La fantascienza è da sempre fonte d’ispirazione per la musica rock. In articoli precedenti abbiamo fornito diversi esempi di questo felice e prolifico legame.

Tuttavia se focalizziamo la nostra attenzione sulla produzione musicale italiana ci rendiamo facilmente conto che astronavi, alieni e futuri distopici solo in poche occasioni si sono rivelati muse ispiratrici per i compositori nostrani. Un calcolo tanto rapido quanto approssimativo ci porterebbe probabilmente a concludere che le canzoni di fantascienza scritte in Italia non eguagliano quelle composte dal solo David Bowie.

Se poi restringiamo il tema fantascientifico a quello dei viaggi nello spazio ci rendiamo conto che il numero di canzoni sul tema è davvero esiguo. A me ne viene in mente solo una: non sarà forse l’unica, è di certo la più famosa. È ambientata nell'anno 2222.

Sirio 2222: l'esordio fantascientifico del Balletto di Bronzo

Anno 1970, guarda caso nel pieno dell’epoca d’oro della conquista dello Spazio. Il quartetto napoletano Il Balletto di Bronzo (Lino Ajello alla chitarra, Marco Cecioni alla voce, Michele Cupaiuolo al basso, Giancarlo Stinga alla batteria) esordisce con un LP dal titolo Sirio 2222. La fantascienza è presente non solo nel titolo ma anche nel pezzo più famoso del disco, la mini-suite Missione Sirio 2222.

Nei quasi dieci minuti della canzone viene raccontata, tra arpeggi di chitarra acustica e atmosfere che spaziano tra la psichedelia e l'hard rock, la storia di una sfortunata spedizione verso Sirio.

Un'astronave sta morendo

Perduta nell'immensità, Uomini soli nello spazio Nessuno più li aiuterà. Stanno correndo verso il sole Che non raggiungeranno mai, Hanno le stelle dentro gli occhi Nel cielo freddo di lassù. C'è tanta luce in quel silenzio La luce dell'eternità.

Uomini soli nello spazio Ma il mondo non li scorderà.

L’intero LP costituisce una notevole innovazione nel panorama musicale italiano. Al beat in voga in quegli anni si sovrappongono sonorità psichedeliche e hard rock fino a quel momento appannaggio quasi esclusivo dei gruppi rock anglosassoni.

Nonostante sia un eccellente lavoro, Sirio 2222 non ottiene il successo sperato. 

Ys: dal capolavoro allo scioglimento

Ci sono alcuni avvicendamenti nella formazione: entrano il talentuoso tastierista e vocalist Gianni Leone e il bassista Vito Manzari, escono Cecioni e Cupaiuolo. È proprio Leone a trainare il gruppo in una sterzata decisa verso il progressive, con le sue tastiere a svolgere il ruolo di elemento caratterizzante del nuovo sound del Balletto di Bronzo. La band dà alla luce, a maggio del 1972, un nuovo album intitolato Ys (dal nome di un’isola che, secondo la leggenda, si trovava al largo delle coste della Bretagna e fu inghiottita dal mare).

È un disco radicalmente diverso dal precedente. Un concept album costituito da cinque tracce e che, mescolando la parte musicale con la storia raccontata, potremmo definire progressive gotico

Un uomo, l’unico superstite di una catastrofe, riceve la rivelazione della vera realtà:

La voce narrò all’ultimo che sul mondo restò la vera realtà

E poi comandò di andare tra i suoi a dire la verità

E il gioco iniziò.

Per il protagonista comincia così un viaggio agghiacciante (sottolineato mirabilmente dal tappeto sonoro intessuto dai membri della band) alla ricerca di qualcuno a cui possa comunicare la rivelazione; durante il viaggio perde l’udito, la vista, la voce, fino al tragico Epilogo:

Ma la sua bocca stanca ed immobile restò

Quel grido lo schiacciò

Fin dentro lo straziò

Ed il buio intorno a sé

Poi fu dentro di lui

E buio fu.

Il termine “capolavoro” non è sprecato per questo disco, considerato ancora oggi, non solo in Italia, uno dei punti culminanti del progressive.

È lecito aspettarsi un seguito, un nuovo lavoro che consolidi e legittimi le qualità di uno dei migliori gruppi rock mai visti in Italia. Invece più nulla. Nel 1973 il Balletto di Bronzo si scioglie, i membri abbandonano definitivamente la scena musicale, con la sola eccezione di Gianni Leone che prosegue per alcuni anni con una carriera solista.

Lo stesso Leone, a metà degli anni novanta, rifonda il gruppo come trio: resta comunque l'unico elemento della band originaria. Trys del 1999 è la testimonianza dal vivo del ritorno sul palco.

Cuma 2016 d.C.: l'inaspettata reunion

Con un grande balzo temporale arriviamo ai giorni nostri.

Lino Ajello e Marco Cecioni, due elementi della formazione originaria, si ritrovano, dopo quasi cinquant'anni dalla fondazione del Balletto di Bronzo, per dare vita a un nuovo lavoro in studio. Al disco partecipa come special guest Gianni Leone, ai tre si affiancano altri ottimi musicisti. L'album, dal titolo Cuma 2016 d.C. è uscito poche settimane fa ed è accreditato a "Il Balletto Di Bronzo di Lino Ajello & Marco Cecioni" poiché il nome ufficiale della band è ancora detenuto da Leone.

Dieci canzoni (compresa la nuova versione di Neve calda, primo 45 giri della band storica) che da un lato testimoniano che la reunion non è solo una sterile operazione dettata dalla nostalgia, dall'altro confermano i rimpianti per lo scioglimento prematuro del Balletto di Bronzo.