebbe fregato anche lui dicendo al caporale Clegg che quello, Beacon, li aveva imbrogliati con le coperture finanziarie farlocche dalla Terra.

E invece… Ta-karrr!!! Una grossa emanazione di sostanza cancerosa, simile al corpo senza zampe di uno scorpione, lo colpì violentemente sullo sterno andando a contaminare all'istante la struttura subatomica dei suoi polmoni e facendoglieli arricciare di 30 centimetri fuori dal buco nel tronco che gli si era creato.

Qualche buontempone potrebbe dire: fine della premessa.

A quel punto infatti, Theodor J. Holdumper, a circa trenta metri da lì, seduto con un contegno da burocrate bastardo sotto una specie di portico spazio-coloniale con decorazioni a strisce ondulate blu paonazzo, pensò che come al solito aveva avuto ragione. Ovvero, non potendo controllare con gli strumenti tecnologici del Progetto NO in uso sulla Terra tutto lo Spazio o almeno una sua porzioncina sferica di 25 anni luce di raggio, aveva fatto bene a tenere vicino a sé i suoi più importanti collaboratori, come quell'Hugani. E avendo visto ora che fine aveva appena fatto costui – nel cortile roccioso di quel pianeta, Grostha, scelto come avamposto scientifico-paramilitare del Progetto NO ma sempre sul punto di essere smantellato dal suo fondatore, il luciferino e cervellotico dr.Molese – Holdumper annuì vigorosamente abbassando di scatto la mascella una volta sola sul suo panciotto rosso porpora un po' liso. Poi si passò poi il palmo di una mano su un ginocchio fasciato da pantaloni gessati anche nel senso che erano cosparsi di una sottile polvere tipo gesso, e disse, all'uomo che gli stava di fronte oltre il tavolo:

– Questo è ciò che intendevo. – Si riferiva, chiaramente, al terribile colpo che, calato dall’alto, aveva squassato l’intero organismo di Hugani, lasciando sul posto una orribile carcassa bucata, contorta e fumante.

Poi si voltò verso l’oblunga finestra geodetica che offriva una splendida vista della metà rimasta di Saturno in seguito all’esplosione per il noto intervento di re-shaping deciso dal Progetto NO, e consultò distrattamente, sovrimpressi sulla fascia laterale della vetrata in lega di amianto trasparente, i dati relativi alle armi usate dagli assassini nelle 2000 piccole colonie terrestri sparse tra Sistema Solare Rovinato e Galassia HY-Calabrese. Tutta una parte del suo tavolo, a sinistra, era invasa da una matassa di fili, cavi e collegamenti elettro-quantici, schizo-dinamici e video-lisergici, connessi ad una serie di modem vecchi della Tiscali che giacevano semi-scassati sul pavimento, che a sua volta era magnetizzato a causa della dispersione di spore encefaliche e magnesio. Sarà stato per questo motivo che la relazione tra alcune puntate assurde del telefilm “Spazio 1999” e certe intuizioni del dr.Molese nel 2009, nella cosiddetta fase della neo-insorgenza di rabbia superomistica, ancora non era stata chiarita nonostante l’intrigo dei cavi e l’incrocio di circa 2009 tabelle che esulavano da qualunque versione di Excel. Holdumper si era rivolto, con la sua breve frase ma anche col suo precedente discorso, a qualcuno che si trovava dall'altra parte della sua scrivania, somigliante più ad un tavolo delle riunioni, vista la sua ampiezza ed i piccoli cumuli di plantari per appunti che vi erano appoggiati sopra. Questo interlocutore era decisamente molto attento ad ogni particolare, anche se cercava di non darlo a vedere e di apparire solo propositivo e ottimista.

Costui distolse con studiata calma lo sguardo dallo schermo che aveva mostrato l'uccisione di Stanislav Hugani e disse:

– Certo, signore. Mi rendo conto di ciò che volesse dire. D'altronde, è anche ovvio da parte mia riconoscere la sua enorme esperienza.

Si era così espresso, ora, perché era in cerca di un incarico, e non voleva trascurare alcun dettaglio che potesse aiutarlo ad ottenere l'ingaggio. Infatti, il suo nome non era compromesso, a quanto gli era dato sapere, né aveva segni particolari: si chiamava John Buick ed aveva dei lineamenti regolari e uno sguardo chiaro e intelligente, però aveva qualcosa da nascondere, e ciò lo rendeva interiormente non tanto tranquillo… Aveva una famiglia composta ormai solo da tre componenti, tutti semi-androidi, che si guadagnavano il pane facendo attentati ai lebbrosai di Brescia e dintorni, e lui negli ultimi cinque anni si era fatto mantenere proprio dallo zio e dalla madre, piegata sotto il peso dello zaino incorporato con dentro le bombe. Lui però, John, era ben deciso a dare un taglio a quella situazione e a ritrovare la sua indipendenza, che aveva perso quando l'azienda turistica per cui faceva interviste sul campo nelle paludi di Comacchio era fallita. D’altra parte, però, si stava sentendo piuttosto impreparato a sentire e vedere quello che Holdumper gli stava proponendo. Quello che lui sperava diventasse il suo nuovo capo, infatti, si confidò:

– La mia esperienza, dici? Tu hai appena visto, in differita di… circa 4 ore, ciò che è successo all'agente Hugani, che di certo non si occupava solo di manutenzione idraulica. E va bene… Però sappi che la mia esperienza l'ho costruita in parte anche compiendo dei terribili errori, in passato.

– Errori, signore? Posso a stento immaginarlo, e comunque credo che non si trattasse di nulla di grave, considerando il suo celebrato talento, per cui è noto da più di undici anni.

John Buick accompagnò quelle parole con un sorriso carico di ammirazione ma non ingenuo.

Theodor J. Holdumper, probabilmente alle prese con suoi rimuginii profondi, neanche commentò quella frase adulatrice da parte del candidato Buick, e piuttosto gli chiese:

– Tu però perché vorresti lavorare in quest'impresa?

Questa era una domanda che invece Buick si aspettava e quindi rispose prontamente:

– Signore, trovo il progetto estremamente ambizioso e quindi stimolante, e in tutta umiltà ritengo di potermi mettere utilmente al servizio delle vostre strutture offrendo tutta la mia disinvoltura e freschezza nell'eliminare individui inutili e nella depilazione eventuale dei loro cadaveri. Ehm… fermo restando che non possono essere chiamati cadaveri, dato che poi passano alla Divisione Accrocchi, che li ricompone usando scarti di vecchi autocarri e pistoni di robots cinesi cingolati.

Con questo, il candidato aveva dimostrato di conoscere a menadito almeno le basi di quel business. Ma Holdumper non si prese neanche il disturbo di annuire e prese a fornire una spiegazione che sembrò quasi un pretesto per ribadire la sua grande competenza:

– Prima di lavorare qui, in questo avamposto solitario e deprimente, io ho prestato servizio per cinque anni nel gruppo della missione “Tracce sospette”, comprendente diversi specialisti di alcune tra le più malfamate università americane, coordinati da un istituto di ricerca criminale con una base in un territorio segretissimo, in Colorado. Sapevamo bene che il dr.Molese non intendeva espandere l'inciviltà terrestre su altri pianeti, preferendo concentrarsi sulla sua devastazione della Terra, e allora ci siamo concentrati nell’analizzare nel dettaglio gli oggetti ghiacciati presenti nella cosiddetta fascia di Kuiper, pensando che alcuni terrestri avessero viaggiato abusivamente nel Tempo e nello Spazio fin lì lasciando dei segni che fossero inviti all'incontro pacifico con altre razze stellari. C'erano delle evidenze di questo tipo, ma noi, per rispettare l’arcinoto diktat del dr.Molese, dovevamo negarle, quindi pubblicammo una serie di resoconti in cui dichiaravamo perentoriamente e pseudo-scientificamente che quei crateri NON si erano formati in seguito alle incisioni perfettamente calcolate operate da astronavi terrestri dotate di ventose per l'atterraggio capaci di scolpire la roccia con precisione, lasciandoci incisi ideogrammi come “Ciao!” oppure “Fate i buoni!” NO; noi stabilimmo arbitrariamente che i crateri erano dovuti all'impatto casuale con altri corpi celesti, oppure che quei crateri o segni profondi sulla superficie risalivano, chissà come, alle origini del Sistema Solare. Due bufale colossali. Io suggerii che quando qualcuno fosse stato sorpreso ad affermare il contrario, ci dovesse essere qualcun altro, ma dei nostri, che lo facesse passare pubblicamente per bugiardo, e che poi anche quel qualcuno andasse eliminato in quanto testimone potenzialmente pericoloso. Inoltre insistetti per riprendere videograficamente queste esecuzioni ed impaginarle in una messa in scena multimediale con didascalie deliranti. Il dr.Molese mi fu grato di questa innovazione. L'assurdità fastidiosissima che poi è insorta come ostacolo consiste nel fatto che alcuni terrestri forniti di navicelle astrali di piccolo cabotaggio hanno cominciato scopertamente, senza ritegno, a recarsi personalmente su Plutone e sul suo satellite Caronte per comunicare via onde sonar in FM, rivolgendosi a tutti gli alieni in giro, che le analisi delle immagini scattate nel 2015-16 dalla sonda New Horizons avevano consentito ai ricercatori – finalmente! – di mappare i segni causati dall'impatto dei corpi celesti sulle superfici del pianeta nano e sulla sua luna, ricavandone una migliore comprensione della fascia di Kuiper. La verità. Questa è la regione del nostro sistema planetario che si estende dall’orbita di Nettuno fino a una distanza di circa 50 volte quella tra la Terra e il Sole, e il dr.Molese voleva cospargerla di olio velenoso anti-pacifisti. Invece, il tipo di comunicazioni lanciate dalle piccole spedizioni terrestri indipendenti assolutamente non autorizzate sono volte ad affermare che allora, dato che i crateri su Plutone e Caronte non sono mai inferiori ai 13 chilometri, gli asteroidi della fascia, mai larghi più di 2 chilometri e 7 “cicci”, non possono esserne la causa, come pretendeva la propaganda di regime chiamando in causa un risibile “effetto di trascinamento a banana” degli asteroidi stessi dopo l’impatto. La realtà è che erano state, piuttosto, navicelle aliene ecologiche e simpatiche a lasciare quei segni su misura, per cercare di comunicare con gli esseri umani dicendo che i veri mostri, a causa del dominio del terribile Progetto NO sulla Terra, rischiano di diventarlo loro, a livello morale! Ed è stato allora che io, interpretando ovviamente il volere del neuro-nichilista dr.Molese, mi sono assunto la responsabilità di piazzare in vari punti lì vicino, ed anche nella Galassia HY-Calabrese, delle sinistre boe astronautiche, ognuna ospitante un cecchino armato di fucile a molle magnetiche Hyundai pronto ad assassinare gli impiccioni venuti dalla Terra! Peccato che costoro però, nel frattempo, hanno creato alcune colonie in cui familiarizzano con gli alieni offrendogli crostate economiche prese al supermercato. Dovremo ucciderli tutti, credo.

John Buick era rimasto affascinato da quell'esposizione: fece altri complimenti a quello che sperava diventasse il suo capo e poi cercò senza fretta di decantare le proprie qualità ma in poche parole, per non dare l'idea che volesse mettersi in competizione con Holdumper e con la sua indiscutibile autorevolezza. Disse quindi di saper usare un caricatore Feyenoord girando il piccolo manubrio in quattro secondi netti, di essere capace di spostare i riferimenti visivi della vittima usando un sistema di lenti che rovinano la vista peggio degli spinaci, e di aver scritto già tre monologhi senza senso che potevano servire per convertire al Progetto NO degli individui incapaci, forse anche le donne coi coscioni.

Theodor J. Holdumper però rimase freddo, pressoché inespressivo. Dopo quindici secondi di silenzio che sembrarono un'imbarazzante eternità disse solo:

– Capisci quello che voglio dire? I corpi celesti presenti nella fascia di Kuiper risalgono all’origine del Sistema Solare e hanno dimensioni inferiori ai 100 chilometri e un pezzetto. Essendo così piccoli, non possono essere osservati direttamente dalla Terra e allora noi abbiamo la possibilità di dire qualunque cosa, al proposito. Sono solo gli impiccioni che vengono a controllare, quelli che creano problemi. Io in passato, nella mia vita, ho commesso dei gravi errori – te lo ripeto – ma ora no; ora non creo problemi, io.

John Buick non sapeva cosa dire… Aspettò anche lui qualche secondo in più del necessario, per vedere se ci fosse dell'altro, poi balbettò un:

– Ma certo, signore.

Holdumper posò il palmo della mano destra non sul suo ginocchio, stavolta, ma sul ripiano della enorme scrivania, o tavolo delle riunioni, e ne lisciò la superficie, come per assicurarsi che fosse tutto perfetto, a parte il groviglio mostruoso dei cavi, più a sinistra, e che nulla sfuggisse al suo controllo. Buick lo volle interpretare come un segno di distensione e allora si azzardò ad andare alla conclusione che più lo interessava personalmente:

– Signore, dunque posso sapere cosa ha deciso? Posso considerarmi assunto?

Poi fece un sorrisetto nervoso che avrebbe voluto essere beneaugurante. Ma Holdumper, senza staccare il palmo della mano dal tavolo, e anzi guardandola con interesse rispose: – No…

Buick si era reso conto che l direttore aveva un atteggiamento un po' strano, eppure rimase lo stesso stupito; raccolse il fiato inspirando col naso e, riuscendo a non farsi tremare la voce, provò a chiedere:

– No?.. E potrei allora sapere, per così dire, “da che parte faccio acqua”, signore?

– Questa tua espressione mi sembra quantomai impropria, ma io ho commesso errori ben più gravi, quando cercai di correggere tutto il mio personale anno 1999; quindi non è per questo che ti guardo in cagnesco… Il punto è che tu non mi convinci, e anzi arriverei al punto di dire che tu “puzzi” da lontano un miglio. Anche questa è un'espressione impropria, ma finché sono io a dirne una o anche ventisette, nel corso di una giornata, penso che va tutto bene.

– Signore, sono confuso… Io tenevo molto a prestare servizio per la vostra impresa. Per venire fin qui ho passato un decennio condensato a bordo di un astro-camioncino, in ibernazione, e una volta arrivato qui ho trovato stamattina questa pioggia calda e grassa ad accogliermi… E però, come può vedere, non sono inzaccherato, perché prima di entrare qui mi sono sgrullato con due manate, e fino ad ora non mi sono minimamente lamentato, per fare una buona impressione.

Theodor J. Holdumper fece appena un movimento con la testa come a dire che non sapeva che farsene di quelle giustificazioni, che peraltro riguardavano aspetti per lui totalmente ininfluenti. Poi si alzò dalla sua sedia, fece cenno con la mano al candidato di seguirlo, e lo condusse alla pesante porta di ottone e berillio, con la chiara intenzione di congedarlo. John Buick non poteva opporsi, però era decisamente avvilito. Holdumper sollevò un sopracciglio depilato e con un tono perfettamente neutro chiese:

– Tu non sei il tipo che torna con il mitra, eh?

John rimase sbigottito ma in una frazione di secondo si obbligò a reagire. Però non riuscì a farlo a parole; abbassò le palpebre, triste, sottintendendo:

– Ma no, non è questo…

Theodor J. Holdumper non aggiunse neanche un “buona giornata”, figuriamoci un “arrivederci”. Chiuse la porta appena vide che il corpo di Buick ormai era completamente passato dalla soglia.

Trascorrendo i minuti, in una scala temporale che peraltro a tratti sembrava elicoidale, il candidato Buick sentì montare dentro di sé un senso di indeterminatezza logica che poi fu ricoperto da un'ondata di malcontento astrale… Decise di smaltire la delusione camminando, con lo zaino pesantissimo a tracolla, attraverso tutta la Grand Crash Avenue, cercando di distrarsi contemplando l'infrangersi dei piccoli Feierthrindd sui rotocalchi virtuali che erano stati disposti dai coloni terrestri del Progetto NO ai due lati della concavità lavica che faceva da fondo stradale. Pensò che se fosse tornato in quelle condizioni di spirito all'albergo dove aveva preso una stanza, nella buca di Corso Babbione, a tre chilometri di fango da lì, non si sarebbe trattenuto dal lamentarsi con quella specie di ornitorinco che era al bancone. Quello, pur essendo terrestre di cervello, s'era imbastardito per motivi di integrazione cromatica con qualche bestia morta locale. Non aveva senso mettersi a parlare dei propri affari con un tipo del genere; quello ci avrebbe solo goduto, malignamente. John Buick continuò a camminare, e vide poca gente passare di lì, perché il dr.Molese con un suo disegno di legge minacciava di far tagliare il petto in due a tutti i terrestri non irreggimentati che avessero provato a fuggire dalla Terra per andare nello Spazio. In effetti erano pochi quelli che ci riuscivano, e in genere i funzionari come Holdumper avevano una rete di agenti che dovevano riprendere per le orecchie i transfughi, imporgli di fare qualche strage di alieni e infine riportarli a casa, più stupidi di prima.

Ora John Buick sapeva che non avrebbe mai potuto svolgere quel lavoro. Il colloquio era andato male. Senza motivo. Abbassò lo sguardo e camminò per un’altra settimana, secondo il suo tempo soggettivo, e un mese e otto giorni secondo il calendario lunare di Wiesnofez IV, che era calcolato in rotazioni antiorarie. Quando, durante la sua terza camminata, ad un ritmo diverso, più lento, dopo la seconda interruzione per girare sui tacchi e ricominciare daccapo, non seppe più cos’altro pensare, secondo gli orologi sotterrati di Uelyo erano passati undici anni, eppure lui era ancora interdetto e anche un filino irritato.

Tornò all’ufficio della piccola base coloniale del Progetto NO, salì i tornanti dell'ampia scala grigia, suonò il segnale di “Richiesta Conversazione di Servizio”. Allo spioncino rosso e ocra apparve un impiegato scemo, a cui Buick disse:

– Sono già stato qui una volta e devo consegnare delle importanti certificazioni al funzionario Holdumper. Non gli dica chi sono, però, perché potrebbe turbarsi e ripetere qualcuno degli errori che già ha commesso in passato.

L'impiegato corrugò la fronte, ma, essendo scemo, decise che il ragionamento filava. Aprì la pesante porta di ottone e berillio e Buick entrò.

Girò a destra, percorse tutto il breve corridoio, si affacciò sulla soglia della stanza dove aveva incontrato il direttore la volta precedente e lo trovò curvo sopra il tavolo delle riunioni a cercare di piazzare delle mollette su alcuni cavi, per aumentare la tensione elettrica magnificando così la resa Luxottica, chissà come. Un altro impiegato era invece inginocchiato in fondo a destra a raccogliere una pila di fogli inchiostrati male. Buick si avvicinò a Holdumper, che, sentendo la presenza di qualcuno alle sue spalle, si girò, con un'espressione poco convinta di tutto. John Buick aspettò una frazione di secondo che l'altro, invecchiato più di lui, lo riconoscesse, e poi gli piantò un pugnale ricurvo nel cuore, e lasciò l'arma lì, sicuro che quello non avrebbe avuto mai e poi mai la forza di estrarsela dal petto. Mentre quello lo fissava con uno sguardo tra il severo e lo spaventato dalla morte, Buick gli disse:

– Io non sono il tipo che torna col mitra, perché preferisco le armi da taglio.

Theodor J. Holdumper scivolò a terra senza alcun rumore, ma la sua espressione era tornata ad essere quella di un uomo che, pur credendo di non commettere più errori, era poco convinto di tutto, quindi anche di quello.

L'impiegato finì di raccogliere la pila di fogli con i timbri sbaffati e disse, penosamente:

– La digitalizzazione su questo pianeta non è ancora un processo completato…

John Buick neanche lo guardò in faccia e uscì dall'ufficio borbottando:

– Le mie qualità di killer, anche se bonario, avrebbero fatto molto comodo a questo dipartimento, ma si vede che non era destino.

Per completezza d'informazione, io, il7, Direttore del Dipartimento Comunicazione del Progetto NO, devo notificare le circostanze piuttosto deprimenti in cui Holdumper aveva commesso i suoi errori, nel passato, errori che infine l'avevano condotto a quella fine ingloriosa. Ebbene, da alcune ricerche compiute sulle sue schede di memoria Ruin, risulta che agli inizi della sua carriera di funzionario, Holdumper avesse preso parte, durante l'Esposizione Universale dei Vizi, a Kiev, ad un videogioco rompicapo, creato dal gigantesco organismo bio-cibernetico Sistema Neurale agli ordini del dr.Molese, e pubblicato dall'azienda Tuccìde-E. Il gioco, basato su motori grafici critici, era prodotto in realtà proprio per stressare le schede di memoria Ruin mettendo alla prova la fedeltà al Progetto NO di chi le utlizza. E perciò, quando Holdumper, dopo i primi 17 livelli, iniziò a confondere i pezzi del puzzle spionistico digitale, che era il suo campo d’indagine, con le sottotrame subliminali del game, incitanti al suicidio, sviluppò per reazione l’insana tendenza a credere a mini-teorie materialiste che lo portavano a comportarsi come se la brama di vita dipendesse dall’ostentazione di condizioni da gangsta-chic. Elencava, come in una slot-machine, sequenze su: soldoni, muscoli pompati, sesso con robots boliviani, cinismo radioattivo, nonché disprezzo per la cultura e anche sputi controvento. Evitò così il suicidio, ma come tattico sub-militare diventò inaffidabile perché schiavo dei Vizi classificati come “euforizzanti” dall’organo di informazione brainwashing chiamato Trash Media Market.  

Naturalmente, sotto il regime del Progetto NO certi atteggiamenti bastardi e perversi sono incentivati, ma Holdumper nell’assumerli era però un po’ troppo “euforico”, appunto, e non truce e un po’ scemo come prescrive il Progetto NO. E poi, ebbe il torto di commettere anche diversi altri errori, dipendenti dall’inclinazione fallimentare di prendersela anche con chi era più strombolo di lui; quindi fu sanzionato. Il suo problema in seguito divenne fisiologico-clinico perché commise anche l’errore di voler essere perfino più ignorante e grezzo del consentito: per la cieca intransigenza populista, regressiva e oscurantista, a livelli però terra-terra, gli venne la gotta alla prostata, un ovaio policistico all'altezza del diaframma e un impressionante aumento del sebo in ogni singolo capello.

Per ogni suo impacco a sangue di lozioni antiforfora ricavate da copertoni bruciati garantì però l’arresto di una decina di dissidenti ostili al Progetto NO, e così negli ultimi anni s’era parzialmente riscattato, riuscendo ad ottenere l’incarico di Supervisor su Grostha, ma, come si deduce dalle sue ultime boccacce prima di morire, era rimasto intimamente scettico non solo verso le soluzioni farmacologiche per il cuoio capelluto schiumante, ma anche verso la sua stessa capacità reale di effettuare selezione del personale, perché a un tipo come John Buick va data una possibilità, e non bisogna certo svillaneggiarlo gratuitamente con oscure battute di dubbio gusto!

Galeotto fu il doposcuola

In un 2017 chiaramente devastato dalle politiche schizo-sociali dell’organizzazione totalitaria decadente e terminale chiamata Progetto NO e fondata e diretta dal fegatoso e pippo-satanico dr.Molese, certi aspetti della vita quotidiana a tratti sembravano quasi normali, a parte la notevole percentuale di acido.

Il giovanissimo Bertoldo era stato nervoso e ciarliero per tutta la mattinata, dopo che il giorno prima Jenny, l’animatrice della piscina del doposcuola, l’aveva rimpinzato di prugne. Fino a mezzogiorno Norbert aveva dovuto ricorrere a tutta la sua pazienza per sopportare col sorriso sulle labbra il continuo bla bla di Bertoldo a proposito di Jenny: la mia cara Jenny, Jenny la compagnona, Jenny è golosa come me, la faccia di Jenny è gialla come la pasta all’uovo, e così via. Norbert si chiese come mai lui avesse considerato invece sin dall’ inizio Jenny come una grassona occhialuta senza gioia, una trappola vivente, una boccia di veleno dotata d’una bocca a fessura, una tipa fasulla che pensava cose disgustose di tutti e che nascondeva ciò a malapena dietro uno sguardo freddo e stupido. Concluse che evidentemente non sapeva giudicare bene certi soggetti, i quali a quanto pare possono rivelare delle sfaccettature accettabili. Poi distolse il pensiero e si preparò ad uscire per andare al centro riparazione elettrodomestici portando con sé anche Bertoldo, che altrimenti da solo a casa si sarebbe annoiato.

Venticinque minuti prima, l’uomo dell’armeria, nel negozio, disse a Jenny: –Quante te ne do, sorellina?

– Non sono tua sorella –, rispose secca Jenny dandosi una manata sulla panza, uno scatto di nervi che fece risuonare quel contenitore di budella grasse come se fosse un bongo. Poi aggiunse:

– Dammi tre cartuccere e tieni il becco chiuso!

Il banchista dell’armeria mise le cartuccere in una scatola, la infilò in una busta con scritto “Bodwell’s – Guns & powder”, e porse il tutto a Jenny che nel frattempo aveva poggiato i soldi sul bancone.

– Ma togli di mezzo quella busta, non ti faccio pubblicità gratis, io! –, grugnì Jenny con una massa di peletti fosforescenti sotto al mento che le tremavano. Poco dopo era di nuovo in viaggio. Gliel’avrebbe fatta pagare a tutti e due quei bufalotti.

Mentre Norbert prendeva le chiavi della Toyota Ego-nomic e si voltava per dire al suo figlio adottivo Bertoldo di sbrigarsi a scegliere i blog-giornalini da portarsi nella ovo-macchina, stava pensando vagamente alla sua ex moglie… E subito, come se ciò portasse una jella incredibile, udì una lunga sgommata sul viottolo davanti casa, poi il suono d’una portiera che si chiudeva sbattendo forte e dei passi di corsa avvicinarsi.

– Forse il postino va di fretta –, pensò, ed aprì la porta della sua villetta a scato-Lame.

Appena lo fece, la gamba di Jenny, che lei aveva slanciato in avanti per aprire la porta con un calcio, apparve sulla soglia e, subito dietro, l’ovale mooolto imperfetto del suo corpo, che, per essersi sbilanciata non aspettandosi l’apertura della porta, cadde all’indietro sbattendo violentemente la schiena sulle assi di legno della veranda. Partì una sventagliata di colpi, dal fucile a mitraglia di Jenny che lei imbracciava con decisione, e i proiettili esplosivi finirono sul soffitto del soggiorno di Norbert causando la distruzione del lampadario stile vecchio West. Il piccolo Bertoldo, impressionato, volle sapere, in quei concitati secondi:

– Ma papà, che gli abbiamo fatto di brutto alla compagnona Jenny per volerci stecchiti?

Fu la stessa Jenny a rispondere con una non-risposta, rialzandosi in piedi e sparando un’altra raffica verso Norbert, fuggito in cucina. Il frigo, il forno e il mobile sotto al lavello furono crivellati. Il frigo addirittura esplose, colpito in qualche organo vitale, ma Norbert si mise in salvo sotto al tavolo, che aveva il ripiano di granito rosa. Bertoldo invece era in soggiorno e tossicchiava e piagnucolava, nascosto tra la tavola da stiro di legno e l’impianto stereo. Tra le lacrime riuscì a gridare, ancora:

– Ma papà, che abbiamo fatto di male a Jenny la golosona?

Per tutta risposta Jenny si affacciò fuori dalla cucina e fece ancora fuoco disintegrando una serie di patetici quadretti in cornice, a base di cavallucci e pescetti, che erano appesi alla parete a cui s’era attaccato Bertoldo, che però non fu colpito.

Norbert invece approfittò della distrazione di Jenny per sgattaiolare fuori da sotto il tavolo e saltare addosso alla donna aggredendola di fianco con un lungo coltello, buono giusto per i prosciutti come quello. Jenny gridò, ma nonostante la lama le fosse penetrata fin tra le scapole, spingendo il gomito all’indentro colpì Norbert al collo col calcio della mitraglietta che reggeva. Norbert rotolò all’indietro portandosi le mani al pomo d’Adamo, ma, mentre Jenny si voltava verso di lui per finirlo, Bertoldo… allungò un proprio ciccio di carne che sembrava l’incrocio tra un tripode e un fornelletto, e con quello ustionò tutta la pancia di Jenny, che cominciò a fumare come un cumulo di letame abbrustolito. La donna capì di essere spacciata, cercò disperatamente di sparare ancora, ma i colpi ebbero il solo effetto di distruggere il divano. Sì, perché Bertoldo li evitò spiccando un balzo che… lo portò ad aderire al soffitto con la testa a goccia, color ambra e pistacchio. Un attimo dopo, con un altro pseudopode simile ad un lanciafiamme, carbonizzò il braccio destro di Jenny, quello con cui lei sparava. Con l’altro però lei si tolse lo strano casco che portava in testa e disse:

– Schifosi, troverete un giorno chi vi farà fare una brutta fine..!

Norbert uscì fuori dalla cucina e tirò un pentolino in testa alla donna, che spirò giusto in quel momento, con una nota di rassegnazione nel suo corpo obeso e mezzo bruciato.

Bertoldo insistè, mentre ridiscendeva dal soffitto, a chiedere al padre adottivo: – Ma insomma, papà, come si spiega tanto odio in una creatura così bambaciona?

Norbert, mentre si massaggiava il collo e valutava i danni riportati dall’appartamento, rispose:

– A quanto pare, la signorina cicciona non aveva esperienza con i ragazzini mutanti, ed il ritrovarsi costretta per lavoro a sopportare gli influssi mentali della tua amabile capoccetta, lì al doposcuola, per una mattinata intera, l’ha provata psicologicamente. Ecco perché, volendo venire qui ad affrontarci, aveva indossato un casco con schermatura anti-telepatica.

– Strano! – osservò però il piccolo. – Ieri, sabato, al mio primo giorno di doposcuola, s’era comportata bene, anzi, era stata proprio una cocca, con tutte quelle prugne che m’aveva regalato…

– Certo, ancora si tratteneva perché per lei era il primo giorno che aveva a che fare con te. Nelle ore successive si vede che… mah! Io invece ti tiro su con amore e rabbia da tanti anni eppure, quando attacchi con le tue cantilene psichiche, neanche con le prugne riesco a purgarti momentaneamente dei tuoi flussi vermicellari…

– Lo so, papà, che non sei buono a niente e che io sono un bambino difficile. Infatti per ringraziarla le avevo fatto spuntare quei peletti sotto al collo simili a quelli che ho io tra le zampe. Forse non l’aveva presa bene, perché già di suo non era una bellezza. Ma le mie intenzioni erano perfide, non sataniche, eheh!

D’altro canto, era chiaro a tutti che, se sulla Terra il Progetto NO era il regime che istigava tutti a dare il peggio di sé tanto che non ci si poteva fidare di nessuno, pure nel resto del Cosmo, forse per contagio, c’erano lugubri correnti di Sfiga che rendevano la vita difficile anche per i microrganismi alieni con poche pretese, e l’Infelicità era il più comune argomento di conversazione.