I lettori cresciuti ai tempi in cui il fumetto era considerato un sottoprodotto culturale, ricorderanno bene il potere lisergico dei giornalini, i magici oggetti in grado di ipnotizzare la fantasia dei ragazzi e far prudere i ceffoni dei grandi.

Le storie disegnate non avevano una circolazione ben accetta in molte case italiane, se si eccettuano le poche riviste con cui erano cresciuti i nostri genitori. Parliamo della trimurti formata dal Giornalino delle cattoliche Edizioni Paoline, di Vitt, l’erede ye-yé del Vittorioso, e dal blasonatissimo Corriere dei Piccoli.

Proprio su quest’ultimo periodico, evoluto in un moderno formato tabloid che ne svecchiava stile e linguaggi, il fumetto (in gran parte franco-belga) aveva una parte del leone.

Per quelli rimasti all’asciutto di albi tipo Gordon o Perry Rhodan, il CdP era un pusher con licenza di spaccio che faceva capolino ogni sabato col suo carico di meraviglia. Ed è sulle sue pagine a colori che nel 1968 sbarcava Luc Orient, il personaggio avventuroso/fantascientifico che avrebbe introdotto alla sf pletore di futuri appassionati.

L’eroe dei belgi Michel Reigner “Greg”, ed Eddy Paape in realtà appare nel 1967 sul quattordicinale Classici Audacia, in un episodio completo che presenta gli interpreti fissi della serie. Il Drago di fuoco ci porta nella foresta indiana, dove la squadra del professor Hugo Kala è alle prese con una spedizione scientifica fitta di anomalie e interrogativi inspiegabili. Il direttore del laboratorio svizzero Eurocristal 1 è accompagnato dal suo braccio destro, il solare e un po’ guascone Luc Orient, col seguito di Lora Hansen, la solita bella da tappezzeria, e il buon selvaggio Toba. Sul fronte avversario ci sono il dottor Julius Argos, riflesso deformato di Kala in versione “mad doctor” e altri loschi figuri.

Ben presto, il plot svolta dal suo repertorio jungle fatto pitoni, selvaggi e agguati, in uno scenario ufologico alla Kolosimo pronto a gettare le basi di uno scenario più ampio.

La prima stagione di cinque episodi racconta l’incontro e l’amicizia dei nostri con i pallidi alieni risvegliati dalle astronavi in panne de I soli di ghiaccio. Con Il signore di Terango l’azione si trasferisce sul lontano pianeta tenuto in scacco dal dittatore Sectan, nel successivo Gli uomini drago s’infittiscono gli scontri e le alleanze interspecie, mentre la battaglia finale de La foresta d’acciaio conclude il ciclo, riportando a casa i terrestri vincitori.

Appare evidente la classicità dell’arco narrativo, senza far perdere smalto alle storie che avvincono con il fascino degli alieni di Terango, la rappresentazione delle loro tecnologie, le razze stravaganti di sapore Raymondiano e il giusto dosaggio di suspence e favola moderna.

Gli extraterrestri di Terangopolis hanno i tratti ieratici e stilizzati delle sculture di Modigliani, una caratteristica inedita che, unita al gusto barocco/futuribile di abiti, armi e veicoli, dona originalità questo mondo. Le sceneggiature di Greg sono abili e macinano trame ben orchestrate, con frequenti colpi di scena e trovate brillanti, come la controffensiva dei buoni contro Sectan risolta con la vecchia, primitiva dinamite terrestre.

Il corpus dei nove racconti proposti dal Corriere dei Piccoli dal 1968 al 1971 e dal Corriere dei Ragazzi tra il 1973 e il 1975, rappresenta la stagione migliore del serial, tornato sulla Terra con intrecci ancora croccanti, come Il mistero delle sette luci o l’eccellente Il cratere dei sortilegi, ritmato thriller degno di un film di Hitchcock. Purtroppo, dopo Allarme per il pianeta Terra, gli otto episodi seguenti soffrono di vicissitudini produttive e una certa obsolescenza che portano a sortite mediocri, sempre più in affanno nei mutati codici del gusto fantascientifico.

Strano destino per un serial che dopo il dissidio di Paape con l’editore di Spirou rilancia il suo interesse per il fumetto, distogliendolo dal proposito di darsi alla ristorazione. Dalla Bédé al Soufflé.

Arrivando nel momento adatto, Luc Orient ha portato con sé una ventata liberatoria per il disegnatore belga, formatosi nell’animazione e attivo dal 1958 con il primo personaggio proprio, il reporter Marc Dacier su testi di Jean-Michel Charlier.

All’epoca di Dacier il tratto di Paape è ancora germinale, vincolato suo malgrado ai maestri Jijé e Hubinon (con un pizzico di George Wunder), il pubblico però non segue abbastanza la serie, nonostante l’evidente personalità del disegnatore, e lo scarso sostegno di Charles Dupuis segna la rottura con l’editore che porterà Paape alla rivista Tintin. Sulla testata concorrente, il nuovo redattore in capo

Greg invita il vecchio amico a illustrare un progetto fantascientifico, territorio ancora poco frequentato dal fumetto franco-belga dell’epoca.

La novità del genere, la sintonia e la libertà d’espressione che i due godono è proficua, consentendo l’uscita di Les dragons de feu il 17 gennaio 1967, nel numero 952 del settimanale. L’accoglienza positiva dei lettori dà modo al duo di divertirsi e divertire, sulla scorta di un impeto creativo che regala avventure piene di sense of wonder.

Nel frattempo, s’infittiscono gli incarichi, assorbendo Paape con lo sviluppo di nuovi cicli, oltre alla docenza presso l’Istituto Saint-Luc di Bruxelles. Nel 1974 Greg lascia la rivista delle Editions du Lombard passando alla francese Dargaud con la quale scrive e disegna il suo successo Achille Talon. Trasferendosi in America del 1980 per conto della Dargaud, lo sceneggiatore si allontanerà infine dalla sua produzione europea, sia in termini geografici che affettivi. Inevitabile che in questo sovraffaticamento le storie di Luc Orient non risentano (e parecchio) in termini qualitativi.

All’interno di questa parabola declinante escono episodi più fiacchi (proposti in parte in Italia da Lancio Story nel 1981/1982) che rimasticano trame sf scontate o poco plausibili. Dopo Le 6e Continent coi suoi goffi uomini-formica e La Vallée des eaux troubles, c’è un tentativo di vivificare la serie riaccendenfo la miccia degli intrecci interplanetari. Entrano in scena perciò i Dartz gli abitanti di Annatha.

Questi alieni verdastri in cerca di una nuova patria appaiono ne La porte de cristal e tra lunghi intervalli, dal 1977 al 1980, peregrinano su pianeti inospitali per essere poi sdoganati sul solito Terango, dove in assenza di Sectan troviamo a far danni il vecchio nemico Argos (vedi Le Rivage de la fureur).

È poco interessante entrare nel merito delle ultime produzioni. Il disegno di Paape, generalmente rigido ma estroso, si appesantisce sotto un’inchiostratura più manierata. La lontananza di Greg è avvertibile, facendogli tentare senza successo di rimediare ai testi coinvolgendo l’inesperto Gérard Jourd'hui.

Eddy Paape, insoddisfatto dello sceneggiatore terminerà da solo la stesura di Roubak – Ultime espoir, l’album del 1984 e con risultati altrettanto infelici scriverà il seguente Caragal del ’85. Siamo alle ultime battute.

L’album Le spores de null part del 1990 raccoglie una sequenza di episodi brevi apparsi su Tintin Pocket e sceneggiati da Greg, Jourd'hui, Duchâteau e Andreas.

Dopo gli sconvolgimenti stilistici degli humanoides associés, la sf è profondamente cambiata e l’ultima uscita ripresa in mano da Greg nel 1994, Rendez-Vous à 20 Heures en Enfer, è il commiato dai lettori di un beniamino ormai troppo attempato per reggere il confronto.

Il ricordo dell’eroe che fu, comunque, non si appanna del tutto e le Editions du Lombard nel 2008 gli dedicano una sontuosa edizione integrale in cinque volumi.

La macchina del tempo della ristampa fa il suo lavoro e basta sfogliarne le pagine per tornare a tuffarsi nelle atmosfere fatate di Terango. Galax-ahj e suoi alieni di alabastro ci stanno ancora aspettando.