H come Milano è un bel romanzo di fantascienza, una storia cruda, crudele, cupa, terribile. Che cerca di non risparmiare nulla dell’orrore di una situazione come quella del dopobomba. Immagina con attenzione e offre la sensazione di non nascondere nulla dello scempio della città, e degli uomini. Delle morti, delle mutilazioni, delle mutazioni. Della desolazione che alligna nella mente e nell’anima dei pochi sopravvissuti.Romanzo crudo, realista questo che Emilio de’ Rossignoli pubblicò nel 1965 da Longanesi e che Meridiano Zero ha ripubblicato nei mesi scorsi nella sua collana Fantascienza (quinto volume). La storia è molto semplice. La metropoli milanese è distrutta dall’esplosione di una bomba atomica, scoppiata a causa della guerra mondiale. La guerra mondiale definitiva, quella che il mondo degli Anni Cinquanta e Sessanta temeva come sfogo della tensione fra le due grandi “super potenze”, Unione Sovietica e Stati Uniti d’America, blocco comunista e blocco capitalista. De’ Rossignoli era un giornalista e uno scrittore di buon livello. Aveva scritto numerosi gialli, di norma firmati con pseudonimo americano (Martin Brown, Emil Ross, Jarma Lewis, Tim Dalton, Ed Rhodes, Sandy James). Soltanto con questo romanzo, H come Milano, de’ Rossignoli firmò con il suo vero nome. E in effetti si tratta di un romanzo originale, per quanto sia ispirato a Io sono leggenda di Richard Matheson. Tuttavia rispetto al romanzo di Matheson risulta ancora più raccapricciante. La Milano del dopobomba è presentata nelle sue rovine, nel suo risvegliarsi improvvisamente nell’inferno.

Il Duomo è rimasto in piedi, danneggiato qua e là, come un panettone addentato da un gigante goloso. Il resto è caos, frammenti, poltiglia, ricordi.

Della grande Milano, della Storia, rimane soltanto il vecchio gigante, ammaccato, ma ancora in piedi. È la storia di un uomo sopravvissuto che subito, nelle prime pagine, incontra una ragazza, Milva, sedicenne. La invita a stare con lui, a condividere quei giorni che restano. Il romanzo narra le peripezie per cercare di sopravvivere, alcuni barlumi di speranza, il formarsi di bande di disperati che cercano di accaparrarsi quello che si pensa possa servire alla sopravvivenza. L’organizzazione di un inutile ospedale. La possibilità di un antidoto alle radiazioni.

Seguiamo il protagonista e Milva in questa lotta disperata, la ricerca di un rifugio, del cibo, gli incontri con un’umanità resa folle dalla catastrofe, dentro paesaggi un tempo familiari.

Andiamo senza guardare, timorosi del peggio, evitando d’istinto i mucchi più impervi, dove con maggiore probabilità si cela l’atrocità di un agonizzante, l’incubo di un vivo che sconvolge la regola silenziosa dei morti.

È un romanzo forte, questo di de’ Rossignoli, per certi versi superiore a tanta produzione analoga americana. Superiore per il grado di approfondimento e di realismo del dolore, delle ferite che una tragedia del genere scatena. Incontriamo gli uomini lombrico, le bande di “Terùn” che controllano armati le preziose acque del Naviglio, poi una specie di polizia fanatica che se la prende con i più disgraziati. Ma è tutto effimero, tutto destinato a spegnersi in pochi giorni. Sopra ogni cosa, anche sopra quello strano e sparuto germoglio d’amore tra il protagonista e Milva, incombe la realtà della tragedia.

Ha fatto molto bene l’editore MZ a riproporre questo romanzo. Ci si può chiedere se esistano altri piccoli capolavori come questo, di fantascienza italiana, dei decenni scorsi, di cui si sia persa memoria. Sarebbe buona cosa riscoprirli e riproporli. Emilio de’ Rossignoli scrisse un altro romanzo in qualche modo fantascientifico, Lager dolce lager, apparso nel 1977 da Ennio Ciscato Editore, che pure promosse una interessante collana di fantascienza. Scrisse una terza opera di sapore fantascientifico, Dottore in strage, la propose a Rizzoli che non la pubblicò. Emilio de’ Rossignoli è morto a Milano nel 1984, aveva 64 anni.