La ragazza era bionda. Era bruna. Indossava una maglietta bianca e si vedeva il seno grande, no piccolo. No, non si vedeva il seno sotto la maglietta nera. La ragazza, rossa adesso, era una vecchia. Ora non era più vecchia, era una bambina, poi una grande giraffa, un albero, un cratere, uno spazio vuoto e nero. Niente. Una ragazza con la maglietta nera, no bianca. No bruna, adesso bionda…

– Non funziona un cazzo – Ezio uscì dalla cabina del multiverso e sbatté lo sportello alle sue spalle.

– Non funziona! – urlò all’inserviente robot che continuava a masticare la gomma fingendo di non averlo visto. – Fa il random!

– ‘Spetta – disse con calma il robot. Si avvicinò alla cabina, aprì lo sportello di plastica. Girò avanti e indietro una rotellina allentata sul pannello di controllo.

– Fa il random – continuò Ezio. – E io lo odio il cazzo del random!

– ‘Spetta che controllo, ‘spetta…

– Sempre macchine di merda, qui da voi – Ezio scosse la testa.

– ‘Spetta che adesso aggiusto…

– Non voglio ritrovarmi un’altra volta a viaggiare in tutti gli universi coesistenti e alternativi al di fuori del nostro spazio–tempo, e che cazzo! – Ezio indicò la cabina. – Voglio una cazzo di scelta, hai capito?

– Dai, che adesso ho risolto.

– Non fare scherzi: una scelta precisa, bruna e con le tette grandi!

– ‘Spetta che faccio ripartire la macchina: dai, entra.

– La voglio bruna, hai capito?

– Entra, entra che è tutto registrato…

Ezio entrò nella cabina, poi sbatté lo sportello.

Che cazzo ci voleva? La cabina doveva solo scegliere tra gli infiniti universi paralleli quello in cui una bella ragazza bruna (come diceva lui però, cazzo, con il seno un poco grande, scoperto sotto la maglietta nera), aveva fatto una richiesta analoga e si trovava in un’analoga cabina, in chissà quale dimensione del cazzo. La seconda condizione era che Ezio doveva piacere alla ragazza (nonostante la pancia, la calvizie, i denti, l’età e il resto), ma tra gli infiniti universi paralleli non era affatto un problema questo. Che cazzo, la tecnologia!

– ‘Spetta che ci sono – urlò il robot da fuori.

La macchina iniziò a fare scintille e bollicine: bip bip.

Poi partì. Ecco.

La ragazza era bionda, bellissima ma bionda.

– Fai schifo – sussurrò lei. – Per questo mi piaci un casino.

Si avvicinò e infilò la sua bella lingua nella bocca di Ezio.

Tecnologia di merda, pensò lui. Neanche la maglietta nera ci aveva…

Va be’, mi accontento.