Sono felicemente attaccate al loro biberon e stanno bene. Si chiamano Zhong Zhong e Hua Hua e sono le femmine di macaco che un team di ricerca cinese ha clonato con la “tecnica Dolly”. La notizia è stata pubblicata sulla rivista Cell dall’Istituto di neuroscienze dell’Accademia cinese delle scienze a Shanghai.

Non è la prima volta che viene clonato un primate. Già 19 anni fa negli Stati Uniti era stata replicata la femmina di macaco Tetra, ma con la tecnica della scissione embrionale capace di racimolare soltanto una manciata di “copie” a differenza della tecnica usata per la pecora Dolly.

Il sorprendente risultato portato a casa dagli scienziati cinesi è stato proprio quello di esserci riusciti con la stessa tecnica dello storico ovino, la “Somatic Cell Nuclear Transfer” (SCNT), che prevede il trasferimento del nucleo di una cellula del soggetto da copiare in un ovulo non fecondato e privato del suo nucleo.

Tale tecnica presenta l’importante vantaggio di consentire la produzione (in teoria) di un numero molto elevato di cloni a partire da un singolo donatore, un’opportunità necessaria per creare una vasta popolazione di animali – i più simili all'uomo e  geneticamente uniformi  –  sui quali  studiare i meccanismi delle malattie umane e testare nuovi approcci terapeutici eliminando, così, l'enorme variabilità genetica tra individui che costituisce un fastidioso fattore confondente.

A differenza di quanto accaduto con altri mammiferi, come topi e bovini, nelle scimmie fino ad oggi ogni tentativo era fallito perché nei nuclei delle loro cellule differenziate sono presenti geni che impediscono lo sviluppo dell’embrione.  Gli intraprendenti ricercatori cinesi li hanno riattivati con interruttori molecolari ad hoc.

La buona notizia va oltre l’immediato risultato di avere raggiunto la possibilità di clonare delle scimmiette mediante la “tecnica Dolly”. L’aspetto ancora più importante è avere capito come “accendere” o “spegnere” determinati geni e il contributo che questa ricerca può dare nella comprensione del DNA, a supporto della lotta genetica contro molte gravi malattie diffuse come tumori, Parkinson e Alzheimer. L’obiettivo dichiarato dell'equipe cinese è la creazione di un "esercito" di scimmie geneticamente identiche da usare in laboratorio per la ricerca su tali malattie.

Sarà possibile produrre scimmie clonate con lo stesso background genetico tranne che per un gene manipolato, sottolinea  Qiang Sun, capo del Team autore della ricerca. Questo genererà modelli reali non solo per le malattie cerebrali che hanno una base genetica, ma anche per il cancro, per patologie immunitarie o metaboliche e ci permetterà di testare l'efficacia dei farmaci per queste malattie prima dell'uso clinico.

È chiaro a tutti, comunque, che lo sguardo curioso di Zhong Zhong e Hua Hua è soltanto il punto di partenza verso il faticoso percorso di affinamento della tecnica che li ha messi alla luce. Ben 79 embrioni sono stati impiantati in 21 madri surrogate: le due sorelline (o forse sarebbe il caso di chiamarle “identichine”) sono le uniche scimmiette nate vive su sei gravidanze. Del resto, la pecora Dolly era stata l'unica nata con successo su 277 embrioni impiantati.

L'annuncio ha scatenato entusiasmi, ma contemporaneamente anche perplessità e interrogativi etici. Scontata e prevedibile la reazione del Vaticano ufficializzata dalle parole del cardinale Elio Sgreccia, teologo e storico portavoce della Santa Sede sui temi della bioetica:

Una minaccia per il futuro dell’uomo […]  Al contrario della ipotesi di clonazione umana, sulla quale la Chiesa non può che esprimere la sua condanna più forte e totale, sulla clonazione animale il magistero ecclesiastico non ha finora espresso una condanna esplicita, ufficiale, lasciando il tema alla valutazione responsabile degli scienziati. Non c’è dubbio che il passaggio dalla prima pecora Dolly ad altri animali e ora persino alla scimmia, ovvero a un primate così vicino all’uomo, rappresenta un autentico attentato al futuro dell’intera umanità. C’è il fortissimo rischio che la clonazione della scimmia possa essere considerato come il penultimo passo, prima di arrivare alla clonazione dell’uomo, evento che la Chiesa non potrà mai approvare.

I più nostalgici corrono con la memoria ad altre due scimmiette famose, Miss Baker e la sua compagna Able, pioniere dello storico volo spaziale del 1959 che dimostrò la sostenibilità della vita nello spazio e che aprì la strada per l’invio del primo essere umano in orbita intorno alla terra. Sarà così anche stavolta, per la ricerca genetica e la lotta contro le malattie?