Uscendo dalla stanza incontrarono Lady D e Marilyn Monroe, entrambe con i grembiuli grigi, i guanti in lattice e le cuffiette azzurre, stavano riordinando le camere di quell’ala dell’albergo, approfittando della festa in terrazzo. Era, però, una Marilyn troppo robusta, i polpacci e le caviglie grasse finivano come tuberi nelle scarpe ortopediche scolorite, spingeva il carrellino dei detersivi con aria scocciata, tergendosi la fronte con un polso. Lady D, invece, aveva un fisico conforme a quello della principessa, ma quando tentò di sorridere alla bizzarra coppia uscita dalla 1208 le si scompose il volto, facendo riaffiorare per pochi istanti l’originale di una donna di colore in là con gli anni. 

Le porte dell’ascensore si aprirono, Carl e Maria entrarono. 

Un quartetto con i volti della famiglia Simpson li accolse con un comune – Buongiorno! – C’erano proprio tutti, mancava solo la piccola Maggie. Da un breve scambio di battute, la coppia appena entrata capì che anche i Simpson stavano andando al party nell’attico dell’hotel. Era un sabato mattina e tutti i clienti erano stati invitati ad accogliere il week-end a bordo vasca con un drink in mano, ospiti della direzione. 

L’ascensore terminò la sua corsa direttamente nel portico all’ultimo piano, a pochi metri dalla piscina. Carl, che per quell’occasione aveva selezionato il volto di un giovane Adolf Hitler, lasciò passare Homer, Marge, Bart e Lisa. Marge sembrò non gradire la scelta di Carl, uscì per prima dall’ascensore, fulminando con lo sguardo il dinoccolato dittatore. La sua indignazione fu così violenta che per qualche secondo il volto originale riaffiorò integralmente, svelando una pallida cinquantenne senza labbra e dal naso adunco. Homer aprì le braccia e sorrise con un “dho!”, uscì dall’ascensore e si dileguò nella calca già festante.

– Ciucciati il calzino! – esclamò il ragazzo con il volto di Bart, prima di togliersi la maglietta per lanciarsi in piscina.

– Che ti prende? – domandò Carl alla moglie corrucciata.

– Dovevi proprio scegliere Hitler? – sbottò Maria, dopo qualche secondo, aggiustandosi l’ampia scollatura del vestitino rosso. 

Quel giorno portava il volto di Madre Teresa di Calcutta prossima alla morte.

– Ma se siamo una coppia perfetta! – sorrise Carl. 

– Questa non è una festa in maschera. 

– Avresti forse preferito avere accanto Giulio Cesare, magari uno dei Kennedy?

– Dacci un taglio Carl.

– O quel testa a pera di Edgar Allan Poe, come il nuovo fidanzato di tua sorella Ellen?

Rimasero sotto il portico per qualche istante, osservando la gente che si divertiva intorno alla piscina. Carl accese una sigaretta, facendo scomparire il pacchetto in una delle tasche del pantalone militare; aveva deciso di vestirsi in maniera sportiva quella mattina, erano pur sempre in vacanza. Una maglietta elasticizzata esaltava il suo fisico longilineo, le scarpe da runner con le tre bande laterali giallo fluo confermavano questa sua passione. Sua moglie era decisamente più sexy, la mise che aveva scelto avvolgeva le sue procaci forme lasciando poco spazio all’immaginazione, dei tacchi vertiginosi la portavano quasi alla stessa altezza di Adolf Hitler.

– Dietro ogni volto c’è sempre una dichiarazione d’intenti. – sentenziò Maria, stizzita.

– Allora cosa dovrei pensare proprio di Ellen versione Moana Pozzi, solo qualche giorno fa?

Non mettere nuovamente in mezzo mia sorella!

Vado a farmi un drink… – sbuffò Carl, spegnendo la sigaretta in un posacenere a forma di mano – E anch’io ti avrei preferito Grace Kelly o Gina Davis con quel vestito.

Voltò le spalle alla moglie e s’indirizzò versò il bar che costituiva uno dei lati della piscina al centro del terrazzo. Notò che c’erano già tante persone sbronze, i tavoli erano tutti occupati così come le sdraio, nella pista da ballo alcune donne danzavano tra di loro, di certo un paio dovevano essere uomini, si capiva da come oscillavano in modo maldestro sui tacchi. Per un attimo intercettò Bart Simpson sul trampolino, dietro di lui una ragazza in bikini con il volto rugoso di Iggy Pop aspettava il suo turno per tuffarsi, ancora più indietro c’era Yoda in costume da bagno e occhiali da sole.

Cosa posso servirle?

A parlare era stato John Wayne in tenuta da barman, farfallino nero e tovagliolo sull’avambraccio; un sorriso che era più una dissonanza frizzava agli angoli della bocca. Carl non rispose subito, attratto dal collega del Grinta, Yul Brynner con tanto di cappello nero e cravattino di pelle. Alle spalle dei due pistoleri s’intravedevano Paul Newman e Robert Redford alle prese con il fustone del selz sotto il banco. Redford bestemmiò e svelò il tipico volto caucasico di un baffuto immigrato dell’est Europa.

Signore? Mein Führer? – osò John Wayne, il viso scomposto rivelava tratti orientali.

Carl continuò a non rispondere, incuriosito dalla strana commistione di linee somatiche di fronte a lui. L’impianto fornito al personale dell’hotel doveva essere di quelli base, sicuramente non aggiornato come gli ultimi, costosi modelli utilizzati da Carl e Maria. A ogni imprevisto mutamento espressivo poteva succedere quel che era già accaduto a Lady Diana o a Marge Simpson nell’ascensore: il software sottocutaneo non riusciva ad adattare velocemente la “maschera” senza svelare, anche se solo per pochi istanti, i lineamenti originali del viso. Il bug si era appena ripetuto con John Wayne, che, imbarazzato per l’accaduto, armeggiò con i plug-in sui lobi delle orecchie, ritrovando alla fine la giusta combinazione per stabilizzare l’uomo tranquillo di Hollywood.  

Un Martini, grazie. – fu la scelta di Carl.

Lo stesso incidente era accaduto il giorno prima nella hall a due nuovi clienti. 

John Lennon e Yoko Ono erano apparsi con passo sicuro dalla gigantesca porta girevole dell’hotel, ma quando erano giunti alla reception i loro volti erano tornati per alcuni minuti quelli di una giovane coppia di sposi in luna di miele. Carl aveva ascoltato le lamentele di Lennon nei confronti dell’agenzia di viaggi che aveva garantito un pacchetto di ultima generazione con oltre cento personaggi famosi a disposizione per tutta la durata del soggiorno, senza il rischio di bug o improvvise deframmentazioni. Ricordando quella scena, adesso, con il Martini in una mano, anche lui accarezzò il lobo dell’orecchio destro, rincuorato dal vedere il volto autoritario del suo despota perfettamente riflesso nello specchio di fronte. 

Indirizzandosi verso la piscina, trovò sua moglie intenta a discutere con Amy Winehouse e Charles Manson; quest’ultimo stringeva la mano di un bimbo con il volto stilizzato del Piccolo Principe. Alzando il drink in segno di saluto, fu accolto tra il satanista con il bambino e la musicista.

Ecco il mio baffone! – esclamò Maria ridendo, versandosi addosso parte del cocktail.

Quello era Stalin. – rispose Carl, ignorando Manson, Amy e il Piccolo Principe.

Che differenza fa? Li porti bene i dittatori tu. – disse sua moglie, stampando un sonoro bacio sulle labbra di Adolf.

Questa volta anche Carl sorrise. 

Mentre Hitler e Madre Teresa continuavano a scambiarsi effusioni, ritrovando alcolica sintonia, alcuni ospiti passarono accanto a loro urtandoli. 

Stava accadendo qualcosa in piscina. 

Uno scattante Leonardo Da Vinci, a torso nudo e in pantaloncini corti, finì addosso a Maria, trascinando a sé la Gioconda in topless, che sorrise impacciata senza alcuna deframmentazione. Il bicchiere di Madre Teresa di Calcutta cadde per terra frantumandosi.

– Beeellaaa coooppiiia! – sghignazzò Maria, strascicando esageratamente ogni vocale.

– Che succede lì in mezzo? – domandò Carl, senza rivolgersi a qualcuno in particolare.

Afferrò Madre Teresa dalla mano rimasta orfana del drink, facendosi strada tra la gente. Maria aveva cercato di prendere al volo un altro bicchiere da un vassoio sostenuto da Diego Armando Maradona, mancando però l’aggancio. La musica si era arrestata: “Guarda quello!”, “Come ci riesce?”, “Fantastico!”, “Lo voglio provare anch’io!”, così la folla tutt’intorno. 

Per un istante Carl rivide Bart Simpson spintonarsi sul trampolino con Elvis in miniatura, poi anche il suo sguardo fu attratto da ciò che stava accadendo a centro vasca. 

Un tizio magro, capelli lunghi e barbetta incolta, coperto soltanto da una tunica bianca, camminava scalzo sull’acqua, proprio al centro della vasca. Era un incedere lento ed elegante, le braccia lungo i fianchi con i palmi delle mani rivolti verso l’alto; osservava la folla in silenzio, il volto sereno, rassicurante.

– Dove andremo a finire? – fu Maria a parlare, nuovamente con un drink in mano, aggrappata alla spalla di un Walt Disney biondo platino e leggermente strabico. 

La gente, nonostante la spettacolarità della scena, sembrava non gradire la performance di quel Cristo sornione, ritenendo troppo ardita la scelta del personaggio e quell’eccesso di protagonismo. I mormorii d’indignazione crebbero e Maria, dopo una lunga sorsata, si unì al disagio rincarando la dose: 

– Sparisci… eeezibizionizta! – urlò indignata, masticando le “s”.

Carl la tirò a sé, togliendole il bicchiere ormai vuoto e perdendo così l’uscita di scena dell’uomo che, quasi in risposta a Madre Teresa di Calcutta, era letteralmente sparito, lasciandosi intorno il brusio della folla concentrata sul nuovo giro cocktail offerto da licenziose cameriere con i volti di alcune famose top model anni ‘90.

– Andiamo via, ne ho abbastanza. – disse Adolf, una mano dietro la schiena di Madre Teresa, leggera sulle gambe.

Maria non parlò, investita all’improvviso dall’eccessivo alcol trangugiato in quei pochi minuti. Si lasciò trascinare da Hitler verso gli ascensori, lo sguardo rivolto al gioco di cerchi concentrici nella vasca, prima che Bart Simpson li distruggesse con un tuffo a bomba. 

La festa andò avanti tutto il giorno, ma già la notte seguente anche di quel Cristo nessuno conservava più memoria.

Illustrazioni di Daniele Messineo e Roberto Riili