Le Worldcon sono macchine estremamente complesse da organizzare: migliaia di partecipanti, strutture enormi, decine di sale che portano avanti un programma di centinaia di interventi. D'altra parte, si paga molto per partecipare, cifre che superano anche abbondantemente i cento dollari, di sola iscrizione.

Si paga molto, ma si chiede molto. La convention deve seguire una lunga lista di regole, molte scritte ma anche molte non scritte. E soprattutto deve seguire lo spirito di una Worldcon, ovvero un incontro degli appassionati di fantascienza per celebrare la fantascienza e i suoi protagonisti.

Quest'anno la Worldcon si svolge a San José, in California, forse per la prima volta una worldcon americana tra due worldcon europee, Helsinki nel 2017 e Dublino nel 2019. E a quanto pare l'organizzazione è partita molto male.

Il primo "guaio" è scoppiato con lo scrittore Bogi Takács, che il 23 luglio ha scoperto sul sito della convention che la sua biografia era stata modificata rispetto a quella che  aveva inviato. La modifica era per questa persona particolarmente sgradevole: Bogi è un "agender", persona che non si riconosce in nessuno dei due sessi e che si batte per l'uso di una forma particolare di pronomi (e/em/eir/emself). Nella bio apparsa sul sito erano stati “corretti” tutti al maschile.

Poche ore dopo un altro scrittore, il singaporeano JY Wang, veniva a sapere che l'organizzazione non aveva ritenuto di includerlo nel programma in quanto, pur essendo finalista all'Hugo, era “poco noto”.

Queste due notizie apparse in poche ore, unite ad altri contrattempi, hanno scatenato un'ondata di tweet critici nei confronti dell'organizzazione.

Senza fare alcuna polemica, l'organizzazione della Worldcon ha provveduto prima a scusarsi via twitter, e poi a rilasciare un comunicato nel quale si ammetteva di aver fatto un pessimo lavoro e che il programma sarebbe stato stracciato e rifatto, cercando di essere inclusivi e di accogliere ogni tipo di voce, giovane e meno giovane, nazionale e internazionale.