Negli ultimi tre anni mi sono interessato allo scouting e alla pubblicazione di numerosi racconti di fantascienza dal mondo. Sull’etichetta indipendente Future Fiction ho pubblicato più di 60 storie tradotte dall’inglese, francese, spagnolo, portoghese e cinese. Proprio la Cina ha rappresentato la novità più clamorosa degli ultimi anni con l’affermazione di due autori – rispettivamente Liu Cixin (刘慈欣) e Hao Jinfang (郝景芳) – ai premi Hugo 2015 e 2016 nelle categorie romanzo e novelette, rispettivamente con “Il problema dei tre corpi” (三体), edito per Mondadori e “Pechino pieghevole”(北京折叠), pubblicato sulla rivista Robot nr. 79.

Eppure mai avrei pensato di essere invitato dal prof. Wu Yan alla quarta convention internazionale di fantascienza di Chengdu per il lavoro di promozione e diffusione della narrativa cinese in seguito alla pubblicazione di Nebula, la prima antologia di fantascienza contemporanea in doppia lingua, pubblicata grazie al contributo dell’Istituto Confucio di Milano, dell’azienda cinese Storycom e alle traduzioni di Chiara Cigarini, Gabriella Goria e Alessandra Cristallini.

Certo il tema del multiculturalismo è in forte espansione in Europa e nel Mondo (ne sono prova i tanti panel alle ultime EuroCon di Barcellona e Dortmund e alla recente WorldCon di Helsinki) e anche negli Stati Uniti, storicamente poco inclini a pubblicare storie provenienti dal resto del mondo (si veda lo studio della Rochester University sul problema del 3%) le cose stanno cambiando.

Riviste come Clarkesworld, Strange Horizons (e la collegata Samovar sulla fantascienza in doppia lingua) e ancora Apex Books e Lightspeed pubblicano quasi ogni mese autori e autrici provenienti da paesi e culture non anglofone. Non tutte queste riviste traducono i racconti direttamente dalla lingua originale, aspettando i testi già in inglese, ma è comunque un passo in avanti verso la consapevolezza del fatto che ritenere l’inglese come unica fonte mondiale di fantascienza sia quanto meno riduttivo, se non proprio sbagliato.

In questo contesto, scoprire che la Cina esporta i propri autori all’estero e si interessa di fantascienza dal mondo, è stata una piacevolissima sorpresa.

Il supporto istituzionale

La quarta convention internazionale di fantascienza di Chengdu si è svolta in un clima di grande partecipazione e supporto da parte delle istituzioni locali e addirittura del Governo cinese, segno che la modernizzazione e lo sviluppo tecnologico, uniti alla letteratura, sono ritenuti come elementi portatori di progresso sociale e culturale.

Mai prima d’ora, a nessuna convention a cui ho partecipato in più di 10 anni (fatto confermato anche da Neil Clarke, editor di Clarkesworld) si è visto un tale supporto economico, accademico e politico per un fenomeno marginale, anche se in forte crescita, come la narrativa di fantascienza.

Cito alcuni brani dei discorsi pronunciati durante la cerimonia di apertura dal sindaco di Chengdu, dalle autorità provinciali e dal Rettore dell’Università del Sichuan:

Vogliamo trasformare la Cina in una potenza scientifica grazie all’immaginazione e all’innovazione.

La fantascienza è il ponte tra il presente e il futuro del paese e serve le masse.

L’immaginazione è il supporto per creare conoscenza, ispirare le persone a trasformare le loro vite e generare sapere scientifico nel lungo periodo.

Se i giovani sono forti, la società è forte.

Come possiamo ridurre l’ansia verso il futuro? La fantascienza serve anche a questo.

Vogliamo nutrire il nostro paese di fantascienza e contribuire così al ringiovanimento della società.

Ora, al di là della classica retorica della politica presenzialista, l’intera conferenza è stata organizzata e finanziata dalla casa editrice Science Fiction World di proprietà del governo cinese, così come il soggiorno degli ospiti nazionali e internazionali tra cui Robert J. Sawyer e Derek Kunsken dal Canada, Taiyo Fujii dal Giappone, Neil Clarke, Michael Swanwick e Crystal Huff dagli Stati Uniti, Nick Wells e Phoebe Griffin-Beale dal Regno Unito e il sottoscritto dall’Italia. Come se ciò non bastasse, l’ingresso ai tre giorni di conferenza è stato totalmente gratuito.

Un supporto del genere ha suscitato grande entusiasmo ma anche alcune lecite riflessioni: Cosa si aspetta il governo cinese dalla fantascienza? In quali termini valuterà l’investimento che sta facendo nel genere? E se le cose non andassero come previsto, taglierà i fondi destinati ad alimentare la crescita di questo tipo di narrativa, oppure la accuserà di “inquinamento spirituale” come già avvenuto in passato? E quanto tempo accorderà il governo agli scrittori e agli editori per internazionalizzare il settore, dentro e fuori la Cina? Forse i canonici cinque anni?

Spero davvero che il supporto possa durare per molto tempo, visto che il mondo ha davvero bisogno di un po’ di equilibrio nel campo della fantascienza dopo il collasso di quella russa. Non sto parlando in alcun modo di politica, sto solo richiamando un banale principio di differenti punti di vista al fine di mantenere un’offerta di mercato più ampia. Credo che a nessuno – specialmente ai promotori del libero mercanto – farebbe piacere approvvigionarsi da un unico fornitore di fantascienza mondiale – altrimenti noto come monopolio reale.

I panel

Venendo alla convention, l’offerta di contenuti è stata ampia e diversificata. Il primo panel è stato quello sulla “fantascienza oltre i confini nazionali” a cui ho partecipato insieme a Crystal Huff, organizzatrice di convention come la Readercon di Boston e l’ultima WorldCon di Helsinki, Taiyo Fujii, tra i migliori scrittori di fantascienza giapponese, Li Keqin, editor di Science Fiction World e Wu Yan, grande esperto di fantascienza cinese e da poco a capo del “Centro per la Scienza e l’Immaginazione Umana” presso la Southern University of Technology di Shenzhen.

Il panel è iniziato con l’evidenziare alcuni trend minori nella fantascienza che tuttavia potrebbe diventare molto importanti in futuro come il solarpunk, la narrativa sui cambiamenti climatici e quella post coloniale per poi focalizzare sull’importanza della conservazione della diversità nella fantascienza, soprattutto perché – a parte quello che succede in America e nel Regno Unito – nessuno sa niente di ciò che avviene nel resto del mondo.

Anche per questo motivo, grande attenzione è stata riservata ai paesi vicini alla Cina, come la Corea del Sud e il Giappone con panel specifici sulla scena nazionale e le prospettive future. A maggio 2018 verrà organizzata a Pechino la prima Asia Pacific SF Convention per coordinare le attività dei vari paesi nell’ottica di una maggiore collaborazione e scambio tra case editrici, traduttori e autori, senza dimenticare gli altri settori come l’audiovisivo e i fumetti. Nel complesso in Cina la fantascienza e i suoi derivati hanno un valore di mercato stimato attorno ai cento miliardi di dollari, come evidenziato dal prof Wu Yan nel suo discorso di apertura.

Gli ospiti d’onore hanno animato la scena con interventi molto interessanti come quello di Robert Sawyer sulle possibili relazioni tra l’umanità e le intelligenze artificiali: 1) scenario Terminator = distruzione; 2) scenario Matrix = schiavitù; 3) scenario Borg = assimilazione. Alla fine, lo stesso Sawyer ha previsto come una relazione simbiotica potrebbe essere la migliore per tutti, umani e non, visto che entrambi dovremo abitare sullo stesso pianeta per tempi abbastanza lunghi.

Particolarmente apprezzato è stato il discorso di Michael Swanwick su come riuscire a costruire storie che non indulgano più sulle classiche visioni post-apocalittiche e distopiche ma che al contrario propongano finalmente soluzioni e approcci costruttivi per un futuro migliore.

E poi ci sono stati gli scrittori cinesi, su tutti Liu Cixin il quale, con milioni di copie vendute in Cina e trecentomila nel resto del mondo della sua trilogia Il problema dei tre corpi, ha catalizzato l’attenzione generale, tanto che ovunque andasse c’erano fan ad aspettarlo con pile di libri da firmare. Ho avuto il piacere di consegnargli il suo romanzo in italiano uscito per Mondadori qualche settimana fa (e farmelo autografare, va da sé).

Oltre a Liu Cixin, il cui intervento ha avuto come tema le trasformazioni biologiche e mentali necessarie al genere umano per colonizzare lo spazio, ci sono stati molti altri scrittori e scrittrici di indubbio interesse:

Han Song (韩松) – definito come il “Kafka cinese” soprattutto per il romanzo Subway (地铁) – lavora presso l’agenzia di stampa Xinhua ed è noto per avere detto di scrivere più fantascienza durante il giorno come giornalista che non di notte come scrittore. Nel suo intervento ha parlato della storia e dell’importanza della rivista Science Fiction World: già negli anni ’90 molti degli imprenditori cinesi di oggi leggevano fantascienza, e la rivista SFW ha giocato un ruolo fondamentale nell’introdurre ai suoi lettori nuove idee, pubblicando storie di scrittori nazionali e internazionali in traduzione.  

Xia Jia (夏笳), spesso tradotta sulla rivista Clarkesworld e su Future Fiction, è una delle voci femminili più affascinanti per la capacità di unire la tradizione cinese agli sviluppi tecnologici della società, una sorta di “porridge” Science Fiction, come viene definita la sua scrittura, in cui le emozioni umane (rispetto per gli anziani, amore per i figli, senso della comunità) vengono riscritte alla luce delle innovazioni più ardite nel campo della robotica, dei social network, dell’ingegneria sociale e della realtà virtuale.

Chen Qiufan (陈秋帆), da poco nominato presidente dell’associazione degli scrittori di fantascienza cinesi, rappresenta invece l’anima tecnologica del paese. Lavorando nel settore dell’IT e per aziende digitali, s’interessa delle derive del progresso e del consumismo, inteso come accelerazione cieca e ritmi sempre più frenetici al fine di una crescita senza fine verso non si sa cosa. Al di là dell’idea di progresso copiata da quella occidentale, Chen Qiufan esprime tutti i dubbi e le perplessità insite nell’impresa titanica di ammodernare una nazione immensa in un tempo così breve. La sua critica, arguta e perspicace, gli ha assicurato il successo e numerose traduzioni all’estero: il suo romanzo The Waste Tide (荒潮) affronta il problema dei rifiuti nella società consumistica ed è di prossima pubblicazione negli Stati Uniti e in Germania.

E ancora Zhang Ran e Bao Shu: il primo ha costruito la sua carriera passando per le pubblicazioni digitali tanto da avere un grosso seguito di fan online (oltre che di critici in carne ed ossa estimatori delle sue storie) mentre il secondo ha lasciato da poco il suo precedente lavoro per dedicarsi a tempo pieno alla scrittura di genere.

Il panel sulla scoperta della fantascienza da parte del mainstream è stato una rivelazione. In Cina, un libro come Il problema dei tre corpi di Liu Cixin ha diviso l’opinione pubblica. Ci sono stati scrittori che l’hanno apprezzato e chi invece ne ha criticato il linguaggio, considerato troppo semplice e non abbastanza letterario. La discussione tra Xia Jia, Chen Qiufan, Fei Dao e Yun Chuanhong ha evidenziato inoltre come molti autori mainstream si stiano avvicinando a tematiche fantascientifiche, mentre altri rivendicano la centralità dell’uomo anziché della scienza. Alla fine la domanda fondamentale è rimasta senza risposta: che cosa determina il confine tra narrativa mainstream e fantascienza se l’una e l’altra tendono ad avvicinarsi e sovrapporsi sempre di più e con successo? Forse – e nell’aria aleggia una soluzione semplice anche se difficile da accettare – le definizioni non contano tanto quanto la qualità della letteratura.

Inoltre che la fantascienza rappresenti il modo migliore per leggere la Cina contemporanea non è un concetto nuovo, ma nuovo è invece l’interesse che il mainstream sta accordando a un genere considerato da sempre di nicchia. Se è vero che milioni di cinesi si sono affrancati in pochi anni da un vita di provincia, legata all’agricoltura e alla sopravvivenza, per trasferirsi in città e dedicarsi a lavori di concetto, allora gran parte della letteratura cinese, ancorata al passato e a un nostalgico tempo che fu, non riesce più a intercettare il presente di una nazione dove i libri sono stati sostituiti dai tablet (con mia grande sorpresa quelli che in metro tenevano davanti agli occhi uno smartphone non giocavano ma leggevano!), il numero di grattacieli è superiore a quello di qualunque altra nazione, i treni ad alta velocità collegano ogni angolo sperduto del paese e app di qualunque tipo (dalle prenotazioni di servizi, trasporti e comunicazione) hanno rimpiazzato gli uffici, allora chiunque ignori o trascuri questa realtà è destinato a scrivere per un pubblico anziano, culturalmente arretrato, e in rapida scomparsa. La fantascienza è quindi la narrativa del presente cinese e il mainstream – seppure con riluttanza – l’ha capito. Il dibattito tra critici e sostenitori del genere è entrato nel vivo e le due fazioni sono divise su quanto e quale credito accordare alla narrativa di fantascienza.

L’ultimo panel a cui ho preso parte ha trattato il tema della pubblicazione in digitale nell’era della lettura mobile (sebbene il libro sia già un dispositivo mobile). Nick Wells, editore inglese della Flame Tree Publishing, Phoebe Griffin-Beale della rivista londinese SFX e Tao Yunfei, esperto di piattaforme digitali, hanno discusso di come proteggere la proprietà intellettuale delle opere sui nuovi media alla luce di alcuni casi eclatanti di plagio verificatisi in Cina. Poi, parlando di contenuti, è emersa la differenza nelle scelte tra grandi e piccoli editori laddove i primi prediligono tematiche popolari, di grande richiamo e facilità di lettura mentre i secondi si concentrano sulla ricerca di ciò che diventerà interessante basandosi soprattutto sulla capacità di selezione per intercettare trend e voci nuove. Un mix di esplorazione e diffusione di massa che – se ben costruito – potrebbe concorre a garantire ai lettori un’offerta più ampia e differenziata possibile. La grande industria e il piccolo artigianato editoriale non sono in contrapposizione e possono (e anzi devono) collaborare in modo culturalmente costruttivo.

Ma la convention di Chengdu non si è conclusa la domenica pomeriggio perché alla fine dell’ultimo panel, Robert Sawyer, Neil Clarke, Xia Jia, Zhang Ran, Bao Shu ed io siamo stati invitati all’università del Sichuan per parlare di fronte ad alcune centinaia di studenti. Ognuno – grazie a un interprete eccezionale come Emily Jin – ha avuto l’occasione di raccontare la propria esperienza personale di scrittore in relazione al tema comune: “Come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la fantascienza.”

Ognuno ha dimostrato nei fatti che ogni pregiudizio o ostacolo apparente può essere superato se davvero si crede nel proprio sogno. Nessuno, all’inizio della propria carriera, aveva chiaro il percorso, nessuno era certo di raggiungere qualche traguardo, ma la determinazione e una buona dose di sana e incrollabile pazzia ha permesso a ciascuno di arrivare fin qui, di fronte a centinaia di studenti pieni di entusiasmo e passione per la fantascienza. Sono sicuro che tra loro ci sarà chi saprà trasformare questa esperienza in uno stimolo per diventare uno scrittore o una scrittrice.

Una nota culinaria

I cinesi mangiano di continuo. Colazione, pranzo e cena sono eventi così importanti che scandiscono i ritmi della giornata in maniera inesorabile, anzi sacra; un rito conviviale che va vissuto tutti insieme attorno a un tavolo tondo (o comunque quadrato) senza capotavola (una tradizione che si va perdendo nei ristoranti moderni). Inoltre le loro abitudini culinarie (a eccezione della colazione, identica al pranzo e alla cena, cosa alquanto ostica per un occidentale) sono simili a quelle degli italiani e nel sud soprattutto, a Chengdu, la cucina somiglia a quella tradizionale romana: intestini (come la pajata), budella (come la trippa), organi vari (come i rognoni, il fegato, la milza, la lingua e il cervello). In più loro hanno le zampe e intere anatre alla pechinese che lo chef serve affettandole in diretta accanto al tavolo dove si mangia.

L’Hot pot (la pentola calda) è la specialità del Sichuan: al centro del tavolo viene posta la pentola calda – divisa in una sezione normale e una piccantissima – dove ognuno cuoce le proprie pietanze tra carne, pesce e verdure che arrivano a ciclo continuo durante il corso di un’ora, se non di più.   

Cosa c'è nel futuro?

Uno scrittore di fantascienza, l’ultima notte a Pechino, davanti a una birra e a un piatto di ravioli con l’aceto, mi accenna al prossimo progetto del governo cinese: È pura fantascienza dice accendendo una sigaretta dentro il locale perché è tardi e nessuno controlla. Il governo vuole utilizzare i Big Data per assegnare a ciascun cittadino la giusta quota-parte di risorse in base al reddito, al consumo reale e al contributo sociale. Vogliono realizzare il grande sogno socialista.

Non so se un progetto del genere vedrà mai la luce, ma se così sarà, potrà succedere solo in Cina, da dove è probabile che proverrà buona parte del futuro che attende tutta l’umanità. Per questa ragione, data l’accelerazione tecnologica e la frammentazione socio-economica, sono sempre più convito che la fantascienza sia il manuale d’uso per capire il presente e ancora di più per orientarsi negli anni a venire.

Con la collaborazione di Chiara Cigarini