Louise Banks, linguista e Ian Donnelly, fisico, l'umanista e lo scienziato, la donna e l'uomo, una coppia costruita sulle diversità più note destinata a diventare una monade perfetta, questi sono i personaggi protagonisti di Arrival.

Ad interpretarli, il regista Denis Villeneuve ha chiamato rispettivamente Amy Adams e Jeremy Renner, che avevano già lavorato insieme in America Hustle e una volta visto il film non si può che concordare con le scelte di Villeneuve. La Adams riesce a rendere vero i personaggio dell'accademico esperto e solitario costretto ad uscire dal guscio della sua università per confrontarsi con l'inaspettato (il linguaggio degli alieni) ma soprattutto con la vita e le sue inevitabili scelte così come sono state rese dalla sceneggiatura. “Una ragione per cui sono rimasta affascinata dal progetto – dice la Adams – è che una volta letto la sceneggiatura ho amato il mio personaggio e Denis mi ha spiegato la sua visione del film. Il modo con cui lo vedeva lui era il modo in cui lo avevo letto io, e non è sempre così, quindi lui voleva raccontare la storia intima di questa donna, al centro di questo straordinario universo di fantascienza. Sapevo che il racconto sarebbe stato fondamentale, che per me era importante, ma che sarebbe stato interessante anche visivamente. Aveva una maniera meravigliosa nel descrivermi come sarebbero apparsi gli alieni e di come si sarebbero espressi nella loro lingua, è regista ed un uomo veramente speciale”. La perdita di Hannah, sua figlia, è fondamentale per capire il personaggio di Louise ed è una parte nevralgica della storia. “Hannah è la figlia di Louise e per lei è molto speciale – spiega la Adams – quando il pubblico incontra per la prima volta Louise, la vede che tenta di elaborare il lutto per la morte della figlia, confrontandosi con l’amore e la perdita di quella persona tanto amata da lei”.

Per prepararsi al ruolo, e capire cosa fa veramente un linguista, la Adams ne ha incontrato uno. “Ho incontrato un linguista e ho capito che è impossibile imparare tutto quello che un linguista conosce – dice la Adams, aggiungendo che c’è un motivo se bisogna studiare tanto. Ho imparato che essere un linguista è molto diverso dall’essere un traduttore – la cosa che mi ha aiutato a sbloccarmi è che ci sono diversi tipi di linguistica. Il linguista che ho conosciuto io parla solo due lingue e quindi mi sono sentita sollevata”.

“Sebbene anche il mio personaggio parli un paio di lingue – continua la Adams – studia il significato antropologico delle lingue e delle culture, come la gente parla tra di loro e come le lingue hanno origine. Ho letto molto sull’argomento e mi sono resa conto che non potrei mai essere una buona linguista, ma sono rimasta affascinata e divertita da quell’aspetto. Non capivo proprio, da un punto di vista sociologico, cosa facessero i linguisti e cosa fosse la linguistica, perciò mi sono divertita parecchio ad apprendere le basi.” La Adams ha trovato che l’esperienza le ha dato una maggiore conoscenza del mondo che la circonda ed il suo modo di concepire la comunicazione. Dice anche di aver appreso molto osservando sua figlia. “Penso molto al linguaggio e di come informi la società – dice la Adams – guardando mia figlia, lei viene spesso in giro per il mondo assieme a me quando lavoro, e incontra bambini che non parlano la stessa lingua ma che riescono comunque a comunicare, trovando naturalmente le parole che hanno in comune. Così si inizia ad apprendere che la comunicazione ed il linguaggio si basano su molto di più che sulle sole parole che conosciamo. Ho iniziato a vederla in quell’ottica ed è bellissimo”.

La scelta dell' “Avenger” Jeremy Renner per interpretare il fisico teorico Ian Donnelly in un film dove azione non ce n'è poteva rappresentare una sfida, eppure l'alchimia tra i due protagonisti è stata perfetta, complice anche l'amicizia nata sul set di American Hustle.

“Non era il personaggio ad allettarmi – dice Renner la cui motivazione principale era lavorare con Adams – era una parte fenomenale per lei e una parte fenomenale per una donna. Anche il mio ruolo era buono ma mi interessava di più esserle di supporto. Il film viene raccontato attraverso gli occhi di Louise, è stato sempre il suo film. E poi, adoro la sceneggiatura. La ritengo fantastica. È una storia bellissima. Si tratta di una storia di conoscenza raccontata attraverso gli occhi del personaggio di Amy Adams, una linguista che viene arruolata per cercare di comunicare con gli alieni – dice Renner – io vengo reclutato come l’altra faccia del team, un fisico che si occupa della comunicazione attraverso la matematica. La parte del personaggio che mi interessava, era il fatto che fosse lontano da tutto quanto avesse mai fatto in precedenza. Era un prodotto della parte sinistra del cervello, tutto matematica e scienza”.

Renner dice di essersi avvalso dell’aiuto di alcuni esperti che lo hanno aiutato ad apparire convincente nel ruolo dello scienziato, e che la comprensione della programmazione, dei linguaggi di computer e dei codici binari, gli sono stati d’aiuto per imparare i rudimenti della fisica. Dice che Villeneuve puntava a rendere i termini scientifici che compaiono nel film, accessibili per il pubblico e non tediosi o pedanti. Anche lui e Villeneuve hanno discusso del ruolo. “Mi ha detto quello che non voleva – dice Renner – non voleva che fossi il tipo insignificante che siede alla sua scrivania a scrivere e lavorare al computer. Voleva che il mio personaggio avesse una vita effervescente e di personalità. Che era esattamente come lo vedevo io. Istantaneamente ho avuto l’immagine di Richard Dreyfuss ne Lo squalo”. La relazione tra Louise e Ian si evolve nel corso del film. “Provengono da diverse scuole di pensiero – dice Renner – ma con il passare del tempo imparano ad accettare ognuno il pensiero dell’altro, specialmente parlando con Abbot & Costello (gli alieni). Entrambi imparano qualcosa di veramente bello. Siamo molto amici ci fidiamo l’uno dell’altro – dice Renner a proposito del recitare accanto alla Adams – a volte capita che discutiamo per venire a capo di qualche situazione. Di solito lo facciamo in modo costruttivo e spesso siamo sullo stesso piano nello stabilire come fare una cosa in modo autentico. Lavorare con persone molto brave in quello che fanno, rende il lavoro molto più facile”. Alcune delle scene preferite da Renner, sono quelle più tranquille in compagnia della Adams. “Le scene come quella nel retro del camion assieme a Amy, sono state intime e bellissime – dice Renner – si tratta più di loro due che non del caos che li circonda. È la calma al centro della tempesta”. I due si avvicinano per mezzo dell’esperienza insolita che condividono, nel tentativo di parlare agli alieni e la loro reazione personale è unica riguardo qualcosa di così strano. “Nell'incontrare gli alieni tutto è inimmaginabile, pieno di meraviglia, una esperienza assoluta oltre che stimolante al massimo – dice Renner – infatti finisce che lui vomita. Non riesce a metabolizzare quello che sta vedendo perché è sopraffatto”.

Oltre all'intesa reciproca, entrambi gli attori sono concordi sul fatto che aver recitato su un set costruito fisicamente e illuminato dal vero invece che davanti al classico sfondo verde ha facilitato il loro compito. “Il set reale era fantastico – dice Renner. – dovevamo salire per 15-20 metri in quell’ascensore a pantografo circondati da cose bizzarre. Avere a disposizione quelle cose reali ha aiutato tutti gli attori”.

Per concludere Amy Adams dice che “Questo è un film circolare, così come la scrittura degli alieni, che somiglia a una serie di cerchi di inchiostro sbavati ma sempre tondi e conclusi, e da questo linguaggio circolare e strano viene posta una una domanda fondamentale per ogni essere umano che tutti possono scoprire guardando del film.”