Il futuro è qui, al Trieste Science+Fiction. Già dalla mattina, per gli adulti “creativi” (come indicato letteralmente nel programma) c’è uno stupendo laboratorio condotto da Matteo Organini, che insegna a progettare un oggetto, disegnarlo e stamparlo in 3D. Robe che dovrebbero essere obbligatorie nelle scuole.

Saltiamo per ragioni spaziotemporali la rassegna di corti al Teatro Miela e approdiamo diretti al Rossetti, dove ci aspetta il singolare Kati Kati di Mbithi Masya. Totalmente esterno all’ottica sci-fi, il film risulta convincente per la delicatezza con cui viene mostrata la storia di Kaleche, ragazza africana che si trova a vivere questo “limbo” dopo la morte, rappresentato come un paesino autogestito in cui scoprirà lentamente il suo passato e quello degli altri. Massimo momento poetico finora al TS+F. 

Xavier Gens, regista di Dunkirk (intendiamo proprio la città) noto per Hitman e The Divide, ci presenta una storia di lovecraftiana memoria ambientata al Polo Sud appena dopo la seconda guerra mondiale. Il nuovo addetto alla monitorazione del vento viene scaricato su un’isola dove, assieme (ma non troppo) a un burberissimo guardiano del faro, troverà nuove ottiche antropologiche dopo l’incontro con una stirpe di creature umanoidi: parliamo di Cold Skin. A dir la verità, la risultante è fin troppo stereotipata (il buon selvaggio, l’occidente conquistatore ecc. ecc.) ma il film è girato davvero bene, gli effetti speciali sono strepitosi e l’ora e tre quarti passa davvero in fretta. Abbiamo lavorato tantissimo sulla possibile evoluzione di esseri umani in ambienti marini dice il regista. E si vede, diciamo noi.

Foto: Daniel Bertacche
Foto: Daniel Bertacche

La proiezione delle 20.00 è sempre la più attesa. Oltre al pubblico di addetti al settore, giornalisti e fan sfegatati della sci-fi, la sala si riempie di appassionati di cinema che – nonostante la massiccia presenza di sale a Trieste – si fida della selezione internazionale dei curatori del TS+F. Alone, tratto da una graphic novel francese, è un ottimo esempio di film a metà tra una pretesa autoriale adulta e la volontà di accaparrarsi il pubblico giovanile o se non altro nostalgico dei teen-movies. Personaggi riusciti (una protagonista eccezionale e un paio di co-protagonisti da sbellicarsi stile Stranger Things), ritmo sostenuto ma elegante, storia accattivante e soluzioni visive originali, la pellicola di David Moreau (come non ricordare il suo Them) piace e diverte. Un gruppetto di ragazzi rimasti soli al mondo, una nebbia minacciosa, un killer manipolatore, il tutto con un alone (scusate l’omografia col titolo) dark insolito ed efficace. Peccato per il finale, che grida a squarciagola “fateci fare il seguito!”. Il regista si dà anche la zappa sui piedi promettendo a fine film la spiegazione del criptico finale e deludendo la platea con un banale “può essere interpretato in più modi”. La realtà viene fuori poco dopo, quando ammette che Alone non ha incassato abbastanza per la creazione di un seguito. Ma a me piacciono i finali aperti. David, hai mai pensato a un remake de La volpe e l’uva?

Foto: Daniel Bertacche
Foto: Daniel Bertacche

Chiudiamo con un film che ha destato pareri discordanti. Sale sul palco nuovamente Xavier Gens, questa volta nelle vesti di produttore, assieme al regista Mathieu Turi, ma nessuno li guarda: il pubblico inizia ad ululare alla vista delle lunghe gambe di Brittany Ashworth, protagonista dell’horror-sentimentale Hostile. Proviamo a fare una sintesi (SPOILER ALERT): una donna vive nella solita realtà post-apocalittica, con i soliti ex-umani che gironzolano a caccia di vivi. Si ribalta con la jeep, si spezza una gamba e mentre è là a difendersi da uno scheletrico zombi ripensa alla storia d’amore avuta con un ricco e bell’uomo. Nella nostra fila si rideva pensando a una possibile svolta narrativa che – incredibilmente – si è manifestata: la creatura è niente di meno che il bell’uomo in persona. Il film è ben fatto e gode di un buon ritmo. Ma qualche risata nel finale (che avrebbe dovuto, immaginiamo, far piangere o se non altro riflettere) ci fa dubitare della riuscita di Hostile. Comunque va detto che, rispetto ad esempio a Salyut-7 (vedi giorno due del festival), si è lavorato certo con stereotipi ma avendo almeno il coraggio dell’azzardo. Noi approviamo le scelte di Mathieu Turi sia riguardo al finale, sia riguardo alle cosce.

Oggi vince la Palma di Kevlar di Fantascienza.com uno dei pochi film che abbiamo perso: il bellissimo e bruttissimo Plan 9 from outer space di Ed Wood (riguardate il bio-pic di Tim Burton). L’ho perso per vedere questa schifezza, ti pensi che cosa orribile? sbotta Matteo fuori dal Rossetti dopo Hostile.

Poi ci sarebbe Mayhem al Teatro Miela ma, con il Fantastic Film Forum la mattina dopo, decidiamo di infilare le ciabatte nell'ottimo hotel riservatoci dal festival.

Che la fantascienza sia con voi.