L'anno è il 1994. Il luogo è l'Italia. Valerio Evangelisti irrompe sulla scena della fantascienza nazionale aggiudicandosi il premio Urania con il suo romanzo inedito Nicolas Eymerich, inquisitore. Il romanzo vende molto di più della media degli altri pubblicati nel corso dell'anno sulla collana della Mondadori. Il resto è storia: 11 romanzi, 3 radiodrammi, varie versioni a fumetti, premi internazionali e traduzioni in tutta l'Europa. Valerio Evangelisti diventa un punto di riferimento sia per il mondo della science fiction nostrana sia per tanti appassionati lettori che ne certificano il successo come scrittore, anche quando si dedica ad altre tipologie storie.

Nato a Bologna nel 1952. Dopo avere pubblicato volumi e saggi di storia, si è dedicato interamente alla narrativa con il primo romanzo, Nicolas Eymerich, inquisitore, che ha vinto il premio Urania. Per Mondadori sono seguiti Le catene di Eymerich (1995), Il corpo e il sangue di Eymerich (1996), Il mistero dell’inquisitore Eymerich (1996), Cherudek (1997), Picatrix, la scala per l’inferno (1998), Magus. Il romanzo di Nostradamus (tre volumi, 1999), Il castello di Eymerich (2001), Mater Terribilis (2002), La furia di Eymerich (fumetto illustrato da Francesco Mattioli, 2003), Antracite (2003), Noi saremo tutto (2004), Il collare di fuoco (2005), Il collare spezzato (2006), La luce di Orione (2007), Controinsurrezioni (2008, con Antonio Moresco), Tortuga (2008), Veracruz (2009), Rex Tremendae Maiestatis (2010), One Big Union (2011), Cartagena. Gli ultimi della Tortuga (2012) e i tre volumi de Il Sole dell’Avvenire: Vivere lavorando o morire combattendo (2013), Chi ha del ferro ha del pane (2014) e Nella notte ci guidano le stelle (2016). Per Einaudi ha pubblicato Metallo urlante (1998) e Black Flag (2002), mentre per Cento Autori è uscito nel 2016 il romanzo breve Gocce nere.

Giunti ha pubblicato Day Hospital (2012), cronaca della battaglia vittoriosa dell’autore contro una malattia letale. Ha fondato, e dirige, la notissima e-zine politico-letteraria “Carmilla” (www.carmillaonline.com).

Lo abbiamo intervistato in occasione dell'uscita in libreria dell'undicesimo romanzo di Eymerich, dal titolo Eymerich risorge (Mondadori). Come per tutti i romanzi del ciclo, la trama si articola in tre piani temporali che finiscono col convergere: nel 1374 Eymerich è sulle tracce di eretici valdesi che rappresentano una grave minaccia per la Chiesa di Roma; ai nostro giorni, il fisico Marcus Frullifer – altro personaggio ricorrente della saga – ha elaborato una formula matematica in grado di scardinare le fondamenta della fisica; infine, in un futuro lontanissimo, una presenza misteriosa incombe dalla Luna cercando di fare proseliti con le sue teorie sulla reversibilità del tempo.

Sono passati sette anni dall'ultima uscita di un romanzo con Eymerich protagonista e ben diciannove dall'uscita di Nicolas Eymerich, inquisitore su Urania. Quale bilancio ti senti di trarre dell'intera saga, che è arrivata a ben 11 romanzi, senza contare le versioni a fumetti, il videogioco e gli sceneggiati radiofonici? 

Mi scrivono giovani lettori o aspiranti autori per dirmi che sono cresciuti con me, o per meglio dire con Eymerich. La cosa mi inquieta, perché il tempo è passato più in fretta di quanto mi accorgessi. Ma mi lusinga anche. Di bilanci da trarre non ne ho. Faccio sempre la stessa vita, oggi più ritirata. Esisto realmente quando scrivo.

Partiamo del titolo del nuovo romanzo, quell'Eymerich Risorge si riferisce semplicemente al ritorno in libreria o ha a che fare con la trama? Tanto più che avevamo lasciato il Magister su un letto di morte… 

Eymerich risorge sul serio, ma non dalla morte nel 1399. Scrivendo Rex tremendae maiestatis avevo saltato venticinque anni circa della sua vita. Adesso mi propongo di colmare la lacuna. Il fatto è che ai tempi di Rex non sapevo se e quanto io, come persona, sarei sopravvissuto. Chiusi il ciclo in tutta fretta. Mi è andata bene e posso riprenderlo con andamento meno frenetico.

Questa volta, Eymerich persegue la chiesa valdese, ci puoi dare qualche dettaglio su quali minacce l'inquisitore si troverà ad affrontare in questa nuova avventura? I valdesi, tra gli altri movimenti eretici affrontati dall'inquisitore, è forse quello più insidioso, anche perché “più vicina” all'ortodossia cattolica. 

Nel romanzo appare presto chiaro che non sono i valdesi i veri nemici dell’inquisitore, quanto i francescani. Ma è meglio non anticipare troppo.

Lo sfondo storico di Eymerich Risorge, e di tutti gli altri romanzi, è quello dell'Europa occidentale alla fine del XIV secolo, caratterizzata dai nascenti stati nazionali. È un periodo storico che può dare qualche indicazione all'Europa di oggi, attraversata da un populismo dilagante? 

Direi che non c’è nessun nesso. “Populismo” è un termine moderno, tornato di

moda solo di recente per descrivere fenomeni disparati e spesso incompatibili. All’origine denotava il sostegno alla causa di un “popolo” senza precisi connotati di classe. Vale forse per alcune eresie medioevali, ma è impossibile spingere oltre il paragone.

Sei riuscito nella difficile arte di creare un personaggio scostante, cattivo, gelido, che ama stare da solo, ma allo stesso tempo ha i suoi sprazzi di bontà ed è estremante intelligente. In una parola è credibile. Quali sono le caratteristiche di Eymerich che, a tuo avviso, hanno tanto affascinato i lettori italiani e non solo? 

Riconoscono nella personalità di Eymerich una parte di se stessi, inconfessabile. Ne sono ripugnati ma nel contempo attratti. E’ il fascino perverso di ogni autoritarismo, il lato seducente delle dittature. Si sa dove sta il male, ma quello che si ha dentro lo si delega a chi lo spaccia come bene. Tante tragedie contemporanee nascono da un transfert di questo tipo.

Le serie televisive sono oggi dominanti nella costruzione dell'immaginario degli spettatori contemporanei. Alcuni studiosi affermano che se si vuole trovare delle novità su come raccontare storie oggi è ai telefilm che bisogna rivolgersi. Cosa ne pensi? Segui qualche serie televisiva in particolare? 

La trasformazione delle serie televisive, dopo capisaldi come Twin Peaks, i Sopranos, The Wire, Breaking Bad, ecc., ha insidiato seriamente il cinema. (Dovrei citare, per la sf, Lost e Battlestar Galactica, cosa che non faccio perché sono finite l’una malissimo, l’altra malaccio). E’ un linguaggio che va studiato e assimilato, non per imitarlo, bensì per estrarne i migliori spunti narrativi. Io cerco di seguire quello che posso. Mi hanno convinto, di recente, Westworld e la prima stagione di 12 Monkeys, ma soprattutto The Man in the High Castle. Mi fermo qua, l’elenco sarebbe lungo.