T. Coraghessan Boyle è originario di Peekskill, nello Stato di New York, ma vive a Santa Barbara e insegna al Southern California College, in un quartiere multietnico di Los Angeles. Ha esordito in territorio italiano con il bellissimo romanzo mainstream, América (1997) a cui hanno fatto seguito Amico della terra (2001) e la raccolta di racconti Se il fiume fosse whisky (2001). I suoi lavori sono pubblicati in Italia da Einaudi. La sua bibliografia completa comprende: After the Plague, A Friend of the Earth, T. C. Boyle Stories, Riven Rock, The Tortilla Curtain, Without a Hero, The Road to Wellville, East is East, If the River was Whiskey, World's End, Greasy Lake, Budding Prospects, Water Music e Descent of Man.

T. Coraghessan Boyle è uno scrittore geniale che scrive con abile maestria: i suoi romanzi così come i suoi racconti sono grotteschi, affascinanti, romantici, disillusi, feroci, provocatori, impregnati di una poesia genuina on the road, quella tanto cara ai capiscuola della Beat Generation. Scoprirlo è stata una vera illuminazione: nelle sue pagine non c'è segno alcuno di supponenza dottorale, perché Boyle scrive facendo riferimento alla sua esperienza personale. T. C. Boyle è un giovanotto che veste alla mano e se lo incontri per strada non diresti affatto che è uno scrittore: ma è un artista, e che artista! Non esito a definire T. C. Boyle il nuovo William Burroughs che il mondo attendeva da troppo tempo. Peccato che in patria, per gli argomenti trattati è forse un po' snobbato, ma la critica più attenta non ha potuto fare a meno di evidenziarne le gradi doti artistiche e comunicative. La moda del momento ha proiettato un certo J. T. Leroy, autore di due romanzetti stupidi (Sarah e Ingannevole è il cuore più di ogni cosa), nell'olimpo degli autori americani più letti, paragonandolo addirittura a W. Burroughs, ma J. T. Leroy è solo una moda commerciale, mentre T. C. Boyle, scommetteteci pure quello che volete, è autore di tutt'altra statura, un autore che non morirà e che rimarrà a lungo nella storia della letteratura americana e non.

"La passione per la scrittura non è nata con me, e non me l'hanno trasmessa col latte materno. Nessun angelo è venuto a visitarmi, e non andavo a nascondermi negli angoli bui con gli occhiali spessi due dita, l'apparecchio per i denti e in mano un libro, mio unico amico. Non mi rintanavo come una talpa borgesiana nella biblioteca di mio padre (per la cronaca, mio padre non aveva una biblioteca e non ha letto un libro in vita sua...) No, ero un bambino come tutti gli altri. Giocavo a palla; vagavo tra i miseri resti dei boschi nella periferia di Westchester, uccidendo quello che mi capitava; stringevo i denti a scuola, che per me era peggio dei lavori forzati. Ero un bravo bambino, facevo di tutto per piacere - come spessissimo accade ai figli degli alcolisti -, eppure, chissà come, verso i 15-16 anni mi sono trasformato in un ragazzino strafottente. Un punk. Un cinico. Un so-tutto-io. In parte è stata colpa dei libri - ma non tutti, non ancora. Le persone che frequentavo - ragazzini come me - erano figli di famiglie istruite, borghesi, a volte persino abbienti, ed erano svegli, furbi e insoddisfatti. Più tardi sarebbe arrivata la droga, ma all'inizio non volevamo altro che guidare come pazzi, cercare disperatamente di scopare, compiere i soliti, piccoli atti di vandalismo, prendere una sbornia dietro l'altra - e chissà come, per miracolo, leggere libri. Eravamo proto-hippies, ma non lo sapevamo. Sapevamo solo di essere a metà strada fra i teppisti e i primi della classe, e di saper apprezzare Aldous Huxley, George Orwell, J. D. Salinger, Jack Kerouac. Scrivere? Una cosa mai sentita. [...] A 17 anni sono finito a Potsdam, New York. [...] Non frequentavo le lezioni all'università. Ciondolavo insieme ad altri buoni a nulla. Ma leggevo. Ho scoperto Flannery O'Connor durante un corso di letteratura e mi sono riconosciuto, come di schianto; poi, fuori dalla classe, nei bar, in compagnia di una piccola schiera di gente come me, ho iniziato a leggere Updike e Bellow e Camus, poi Barth, Beckett, Genet, e Gide, Ibsen, O'Neill, Sartre, e Waugh. La biblioteca era nuova, si sentiva un odore di formaldeide salire dalla moquette; anche i libri erano nuovi, almeno quelli che leggevo io, e avevano quell'odore che i libri hanno ancora adesso, di colla inchiostro e cartiera, un odore che ho imparato ad associare al piacere - e alla conoscenza". ) (T. Coraghessan Boyle da The Eleventh Draft, Harper Collins, 1999)

Amico della terra, è un romanzo sofisticato e ricco di elementi fantascientifici: è il caso di dire che è opera di fantascienza umanistica. Boyle non si nasconde dietro nessuna maschera: se deve sparare contro il governo americano e le sue istituzioni lo fa punto e basta, se deve protestare contro il disboscamento lo fa punto e basta, se deve parlare contro il razzismo americano e la Chiesa lo fa punto e basta, e non è un duro, è un uomo, artista impegnato, con idee ben chiare e che non svende i suoi ideali per essere più commerciale. Nicolò Ammaniti ha detto di T. C. Boyle: "Mi sono seduto e ho aperto Se il fiume fosse whisky e l'ho finito tutto, poi ho alzato gli occhi e ho scoperto che il mio aereo era sparito. T. Coraghessan Boyle è uno degli scrittori più coinvolgenti, appassionati, spiritosi, fuori di testa che mi sia capitato di leggere. Ha un solo difetto: può produrre dipendenza." Ma state tranquilli, la dipendenza, in questo caso, è più giustificata: T. C. Boyle sarà anche fuori di testa ma sa scrivere come nessun altro!

Amico della terra, la trama in breve, giusto per abituarvi alla dipendenza: siamo nel 2025 e il mondo è al collasso ambientale: a nulla sono valsi gli sforzi di Ty Tierwater, ecoterrorista settantenne, ormai in disarmo, per tentare di dare all'umanità una coscienza ecologica e sociale. Tuttavia, un giorno, inaspettatamente, si presenta alla sua porta, dopo tanti anni di assenza, la sua seconda moglie, Andrea. Ty Tierwater appena la vede comprende che i guai per lui non sono finiti, perché è ancora profondamente innamorato di Andrea. E Andrea lo sospinge a ricordare quando la Terra poteva ancora essere salvata: Ty Tierwater torna ad essere giovane e ricorda ogni sua azione, ogni suo pensiero, ogni sua lotta, ogni sopruso subito. E ricorda la morte della figlia, un dolore che anche nel 2025 è indelebile nel suo cuore di padre.

Lo stile brillante di T. Coraghessan Boyle, la sua vena grottesca, ben noti ai suoi ammiratori, non risparmiano abili stoccate né al popolo variegato degli ecologisti né a quello più piatto e qualunquista degli "stupratori della terra": quando si inizia a leggere T. C. Boyle, è impossibile abbandonare la lettura. Lo stile di questo autore americano è qualcosa di stupefacente: qui non ci troverete cliché letterari di genere e non, troverete solo l'anima di un artista vero, originale, spietatamente originale. T. Corraghessan Boyle ha pelo sullo stomaco da vendere: non esita a sparare feroci, intelligenti, stoccate contro la politica americana, contro George W. Bush, contro tutti quelli che si sono adoperati per fare del nostro pianeta un immondezzaio.

Il romanzo di T. C. Boyle tradotto da Margherita Crepax rispetta ampiamente la sana ferocia dell'originale: un grande storia da un grande autore contemporaneo tradotta in italiano con rara maestria, non a caso il libro pubblicato da Einaudi è presente nella prestigiosa collana Supercoralli.

Una grande storia, uno stile innovativo, messaggi sociali e politici precisi: cosa si può chiedere di più ad un libro? Amico della terra è un capolavoro che dovrebbe essere letto più e più volte: da un artista così non si smette mai di imparare. E se fossi in voi, mi procurerei anche tutti gli altri suoi scritti: sono tutti altissimi esempi di letteratura, di stile, di coscienza sociale e politica. Meritano davvero di essere letti con profonda attenzione. Siete liberi di credermi o meno, ma T. C. Boyle è assolutamente fantastico. E non esagero: so quello che dico. Se non vi piacerà, venite pure a lamentarvi da me!