Lukha B. Kremo è autore di romanzi e racconti, ma anche editore, musicista e curatore editoriale. Possiamo tranquillamente definirlo una personalità poliedrica del mondo della fantascienza italiana. Ha diretto la rivista Avatär, vincendo tre Premi Italia e ha pubblicato racconti su varie antologie tra le quali Supernova Express (2006, Fantanet), Frammenti di una rosa quantica (2008, Kipple) e Avanguardie Futuro Oscuro (2009, Kipple). Un suo racconto è uscito anche su Robot. Ha pubblicato cd di musica elettronica con lo pseudonimo di Krell e organizzato il progetto Sonora Commedia.

I romanzi Il Grande Tritacarne (2005), Gli occhi dell’anti-Dio(2008), Trans-Human Express (2012) lo hanno fatto conoscere anche come un raffinato romanziere e con Pulphagus® – Fango dei cieli ha vinto il premio Urania 2016, pubblicato lo scorso novembre e disponibile in ebook per Mondadori.

Recentemente sono usciti i primi due romanzi della "Trilogia degli Inframondi" per Delos Digital, i cui titoli sono: I nerogatti di Sodw e Morgànt dei nerogatti.

Con Kremo abbiamo chiacchierato dei suoi recenti romanzi e dello stato di salute della fantascienza in Italia.

Sei stato più volte finalista al premio Urania e ora è arrivata la vittoria con Pulphagus® – Fango dei cieli (Urania n. 1536). L'idea forte del romanzo è che le parole sono a pagamento (nella storia sono rese con copyright, trademarks e hashtag), per cui si crea una differenza di classe tra chi è povero e deve accontentarsi di parole ormai fuori moda, ma gratis o economiche, e chi invece può permettersi di usare parole più precise e adatte al contesto in cui si trova, pagando le tasse. Come è nata quest'idea? 

Ho quasi passato più tempo ad architettare il romanzo che alla stesura. Avevo bisogno di un’idea forte che mi permettesse sperimentazioni/giochi con le parole in un contesto distopico. La libertà di parola/espressione è una tra i fondamenti della libertà sociali: limitata dalla possidenza economica, diventa simbolo di oppressione e mi permette di sperimentare linguaggi nuovi, aulici, gergali e turpiloquiali.

L'altro elemento forte del romanzo è che l'asteroide Pulphagus® è usato come un'enorme pattumiera dei rifiuti della Terra. Giuseppe Lippi l'ha definita una sorta di Terra dei Fuochi. Cosa ti ha ispirato questa visione? 

Più che i veleni italici, la cosa che mi ha ispirato l’immaginazione di un unico luogo schifoso dove raccogliere tutta la pattumiera del mondo, è stata l’esistenza d’immense discariche di tecnologia (cellulari, computer) nei cosiddetti Paesi del Terzo Mondo, o lo smaltimento di transatlantici fatto a mani nude in India. Montagne di cellulari, schermi di ogni tipo, cartucce di inchiostro e toner, cose che raggiungono l’obsolescenza in pochi anni, se non mesi. E il tutto nell’inquinamento ambientale più dissipato: e qui entra in causa anche la Terra dei Fuochi. Insomma mi sono ispirato alla realtà, quella che gli Occidentali spesso nascondono sotto il tappeto.

Un altro elemento interessante è che Pulphagus®, negli anni, ha accumulato degli scarti di lavorazione che hanno creato un humus molto tossico che circonda sempre più le costruzioni umane. Questo terreno è chiamato “pelle”, i suoi alberi “peli”, e ci sono varie fenomeni chiamati “pustole”, che secernono “muco” o “succhi gastrici”. L'asteroide sembra in qualche modo “vivo” e sembra essere una metafora di come stiamo riducendo, dal punto di vista ambientale, la Terra. Quanto ha contato nell'economia del romanzo il tema dell'ambiente, del prendersi cura del pianeta in cui viviamo? 

Sì, l’ecologia ha contato molto. Anche se il mio obiettivo principale non è quello di focalizzare il lettore su questi temi, altrimenti avrei scritto un saggio. Una narrazione deve avere un motivo coinvolgente (che può essere il personaggio, la trama, l’ambientazione) e dei temi secondari, che emergono tra le righe. L’ecologia è uno di questi, ma non l’unico.

Nella storia ci sono vari elementi legati al genere dell'Utopia. L'asteroide
Pulphagus® ha un nome ufficiale che è Erewhon, come il titolo di un famoso romanzo di Samuel Butler. Il protagonista del romanzo si chiama Shevek, come quello del romanzo I reietti dell'altro pianeta di Ursula K. Le Guin. È un genere che ti piace? E, più in generale, quali sono gli scrittori di fantascienza che ti hanno formato come lettore e scrittore? 

Forse l’utopia (e le varianti distopia, ucronia, discronia) è il “genere” che preferisco, ma io, nella lettura, spazio a 360 gradi. Dai classici alla letteratura postmoderna americana, dal realismo magico alla poesia contemporanea. Per quanto riguarda la fantascienza, leggo con voluttuosità la new space opera di Dan Simmons e Alastair Reynolds, adoro Bruce Sterling, Neil Gaiman e Avoledo, sono un fan senza compromessi di Ballard, Samuel Delany e ho amato Philip Dick alla follia. Amo l’immaginario di China Mieville e Charles Stross. Riesco anche a leggere con immenso piacere i libri di Greg Egan!

Ma ho amato anche Asimov, Clarke, Simak, Heinlein, e i grandissimi Theodore Sturgeon e Fritz Leiber. Sono letteralmente cresciuto con William Gibson, Rudy Rucker, Neal Stephenson e la grande Pat Cadigan. È chiaro che per questo libro è d’obbligo citare, oltre a Butler, Zamjatin, Huxley, Bradbury, Orwell e la mai troppo celebrata Ursula Le Guin. Confesserò senza remore che c’è anche un certo Dario Tonani che mi ha ispirato per concepire Pulphagus, e forse si nota.

Sono recentemente usciti, invece, altri due romanzi per Delos Digital: I nerogatti di Sodw e Morgànt dei Nerogatti, i primi della Trilogia degli Inframondi. Anche qui c'è un'idea molto originale: il vulcano Wuta, nel lago salato di Sodw, erutta colori, e causa ogni genere di anomalia, magnetica, gravitazionale, temporale. Alcuni uomini e donne vengono attratte dal fenomeno. Il vulcano si rivela una sorta di portale verso gli Inframondi, dei mondi paralleli al nostro. Anche qui una storia con tante idee. Come nasce la storia di questa trilogia? 

Sì, in pochi mesi usciranno 5 miei lavori! (oltre a Pulphagus® e la trilogia suddetta segnalo anche Infodump, mio personale capitolo della saga dell’impero Connettivo ideato da Sandro Battisti). È un caso, del resto era dal 2012 che non uscivano mie cose in solitaria.

La Trilogia degli Inframondi nasce della volontà di sfruttare al massimo la mia idea di un (uno solo?) mondo parallelo che si è sviluppato all’interno delle dimensioni “inesplose” che esistono accartocciate nel microscopico secondo la Teoria M oggi molto accreditata. La scienza dice che ci sono almeno altre sei o sette dimensioni inutilizzate: io dico che invece sono dimensioni-specchio della nostra realtà, che però a un certo punto diventano autonome da noi e cercano di conquistarci!

Forse a questa domanda non vorrai rispondere, ma devo fartela: puoi dirci qualcosa dei Nerogatti? 

Certo, sono l’evoluzione del gatto soriano domestico. Una specie di gattoni, di piccoli ghepardi, che sembra proprio abbiamo preso alla lettera l’idea egiziana del gatto, ovvero che sia il veicolo della dea Bastet (o Bast), dea lunare e quindi legata al mistero. Il loro ruolo è importante, tanto che i tre titoli della trilogia portano il loro nome. Questo non vuol certo dire che il mistero possa essere svelato.

È stato più difficile o più facile scrivere un romanzo con più protagonisti, rispetto ad una vicenda che ha uno o al massimo due personaggi principali? 

Naturalmente è stato molto più difficile scrivere la Trilogia rispetto a Pulphagus®, perché ha un complesso intreccio tra personaggi e per di più (come ben sanno quelli che hanno avuto a che fare con l’ucronia) cercando di evitare il più possibile i paradossi temporali! Ci ho messo tre anni.

Senza rivelare troppo, ogni romanzo termina con uno spiazzamento del lettore, un punto di forza dei romanzi è che alla fine si viene totalmente spiazzati, rispetto a ciò che si è letto fino a quel momento. Quanto è difficile oggi sorprendere un lettore, con un romanzo di fantascienza? 

Sempre più difficile perché il lettore è sempre più smaliziato. Sono “nato” con i famosi doppi finali di Dario Argento, e la cosa mi ha sempre affascinato. Certa letteratura Weird dovrebbe sempre farlo, sorprenderti all’inizio e spiazzarti alla fine, ma con eleganza.

Oltre che scrittore, sei anche editore con la Kipple Officina Libraria. Raccontati n po' le novità della casa editrice… 

Ho parlato appunto di Infodump, non tanto perché è un mio lavoro, ma perché vorrei mettere in luce la collana SpinOff, che (in modo non dissimile a Metro 2033 di Gluchovskij), partendo dalla potenza immaginifica dell’Impero Connettivo di Battisti, uscita dopo uscita, mette a fuoco particolari che da un lato chiariscono i lati più oscuri, dall’altro danno un respiro ancora più ampio all’affresco generale e restituiscono dignità alla space opera (che, a parte i grandi nomi che ho citato, ristagna un po’). Poi c’è da segnalare il cambio di guardia nella collana k_noir, che, dopo l’eccellente lavoro del Bram Stoker Award Alessandro Manzetti, sarà curata da Andrea Vaccaro (di Hypnos edizioni) e Paolo Di Orazio, nientemeno. Questo perché Kipple non deve essere solo fantascienza, ma tutto ciò che è “Weird”.

L'ultima domanda: qual è secondo te lo stato salute della fantascienza in Italia e in particolare della fantascienza italiana? 

Lascio le critiche e i continui abbai a chi li sa fare ed è abituato così da anni. Certo, dobbiamo essere realisti, la fantascienza italiana NON è un genere, ma esistono e sono esistiti OTTIMI autori di science-fiction in italiano. E, a mio modesto parere, negli ultimi anni, forse anche grazie al vostro lavoro (come Delos), il gruppo di autori di fantascienza nostrani non sono solo simpatici (o antipatici) seguaci di grandi nomi come Evangelisti. Ora i nomi di scrittori di alta qualità sta aumentando. E questo porterà concorrenza e conseguente aumento della qualità letteraria. Se continua così, saranno sempre di più gli italiani tradotti all’estero.