Quando un nuovo filone della science fiction si affaccia nel panorama editoriale internazionale, comincia a consolidarsi nella mente dei lettori e nelle recensioni dei critici e sgomita per farsi strada nell’affollato e variegato mare magnum dei sottogeneri della speculative fiction, è quasi naturale che si cominci a paragonarlo con altri sottogeneri, per individuare differenze e/o similitudini, sotto tutti i punti di vista. Si inizia a cercare anche eventuali precursori, in termini di racconti, romanzi e scrittori; oppure si delineano percorsi letterari o sociali che hanno portato alla nascita di quel genere di narrativa. Si avvia, in definitiva, un processo che tende a legittimarlo.

Così, quando il solarpunk ha cominciato a imporsi come nuovo genere della fantascienza è stato quasi naturale contrapporlo alla distopia. Da un lato c’è una visione positiva del futuro, costruita su parole chiavi come sostenibilità, svolta green, pace, economia e dall’altro c’è una visione decisamente negativa, in cui l’uomo e la società sono succubi di un potere forte e autoritario e in cui i diritti elementari delle persone sono continuamente schiacciati in nome del dominio e della conformità delle masse.

La domanda da porsi, dunque, è: la distopia e il solarpunk sono davvero in contrapposizione?

Intanto, vale la pena sottolineare l’arco temporale che divide i due filoni. Da un lato abbiamo la distopia che nasce all’inizio del Novecento, con qualche precursore già individuabile alla fine dell’800, e che periodicamente torna in auge in alcuni decenni del secolo scorso, ma di fatto è all’inizio del Terzo Millennio che diventa un filone di grande successo, tanto nella letteratura quanto al cinema e in televisione. Tant’è che molti critici cominciano a dissociarlo dalla fantascienza e a considerarlo un genere a sé. Anzi, per molti altri è addirittura un filone della letteratura più assimilabile al mainstream letterario, piuttosto che alla speculative fiction.

Il solarpunk, invece, è molto più recente. Se ne comincia a parlare nel 2008 ed esplode dal 2011 in poi, riscuotendo un discreto successo quasi immediatamente anche a livello internazionale.

Il primo genere che viene paragonato al solarpunk è il cyberpunk, a causa soprattutto della desinenza punk. L’accostamento è fino ad un certo punto accettabile. Il cyberpunk, nato alla metà degli anni Ottanta del Novecento, descrive un futuro allucinante, dominato dalle multinazionali, dove l’informazione è merce di scambio e l’uomo diventa sempre più una propaggine delle macchine, attraverso un’inesorabile fusione tra carne e metallo in un unico corpo nuovo. I protagonisti dei racconti e dei romanzi cyberpunk sono hacker, prostitute, biscazzieri, punk, trafficanti, ladri, pirati informatici, balordi, senza un lavoro e desiderosi solo di sperimentare nuove tecnologie o droghe che producano una effimera felicità. In altre parole, sono degli emarginati, eroi solitari, costretti a combattere contro le multinazionali senza scrupoli, semplicemente per sopravvivere in un mondo intriso di tecnologia fino al midollo.

Il cyberpunk è un universo distopico e quindi totalmente opposto a quello del solarpunk. Nel filone nato alla metà degli anni Ottanta, le storie ruotano intorno a singoli o gruppi isolati di uomini e donne tentano di opporsi al mondo delle multinazionali e dell’economia capitalistica. Lo strumento di oppressione e anche quello della ribellione è la tecnologia. L’unica cosa in comune tra cyberpunk e solarpunk è proprio quella desinenza punk, che per entrambi i filoni narrativi significa “ribellione” allo status quo, attivismo politico per cambiare la società e il modo di vivere delle persone comuni.

Se con il cyberpunk c’è sostanzialmente una differenza quasi totale e quel quasi lo abbiamo individuato nella voglia di ribellione che i protagonisti delle storie hanno in comune, con la distopia siamo decisamente su fronti opposti. Una visione positiva contro una visione negativa del futuro, un mondo che si può e si deve cambiare contro una società che è quasi impossibile cambiare contro. Nel solarpunk anche i gesti di un singolo individuo possono concorrere alla costruzione di una società migliore per tutti, per non parlare della partecipazione alla democrazia, mentre nella distopia la vita di ogni singolo uomo o donna è controllato fin nei dettagli, annullando di fatto la privacy personale in nome dell’omologazione.

C’è un filone della letteratura che, invece, accomuna solarpunk e distopia ed è l’utopia. La visione di un mondo ideale, a cominciare da quello idealtipizzato da Thomas More nel suo l’Utopia del 1516, contrapposto alla società presente, è di fatto il filone narrativo più vicino al solarpunk. Una società in cui la comunione dei beni, la collettività, l’armonia con la natura, il rifiuto di una economia basata sul danaro, sono tratti dell’utopia che il solarpunk ha fatto propri e che sono di fatto nel suo DNA. D’altro canto, la distopia è nata proprio in contrasto all’utopia e pertanto, come il solarpunk, si può considerare il suo opposto.

In definitiva, solarpunk e distopia disegnano due futuri totalmente diversi, che non hanno nulla in comune nei loro tratti essenziali, se non il fatto di essere – nonostante l’arco temporale che li divide alla nascita – due dei filoni della speculative fiction, e della fantascienza in particolare, che hanno riscosso l’interesse di lettori e critici.