Seduto a un bar, spavaldo, con il suo inconfondibile sorriso da canaglia e un “folgoratore al fianco”, Harrison Ford nel 1977 ci presentava per la prima volta Han Solo, il contrabbandiere senza fede, in Star Wars Episodio IV: Una Nuova Speranza. Nato dall’inesauribile estro creativo di George Lucas, pensato inizialmente con un aspetto alieno e decisamente diverso, Han veniva descritto come l’antitesi di Luke Skywalker. Apparentemente egoista e sbruffone, avido e calcolatore, nascondeva la sua vera natura e il suo grande cuore.

Oggi, Ron Howard, presenta il suo Han Solo (interpretato da Alden Ehrenreich), un giovanotto in erba, consapevole della propria gravosa responsabilità e dei propri limiti.

Corellia, fumoso pianeta popolare del Nucleo Galattico sotto la giurisdizione Imperiale. Han sogna di diventare il migliore pilota della Galassia e si propone con tali aspettative per l’Accademia di volo su Carida, cedendo alla propaganda imperiale. Incontra sul campo di battaglia un manipolo di pittoreschi individui, cui capo è il Capitano Tobias Beckett (Woody Harrelson) un criminale, suo futuro mentore e padre putativo. Mosso da alcune ragioni personali che gravitano intorno a Qui’Ra (il personaggio interpretato da Emilia Clarke) e dopo aver incontrato il “possente” Wookie Chewbacca, Solo innesca una serie di eventi a catena che lo porteranno a scontrarsi con la ricca organizzazione malavitosa Alba Cremisi retta da Dryden Vos (Paul Bettany). Il resto è storia.

Le vicende che seguono sono ciò che gli appassionati, negli ultimi quarant’anni, hanno provato a immaginare, avanzando ipotesi e correlando i molti indizi che la saga originaria forniva. Centrale è la partita vinta da Han, giocando a carte contro l’amico-nemico Lando Carlissian (Donald Glover) per mettere le mani sulla leggendaria astronave, il Millennium Falcon, e come sia riuscito, con quella nave, a fare l’impossibile “Rotta di Kessel in meno di 12 parsec”.

A livello tecnico, si nota come la fotografia di alcune sequenze è palesemente studiata per evocare immagini molto note della trilogia classica, dallo schiacciatore di rifiuti della Morte Nera alla tana del Rancor, rimandi forse non immediati per chi non ha dimestichezza con l’argomento; lo stesso vale per le numerosissime citazioni e riferimenti, che molto devono alle precedenti storie scritte per il personaggio prima che fosse fatta tabula rasa nel 2014 (ribattezzate ora come “Legends”).

La colonna sonora originale di John Powell è mescolata con alcuni brani classici dello storico compositore John Williams, che ha scritto egli stesso il tema principale. Lodevole il lavoro svolto dai costumisti e dal dipartimento delle creature della ILM, la varietà e la fattura degli animatroni e dei pupazzi è infatti eccellente. Dal punto di vista narrativo, c’è qualche stonatura nella scrittura di alcuni personaggi, principalmente quelli femminili, figlie di una diversa generazione, lontane dalla presenza e dal carisma della Principessa Leia (l'intramontabile Carrie Fisher); inoltre è stato poco sfruttato il personaggio di Val (Thandie Newton), il più promettente.

La gestazione dolorosa del film, dopo il cambio di regia, (inizialmente affidata a Phil Lord e Chris Miller) ha probabilmente influito sulla frettolosa chiusa della vicenda, senza che il resto ne risulti svalutato.

Solo non è un film che parla a tutti gli spettatori, che questo piaccia o meno si rivolge ai principali fruitori della saga i fan. È un regalo esclusivo per chi avrebbe voluto da sempre concretizzare la propria immaginazione su pellicola.