Netflix sta dimostrando una predilezione per il mistero, al punto di avere tenuto nascosta la nuova serie The OA fino a pochi giorni prima del suo arrivo on line.

Poco dopo sono arrivati gli inevitabili paragoni con Stranger Things, visti anche alcuni ingredienti in comune. Ma The OA si dimostra molto velocemente un mondo molto diverso, come ha raccontato a Empire la showrunner Brit Marling, che ha creato la serie insieme al regista/sceneggiatore Zal Batmanglij, un duo che aveva attirato l'attenzione del Sundance Film Festival nel 2011 con The Sound of my Voice e il successivo The East, arrivato anche da noi nel 2013.

È la storia di una ragazza scomparsa (e molto di più)

La Marling definisce la sua descrizione del plot  come solo il primo livello della storia.

Prairie (la stessa Brit Marling), una teenager non vedente scompare. Sette anni dopo viene ritrovata, e i problemi alla vista sono spariti.

Poi, in modo molto strano, comincia a legarsi a un gruppo di teenager ribelli e il loro insegnante.

E cominci a capire che, mentre racconta la sua storia, forse lo sta facendo per reclutarli per una strana missione. O almeno, questo è il primo livello.

Perché il mistero intorno alla serie

C'è un motivo preciso dietro la volontà di nascondere il telefilm fino all'ultimo minuto: i due autori hanno passato moltissimo tempo analizzando la meccanica delle emozioni della storia e la matematica legata alla capacità di manipolare la percezione della realtà, al punto che la riservatezza era diventato un loro tratto distintivo.

Il livello di segretezza era dimostrato anche dalla mancanza di casting pubblici e dal titolo scritto solo in braille durante le riprese del film.

Ma ancora più in fondo, il tutto nasce dal desiderio dell'autrice di tornare ai tempi in cui arrivavi in sala (o alla messa in onda) senza sapere nulla della storia, vivendo l'effetto sorpresa e sprofondando nella narrazione.

È un mistero che si svela lentamente

Il primo episodio, o capitolo come preferisce chiamarli la Marling, è pieno di intrighi, una sensazione che prosegue man mano che la storia progredisce.

Infatti la vera natura di Prairie viene rivelata solo nel quarto capitolo e anche questo è voluto.

L'autrice racconta come la storia viaggi verso posti metaforicamente molto lontani e devi prenderti il tuo tempo per farci arrivare il pubblico, così da non spiazzarli troppo.

Esplora il potere della narrazione stessa

Scopriamo la storia di Prairie mentre la racconta, a lume di candela, a un gruppo di ragazzi disfunzionali e al loro insegnante, diventando un riflesso dello stesso telefilm, che nasce come una meditazione sul potere della narrazione e sulla capacità del narratore di incantare e affascinare, e forse anche di inserire di nascosto qualcosa che abbia valore: un'idea, una morale o un pensiero: 

O forse, in questo caso, qualcosa di cui i ragazzi hanno disperatamente bisogno e che cercano nelle loro case, nelle scuole, on line. Hanno profondamente bisogno di qualcos'altro che forse la storia di Prairie è in grado di offrire.

Attraversa i generi

Lo chiama flusso di generi, un muoversi avanti e indietro tra gli stili narrativi senza soluzione di continuità.

Può iniziare come un dramma familiare per poi diventare la storia del rito di passaggio dall'infanzia all'età adulta, per poi diventare un horror, fantascienza e poi di nuovo rito di passaggio. E poi ti ritrovi in un thriller metafisico.

Gli spettatori sono ormai molto sofisticati, sanno già dove una storia può andare a parare, per questo lo scopo dei due autori era di cambiare le aspettative a ogni colpo di scena.

Premia le multiple visioni

The OA è progettato ellitticamente invece che linearmente, per cui ci sono dettagli che sembrano senza senso ma che acquistano significato la seconda volta. Non a caso i primi episodi possono apparire criptici, l'intera storia è una caccia all'indizio nascosto.

È un film di otto ore

Brit Marling e Zal Batmanglij arrivano dal cinema e hanno scritto e girato tutti e otto gli episodi come un'unico lungo film, al punto che i titoli di testa arrivano solo al minuto 57 del primo capitolo.

L'intera produzione è stata per loro identica a quella di un film, solo con tempi molto più lunghi.

Maratona o no?

Secondo l'autrice è una questione di gusti personali: ci sarà chi vorrà vedersi tutti gli episodi di fila e chi invece vederne uno o due per volta per assorbire tutti i dettagli. Quello che rende entusiasmante questa forma di narrazione è che dà completa libertà allo spettatore.

Netflix ha dato loro completa libertà creativa

Avendo il dna di una società legata alla tecnologia, Netflix cerca l'innovazione e ama il rischio, scoprire nuove frontiere della narrazione.

Per questo ha dato loro completa autonomia sia narrativa che nella durata degli episodi: alcuni durano circa un'ora, altri di più, altri meno, una cosa che i canali in chiaro non potrebbero mai permettere, ma che gli executive producer di Netflix hanno accolto a braccia aperte.

È aperta alle teorie dei fan

Dopo Lost e il recente Westworld, gli appassionati del mistero troveranno tutti gli ingredienti che più amano per cercare di scoprire i misteri della storia, gli indizi nascosti e creare le proprie teorie.

E aggiunge che una visione attenta può rivelare dettagli sfuggiti le altre volte.

Una seconda stagione è possibile ma

L'ultimo episodio della prima stagione dona un senso di chiusura alla storia, ma alcuni fili di trama rimangono volutamente ambigui.

I due autori hanno già delle idee per la stagione due, ma ritengono che la prima sia una storia autoconclusiva con un finale soddisfacente. 

Abbiamo concepito ogni stagione come un libro, con una sua conclusione, perché gli spettatori avessero la stessa soddisfazione di chi raggiunge la fine di un romanzo.

Ma, conclude, ci sono molte altre storie da raccontare.

The OA è attualmente disponibile su Netflix, voi cosa ne pensate?