Momento nostalgico: avere tra le mani il volume numero 8 della collana Cosmo Serie Oro, aprirlo e essere inghiottito dagli intrighi complessi che oppongono la casata Atreides agli Harkonnen, mentre attorno a loro le Bene Gesserit, i Navigatori, i Tleilax, i Mentat sono tutti intenti a tessere trame intorno al protagonista, Paul Atreides, alias Muad Dib, Usul, lo Kwisatz Haderack, il Messia di Dune.

Stiamo parlando di Dune di Frank herbert, e di materiale ce n'è anche troppo per un solo film, e mentre la saga dei romanzi proseguiva con salti a volte millenari, presentandoci l'affresco di una galassia futura dove l'umanità evolve pur rimanendo sempre posseduta dalla smania di potere, il cinema inizia a pensarci su.

Teniamo conto che se la prima edizione italiana del romanzo è del 1973, quella USA è del 1965, e quando nel 1975 Alejandro Jodorowsky, forte del potere contrattuale ottenuto dal successo della sua pellicola La montagna sacra si sente chiedere quale film vorrebbe girare non ha esitazioni: Dune. Quel libro che da dieci anni costituisce una lettura costante tra gli appassionati.

È nel documentario Jodorowsky's Dune del 2013, che il regista racconta della nascita e del naufragio di questo suo amatissimo progetto. Una pellicola che avrebbe intenzionalmente “stuprato” il romanzo di Herbert, come dichiara lo stesso Jodorowsky, per farne un film iniziatico, che smuovesse le coscienze e facesse risvegliare/nascere l'eroe interiore di ciascun spettatore, una vera esperienza psichedelica. Per questo motivo il finale del film era totalmente diverso da quello del libro. Secondo Jodorowsky il destino di Paul era il sacrificio estremo e, dopo la sua morte (che avveniva alla presenza dell'imperatore in un ambiente identico alla scena finale del film e del libro) tutti i presenti, a poco a poco, avrebbero dichiarato: “Io sono Paul Atreides”, dimostrando che la morte del messia aveva generato una marea di figli risvegliati.

Nel cercare di realizzare il suo progetto, Jodorowsky coinvolse quelli che definisce “guerrieri” ovvero Dan O' Bannon (responsabile degli effetti speciali di Dark Star), Chris Foss (uno dei migliori artisti concettuali e illustratore di fama mondiale), HR Giger (il padre creatore di Alien) e Jean Giraud il fumettista altrimenti conosciuto come Moebius, con cui poi Jodorowsky collaborerà per il grande fumetto L'Incal. Ciascuno di questi artisti, dopo il fallimento del progetto (dovuto soprattutto alla scarsa fiducia che Jodorowsky suscitava in quanto regista per le major di Hollywood) ha generato film e opere fondamentali nella fantascienza, quasi che questo progetto, in qualche modo, sia riuscito, pur non avendo mai avuto vita, a generare “figli”.

Di sicuro l'enorme libro con lo storyboard completo del Dune di Jodorowsky può essere considerato un oggetto di enorme fascinazione e la sua presenza negli studios americani non ha potuto che generare idee e indurre ispirazioni (se non qualche vera e propria copia).

Nel 1984 David Lynch (regista che Jodorowsky apprezzava, ma il cui film non vedrà mai) girerà Dune sotto la produzione di Raffaella De Laurentiis, che lavorerà consultando e saccheggiando il lavoro preparatorio di Jodorowsky.

Il film che ne è uscito, lo sappiamo, è allo stesso tempo un fallimento commerciale ed un cult.

Leggenda vuole che Lynch avesse proposto un film di circa sei ore, poi sottoposto a tagli di ogni genere per farlo stare nei 137 minuti della versione vista al cinema.

È probabile che la versione da sei ore sia, come ha dichiarato la De Laurentiis, tutto il girato del film (quando si va in sala di montaggio il girato è sempre più lungo di quella che sarà la versione definitiva) ma, nonostante questo, negli anni ci sono stati progetti di rimontaggio con scene inedite fino ad arrivare alla Dune Alternative Edition Redux Fanedit di 178 minuti, a disposizione su Youtube e decisamente di ottima fattura.

Il Dune di Lynch è realmente un cult, uno di quei film che, pur pieno di difetti (personaggi e storyline talvolta sprecati in pochi minuti, tutto il lavorio mentale dei protagonisti del romanzo riportato con sussurrate voci fuori campo a volte fastidiosissime) ha anche enormi pregi, uno fra tutti l'immaginario visuale che anticipa di almeno un paio d'anni la nascita dello steampunk. E, inoltre, ci presenta un ottimo cast di attori, il giovane Kyle Mclachlan poi diventato vero attore feticcio di Lynch, William Hurt, un Patrick Stewart al suo primo ruolo Sci-fi oltre a Sting, nipote del più odioso cattivo: il barone Vladimir Harkonnen, pazzo sanguinario e perverso interpretato da un Kenneth McMillian in totale stato di grazia.

Il cammino di Dune non si ferma a questo film. Nel 2000 è la volta di Sci-Fi Channel che produce Dune, il Destino dell'Universo, una miniserie della durata complessiva di 273 minuti, che se in alcune scene sembra fin troppo “ispirato” al film di Lynch, nell'impianto scenico e costumistico, invece, sembra rifarsi di più ai disegni preparatori di Jean Giraud per il progetto di Jodorowsky.

William Hurt nella parte del Duca Leto, padre di Paul Atreides (interpretato da Alec Neman, giovane attore scozzese di cui questa interpretazione resta la più importante), e Giancarlo Giannini nella parte dell'imperatore Shaddam Padisha IV portano un afflato di grande produzione. Gli effetti sono abbastanza buoni, ma in alcuni casi meno affascinanti rispetto a quelli di John Dykstra e Carlo Rambaldi nel film di Lynch. La lunghezza, però, fa capire quanto la dimensione di Dune sia quella seriale piuttosto che un one shot cinematografico.

A questa segue la serie Figli di Dune con un James McAvoy giovanissimo nella parte del figlio di Paul Atreides, Leto, destinato a diventare l'Imperatore Dio di Dune e Susan Sarandon nei panni di sua zia per parte di madre che raccoglie il manto dell'avversario di casa Atreides.

Lo sguardo di Paul Atreides (Alec Newman) in "Children of Dune".
Lo sguardo di Paul Atreides (Alec Newman) in "Children of Dune".

Queste due serie restano a tutt'oggi le produzioni con il maggior successo di Sci-Fi Channel (il canale che oggi conosciamo come SyFy) e si fermano alla fine dei primi tre romanzi del ciclo di Dune, quando il figlio Leto, imperatore e tiranno, abbraccia il Sentiero Dorato dove vuole guidare in pace e prosperità l'intero genere umano sparso tra le stelle.

I successivi romanzi, come dicevamo all'inizio, narrano di eventi avvenuti tremilacinquecento anni dopo il precedente romanzo, presentando forse qualche problema in più in termini di adattamento per lo schermo.

Sarà estremamente interessante, a questo punto, vedere come Denis Villeneuve (che ha nel suo carnet Arrival e Blade Runner 2049) si rapporterà con il corpus dei romanzi di Frank Herbert (che conta prequel e sequel ad opera del figlio Brian, in collaborazione con Kevin J Anderson) e sarà stimolante scoprire quali scelte farà in termini di progettazione del mondo, di stile visuale, perfino nelle scelte musicali (Jodorowsky, ad esempio, aveva contattato i Pink Floyd e voleva che ogni singola casata fosse rappresentata da un singolo complesso rock), quali saranno le decisioni del casting.

Nell'attesa vi consiglio vivamente di recuperare il documentario Jodorowsky's Dune, di ridare un occhiata a film e serie ma soprattutto, di leggere o rileggere i romanzi del ciclo, per ripassare personaggi e intrighi di una saga epocale (con i suoi alti e bassi) per la fantascienza.