2017. Immaginiamo che Renzi, dopo aver vinto il referendum costituzionale, perda a sorpresa le elezioni contro un Fronte del No guidato da Salvini. Una volta al governo quest’ultimo, però, non ha alcun programma positivo da proporre, specie per ridurre il debito pubblico. Così finisce per incapricciarsi dell’idea lanciata quasi per scherzo da un economista su un giornale in cerca di pubblicità: vendere il Colosseo. Si trova un emiro arabo disposto a comprare; grazie alla riforma costituzionale il governo può fare quel che vuole e l’opposizione non può fare nulla; il Colosseo è venduto e portato via in Arabia Saudita. A quel punto però si avvera la profezia del Venerabile Beda per cui ‘quando cadrà il Colosseo, cadrà Roma’. Infatti il tentativo di riempire il buco lasciato dal Colosseo con un lago artificiale provoca uno smottamento che inonda di fango l’intera città. La storia finisce con Mattarella che pensa  a come sostituire Salvini.

Questa è la trama di un breve romanzo uscito di recente, Colosseo Vendesi (Bompiani) di Marcello Sorgi, editorialista della Stampa, che difficilmente avrà impiegato più di un weekend a scriverlo. Sorgi è uno commentatore intelligente e  sa scrivere, ma è molto difficile immaginare un libro del genere pubblicato da una autentica casa editrice senza la notorietà dell’autore e le sicure recensioni giornalistiche e comparsate televisive che assicura. Anche così, non so quanti lo compreranno.

La nascita della fantapolitica italiana

Si tratta di un classico romanzo di fantapolitica italiano. Il termine fantapolitica entra in repertorio nel 1975 con lo spropositato successo del romanzo Berlinguer e il Professore. Pubblicato anonimo (con l’ovvia curiosità provocata da ogni anonimato, vedi Banksy o Elena Ferrante), l’autore si rivelò essere l’editorialista del Corriere della Sera Gianfranco Piazzesi. Il Professore del titolo è Amintore Fanfani e la storia, un po’ più elaborata di quella di Sorgi, racconta il rocambolesco successo del compromesso storico intorno al 1980. Il romanzo ebbe numerose imitazioni in quegli anni ma letto oggi sembra solo un referto d’epoca, fra l’altro scritto da qualcuno che non aveva capito nulla del suo tempo.

La fantapolitica è un po’ il parente povero della fantascienza. La si potrebbe definire fantascienza senza la scienza. Non è tipicamente italiano: il grosso della produzione è americano. È ambientato in un futuro in cui non è cambiato nulla di sostanziale, un futuro prossimo, anche l’anno prossimo. Tale vicinanza fa sì che i protagonisti siano in genere i protagonisti politici del momento, talvolta con il proprio nome,  come in Piazzesi, o con trasparenti pseudonimi, come Sorgi. Oppure, in un futuro appena più distante, con personaggi nuovi ma riferiti a formazioni e ideologie politiche esistenti.

Precedenti storici

L’anonimato è molto frequente in questo genere di romanzo. Anonimo è, per esempio, The Reign of George VI, 1900-1925, pubblicato in Inghilterra nel 1763; l’eroico Re britannico del titolo vince guerre su guerre e ridisegna la mappa d’Europa ma, apparentemente, fra il 1763 e il 1900 non è successo assolutamente nulla, dato che il mondo è socialmente, politicamente e tecnologicamente identico. Pochi anni dopo, nel 1771, invece, il francese Mercier, con L’an deux mille quatre cent quarante, immagina un futuro abbastanza diverso dal presente da qualificarsi come fantascienza. È il Settecento il secolo in cui nasce il ‘racconto del futuro’ – prima c’era solo l’Apocalisse…

La fantapolitica e fantascienza

Si tratta, in gran parte, di instant book scritti da giornalisti o politici o scrittori in vacanza, spesso in previsione di un’elezione imminente. Romanzi in cui si immaginano le terribili oppure comiche conseguenze della vittoria elettorale degli ‘altri’. Negli Stati Uniti questo è più facile dato che le date delle elezioni sono fisse – appena finita questa elezione cominceranno a uscire romanzi ambientati nel 2020. Un esempio perfetto potrebbe essere Presidential Year (1958) di Frederik Pohl e Cyril M. Kornbluth, un romanzo realistico sulle prossime elezioni che all’epoca potrà essere sembrato audace e rivelatore e letto oggi provoca solo un perplesso so what? (in Italia pubblicato come romanzo di fantascienza dalla Tribuna, l’editore di Galassia, nella collana La Bussola). La copertina originale suggerisce quanto sia blando il contenuto rispetto a I mercanti dello spazio o Gladiatore in legge.

La fantapolitica avrà sempre un suo mercato, finché la gente si interesserà di politica, ma un mercato effimero, in cui le opere importanti sono rare. La fantascienza ha una data di scadenza; la fantapolitica ce l’ha molto più vicina.

L’argomento di questo tipo di romanzi è, ovviamente, politico ma politico nel senso più immediato, quello partitico. Può concentrasi sulla politica interna ma anche, specie negli Usa, sulla politica estera, come i romanzi di Tom Clancy, e, nei casi più audaci, finire con una guerra atomica o qualcosa di altrettanto clamoroso.

Per dire, 1984, di George Orwell, è indubbiamente un romanzo intensamente politico ma lo possiamo definire tranquillamente fantascienza, dato che descrive un mondo radicalmente mutato (e ha tranquillamente superato la sua data di scadenza, proclamata fin dal titolo). Sarebbe stato fantapolitica, nel senso che intendiamo noi, se avesse descritto in dettaglio le fasi della rivoluzione che aveva portato al potere il Grande Fratello, all’incirca nei primi anni Cinquanta, dove avrebbe dovuto coinvolgere conservatori, laburisti e la monarchia, e che invece liquida in poche righe. In quel caso, forse, sarebbe risultato datato già nel 1960.

Inoltre, in linea generale, il tono della fantapolitica è satirico e, a meno che tratti di dittature e guerre mondiali imminenti, il tono tragico non si adatta molto al genere. L’alternanza di governo nelle democrazie raramente è drammatica.

Fra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento si pubblicarono centinaia di romanzi di ‘guerra futura’, scritti da giornalisti e militari, che descrivevano in toni drammatici e patriottici (e irrimediabilmente sbagliati) la futura Prima Guerra Mondiale. Per esempio in Italia nel 1912 un certo Comandante X scrisse una Guerra d’Europa 1921-1923, un libro intensamente serio che, letto oggi, pare un’operetta o peggio, un insulto alla memoria dei veri morti, cosa che vale per gran parte degli altri libri del genere in tutto il mondo.

In compenso H.G. Wells pubblicò The war in the air nel 1908 e The world set free nel 1914, dove la futura guerra mondiale è tecnologicamente avanzata, combattuta con i dirigibili nel primo e con le bombe atomiche nel secondo: come dire, tutti gli altri, immaginando guerre rapide e eroiche con tanto di cariche di cavalleria, sbagliarono per difetto; Wells sbagliò per eccesso.

Fantapolitica e ucronia

Si potrebbe definire ampiamente fantapolitica l’ucronia. Giostrare gli autentici protagonisti del passato in combinazioni diverse, un modo di combattere nel passato le lotte del presente, potrebbe essere un’ottima definizione di fantapolitica ma allargheremo troppo i confine del genere.

Ma c’è qualcosa che si salva in questo sotto-genere? Perché dovremmo sprecarci del tempo? Beh, per quanto effimero, anche questo genere ha le sue gemme, romanzi che superano la loro contingenza e durano un po’ di più del prossimo ciclo elettorale.

L’ultimo romanzo di Michel Houllebecq, Sottomissione è fantapolitico; descrive la vittoria di un candidato islamico alle elezioni presidenziali francesi del 2022 contro Marine Le Pen. Il romanzo è pieno di altre figure politiche e giornalistiche francesi e la sua tesi è quanto mai controversa ma di certo il livello è più alto della media del genere, sia come stile che come serietà d’intenti.

H.G. Well scrisse un romanzo di fantapolica puro in The New Machiavelli del 1910, sulla scalata al potere di un giovane ambizioso e senza scrupoli, e romanzi simili scrissero Anthony Trollope ed il futuro Primo Ministro Benjam Disraeli. Ci sono commedie fantapolitiche di G.B. Shaw come The Apple Cart e On the rocks. Lo scrittore e diplomatico Harold Nicholson, vicino alla cerchia di Virginia Woolf, pubblicò nel 1932 Public Faces, molto divertente, in cui descrive le conseguenze internazionali del possesso della bomba atomica da parte della Gran Bretagna in un 1939 in cui Hitler non è mai andato al potere, Stalin è caduto e l’Italia si è frantumata in un numero imprecisato di repubbliche… In compenso sua moglie, la poetessa Vita Sackville-West, amata dalla stessa Woolf, nel 1942, in Grand Canyon, immagina cosa succederebbe se, una volta sconfitta la Gran Bretagna, il Reich rivolgesse le sue attenzioni verso gli Stati Uniti.

È del 1935 It can’t happen here del Premio Nobel Sinclair Lewis, dove un demagogo sudista, Buzz Windrip, ispirato al Senatore della Louisiana Huey Long, vince le elezioni del 1936 (come candidato democratico al posto di Roosevelt!) e instaura una dittatura fascista negli USA. Il tono è indubbiamente satirico ma non solo: non si tratta solo di un pamphlet politico ma di un vero romanzo. Seguiamo la storia attraverso Doremus Jessup, direttore di un piccolo giornale del Vermont, e della sua città, dove le conseguenze della dittatura sono tutt’altro che comiche, come non è comico il campo di concentramento in cui finisce Jessup.

Stesso discorso si può fare per il più ambizioso Il tallone di ferro di Jack London (1908), dove i ricchi, per impedire la rivoluzione proletaria, distruggono la democrazia ed impongono il loro dominio diretto: fascismo prima del fascismo.

Decisamente più leggero ma brillante è Our Gang del grande Philip Roth, una storia satirica del 1971 su Richard Nixon, tradotto in Italia come Cosa Bianca Nostra (!). Se consideriamo fantapolitica anche l’ucronia allora dobbiamo citare anche The Plot against America (2004), dove l’antisemita Charles Lindbergh viene eletto Presidente nel 1940. La narrazione è dal punto di vista del Roth bambino e della sua autentica famiglia e comunità nel New Jersey di allora. Diciamolo: la fantapolitica funziona come romanzo se è anche romanzo, con autentici personaggi che prendano sul serio quel che accade, e non solo come pamphlet satirico occasionale, per quanto divertente e acuto. Oppure quando ci si lascia alle spalle l’occasione e si viaggia intrepidamente nella pura fantasia morbosa, come nella serie televisiva House of Cards (e anche l’ononimo romanzo dell’inglese Michael Dobbs da cui è ispirato è solo di poco meno fantastico).

Un po’ di titoli ancora

The fall of the russian empire (1982) è una inquietante descrizione della fine del comunismo sovietico, forse la miglior anticipazione di questo evento mai scritta, opera di un modesto scrittore britannico di thriller, Donald James. Fantapolitico è  Il Presidente di Georges Simenon, uno dei suoi migliori romanzi, a cui aggiungere Maigret e il ministro. La Terza Guerra Mondiale di sir John Hackett (1978) è una dettagliata ma vivace descrizione della Terza Guerra Mondiale nel 1985, scritta come un libro di storia, che fu un importante best seller. C’è un improbabile dramma di Gabriele D’Annunzio del 1899, La Gloria, dove una banda di giovani nobili tenta di creare una repubblica aristocratica in Italia. Un racconto di George R.R. Martin, Night of the Vampyres (1975), immagina un colpo di stato del Presidente degli Stati Uniti che da il via a una guerra civile. Un colpo di stato sventato è anche il soggetto di Sette Giorni a Maggio, romanzo del 1962 di Knebel e Bailey, da cui fu tratto un bel film con Kirk Douglas e Burt Lancaster (senza dimenticare Tempesta su Washington – grande film del 1962). Rimanendo ai colpi di stato ricordiamo due film italiani: il bizzarro Colpo di Stato di Luciano Salce del 1969, e il ben più graffiante Vogliamo i colonnelli! di Mario Monicelli del 1973, con Ugo Tognazzi.

E per finire, Giordano Meacci, uno dei nostri migliori e meno produttivi autori. Recentemente, dopo una quindicina d’anni di lavoro è uscito il suo Il cinghiale che uccise Liberty Valance (Minimum Fax), dove un cinghiale raggiunge l’autocoscienza e cerca di organizzare una rivolta di cinghiali attorno a un paesino fra Umbria e Toscana, il tutto raccontato in tono assolutamente epico.

Ma la sorpresa è un suo racconto del 2004, Brechtdance. Malgrado le sue più limitate ambizioni, la fantapolitica non è particolarmente più accurata della fantascienza (o della scienza, se per questo) nelle predizioni. E questo rende ancor più incredibile questo racconto, ambientato nel 2014, in una scuola media di Afragola intitolata a Bettino Craxi. Vi si narra, fra le altre cose, di come il centrosinistra vinca di stretta misura le elezioni del 2006; di come poi cada nel 2008 per dissensi interni e torni al potere un governo di centrodestra; di come le conseguenze della crisi economica e un intervento dell’Europa lo facciano a sua volta cadere nel 2011; di come si formi un governo tecnico (guidato però da Giuliano Amato invece che Mario Monti); e di come dopo le elezioni del 2013 si formi un governo Enrico Letta-Berlusconi… E no, vi giuro, la data di pubblicazione della raccolta Tutto quello che posso è proprio il 2005…