Dopo il grande successo di Limonov, la biografia del poeta e agitatore russo Eduard Limonov, il francese Emmanuel Carrère è diventato uno scrittore (giustamente) importante. In Italia poi è pubblicato da Adelphi, cioè l’editore di prestigio per eccellenza. Come capita in questi casi, si recuperano le opere uscite prima della fama, magari già tradotte da altri editori senza particolare risonanza.

Così Adelphi riporta in libreria uno dei libri più affascinanti di Carrère, Io sono vivo, voi siete morti, una biografia di Philip K. Dick pubblicata nel 1993. Venne tradotta in italiano da Theoria nel 1995 col titolo leggermente differente  di Io sono vivo e voi siete morti e la si trova spesso sulle bancarelle.

Una biografia, certo, basata su quelle già uscite, molto dettagliate e rispettose, in particolare quella di Lawrence Sutin, pubblicata nel 2008 da Fanucci. Ma in realtà Carrère ne fa un romanzo, anzi proprio un romanzo di Philip K. Dick, o meglio del suo alter ego Horselover Fat. Gli eventi quotidiani si intrecciano con le allucinazioni psichedeliche  e paranoidi a creare un corpus di romanzi che ha fatto di Dick una delle figure centrali sia della fantascienza che dell’autocoscienza del nostro tempo. Fra l’altro Dick risulta sì un grande scrittore, visionario e profetico, uno scrittore che a differenza di tanti autori coevi parla al nostro tempo, ma anche una persona tutt’altro che simpatica.

Carrère non ha mai scritto romanzi di fantascienza vera e propria ma è chiaramente immerso nella cultura del genere (cito un suo saggio, non tradotto in italiano, Le Détroit de Behring, sulla narrativa ucronica, che ha ispirato il romanzo ucronico di Tullio Avoledo Il Mare di Bering). Perciò è molto probabile che, ventenne, abbia assistito di persona a uno degli eventi chiave del libro, la partecipazione di Dick a una convention di fantascienza a Metz, in Francia, nel 1977. Dick, circondato dall’ammirazione dei fan europei, tiene un discorso che rivela al mondo la verità: la realtà nella quale crediamo di vivere è un’illusione. In realtà siamo nel 70 dopo Cristo, intrappolati in una gigantesca e perversa realtà virtuale creata dall’Impero Romano per vederci soffrire (un concetto centrale nella gigantesca Esegesi, di recente pubblicata da Fanucci, a cui Dick dedicò i suoi ultimi anni). Carrère descrive lo sconcerto dei presenti molto realisticamente, e di come questi decidano che in realtà Dick ha voluto provare su di loro la trama del suo prossimo romanzo per vedere se ci cascavano. E Dick, delusissimo, che fa finta di concordare con questa tesi. “Dick era proprio un vigliacco”, commenta Carrère.

“Comunque è strano. Tutti si sono posti questa domanda secondaria: credevo oppure no a ciò che raccontavo loro? E nemmeno uno si è posto la domanda più importante: è vero?”