- Lucio Cornelio Silla, sono lieto di rivederti. Immagino che tu abbia riflettuto su quanto ti ho detto.

Silla scruta freddamente l’uomo che gli ha rivolto queste parole e che, a dire la verità, probabilmente nemmeno è un uomo. Quella creatura era comparsa sorprendentemente nella sua vita, e ciò che gli aveva rivelato aveva distrutto in un attimo tutto ciò che pensava di sapere sulla realtà.

Il giorno prima, Silla si era sentito vicino agli dei. Le sue legioni, le truppe che aveva portato in oriente nonostante il popolo romano avesse nominato un altro comandante per quella campagna, avevano distrutto l’immenso esercito di Mitridate, il re del Ponto, circondandolo ed annientandolo.

Dopo la battaglia, in groppa al suo cavallo, aveva attraversato lentamente il campo di battaglia, osservando in silenzio la moltitudine di caduti nemici. I loro cadaveri erano tanto numerosi da riempire l’intera stretta pianura che sfociava nel mare e lui, osservando quelle schiere di greci ed asiatici dai costumi variopinti, tutti morti, aveva percepito ancora una volta nel proprio cuore di essere davvero un favorito della fortuna. Silla Felix, come ormai aveva preso a farsi chiamare. Sul suo percorso incontrava anche le coorti vittoriose, poco numerose ma ancora eccitate dalla battaglia, che lo acclamavano.

- Imperator! Silla imperator!

- Comandante, comandante!

- Imperator!

Gli ci era voluto qualche secondo per capire che il legato che si stava avvicinando velocemente, sferzando il proprio cavallo, lo faceva per attirare la sua attenzione, non per unirsi ai cori che lo esaltavano.

- Comandante, comandante!

- Che cosa è successo? – Mentre attendeva che l’altro parlasse, nella sua mente si ricorrevano velocissime le possibili minacce e le opzioni tattiche che poteva adottare per farvi fronte. Si sentiva calmo e sicuro di sé, come era sempre sul campo di battaglia.

- Comandante, devi vedere, è incredibile!

- Che cosa?

- Non posso spiegartelo, devi vedere!

Silla aveva seguito il suo subalterno, che si era allontanato sferzando la cavalcatura a più non posso, fin quando non erano arrivati sulla spiaggia.

- Apollo, è il dio Apollo! – Stavano urlando dal reparto romano lì schierato.

Anche Silla l’aveva pensato, in un primo momento. Nell’aria galleggiava, immobile, a diverse pertiche dal mare, un grande disco metallico, lucido e luminoso. Il condottiero romano aveva contemplato quello spettacolo, sbigottito ed incredulo.

Quando lui era arrivato, però, su un lato del disco era apparsa un’apertura, e poi una luce intensa e concentrata aveva raggiunto il suolo. Ed un uomo proveniente dal disco metallico aveva camminato su quella luce, lentamente, sino a raggiungere la spiaggia.

- Apollo! È il dio Apollo! – Continuavano ad urlare i suoi uomini, ormai in preda all’isteria.

Silla non era uomo da farsi intimidire, nemmeno da un’apparizione divina. Aveva spronato con decisione il cavallo, fino a trovarsi ad una pertica da quell’essere. Sembrava davvero un uomo, ma non del tutto: era infatti alto, più di lui, e sottile, quasi etereo, fragile come il fuscello di un albero. Era completamente glabro, come rivelava il capo scoperto, ed indossava una tuta argentea, mentre la pelle del volto era chiara, come quella di un albino. Il romano l’aveva fissato, notandone anche il sorriso tranquillo, e gli occhi gialli, inquietanti.

Silla aveva distolto lo sguardo, ed era una cosa che non faceva mai, ed aveva chiesto, nel suo miglior greco:

- I miei uomini sostengono che sei il dio Apollo. È così?

L’altro aveva chinato il capo, come se la domanda fosse meritevole di un’intensa riflessione. Aveva taciuto a lungo, per poi rispondere, con una voce un po’ incerta:

- Non sono un dio. Ma non sono nemmeno un uomo. Sono qui per rivelarti chi sono, se lo vuoi. Tu chi sei?

- Io sono Lucio Cornelio Silla, proconsole di Roma. – Aveva risposto lui a voce alta, orgogliosamente. – Questo è il mio esercito, e la mia provincia!

L’altro aveva annuito, con noncuranza, come se la cosa non fosse nulla.

- Scendi dall’animale che ti trasporta e parlami, Lucio Cornelio Silla, proconsole di Silla. Ed io ti rivelerò cose che nemmeno immagini!

Mentre diceva queste parole, il disco metallico era sparito d’incanto dal cielo, come se mai fosse esistito.

- Hai riflettuto su quanto ti ho detto, Lucio Cornelio Silla? – Ripete l’essere.

Non sembra seccato di esser stato costretto a ripetere la domanda, né impaziente. Non pare avere sentimenti umani, ed ha sempre sul volto quell’imperturbabile, costante sorriso che sin dal primo momento ha irritato Silla.

Avevano parlato, il giorno precedente, e subito dopo il proconsole aveva preso, rapido come era suo costume, le decisioni del caso: gli uomini che avevano assistito all’evento erano stati imprigionati, e quell’essere era stato accompagnato in una casa isolata, subito requisita, affinché fosse visitato dai migliori medici greci.

Lucio Cornelio Silla non era uomo da turbarsi facilmente. Anni prima, durante le guerre d’Africa, aveva attraversato da solo l’accampamento nemico, aveva raggiunto Bocco, re di Mauritania, e l’aveva convinto a fare prigioniero Giugurta, il re numida ribelle, che era suo ospite. Qualche anno dopo aveva affrontato le orde dei barbari germanici e poi era stato il miglior generale di Roma nella guerra contro i soci italici. E quando il popolo di Roma gli aveva negato il comando nella guerra contro Mitridate, lui aveva osato fare ciò che nessun romano aveva mai fatto, aveva condotto le legioni contro Roma, espugnando l’Urbe e mostrando le teste mozzate dei suoi avversari politici nel Foro.

Eppure ciò che la creatura gli aveva rivelato, nelle lunghe ore notturne in cui avevano parlato, l’aveva sconvolto. Il loro mondo non era l’unico abitato, ma la vita esisteva su migliaia di altri corpi celesti, sparsi nel cielo. Un pensiero che faceva tremare la sua immaginazione, ma lui era un uomo colto, aveva studiato la filosofia di Aristotele, e poteva accettarlo.

E quell’essere veniva da un altro mondo, molto più avanzato del loro. Era un esploratore, il cui compito era trovare altri pianeti abitati e riferire le sue scoperte. Silla era un condottiero, e capiva bene l’importanza dell’esplorazione, per cui aveva accettato anche questo.

- Pensa, Lucio Cornelio Silla, l’universo è tanto grande che io nemmeno posso comunicare con il pianeta da cui provengo. E noi esploratori siamo così numerosi e tanto dispersi nell’immenso universo che se uno di noi viene perduto, nemmeno viene cercato. – Gli aveva detto. – Possiamo soltanto sperare di tornare nel nostro mondo e riferire quando abbiamo trovato. –

Il proconsole aveva ascoltato, e ragionato su queste parole.

- Questo, Lucio Cornelio Silla, è il momento più importante della vostra storia. Perché i doni che io vi porto non hanno prezzo. – Il volto dell’alieno, caratterizzato da un’imperturbabile serenità, si era acceso di entusiasmo. – Il tuo mondo è arretrato, Lucio Cornelio Silla, ed io sono qui per portarvi il progresso. Perché quando io avrò riferito la vostra posizione, noi torneremo qui, con le nostre risorse, e risolveremo tutti i vostri problemi. Niente più fame, povertà, disuguaglianze, perché la nanotecnologia di cui siamo padroni e che vi doneremo permetterà a chiunque di avere qualsiasi bene materiale che desideri. Niente più padroni e schiavi, capi e sottoposti, poteri e gerarchie, quindi. E soprattutto niente più guerra, violenza, infelicità, perché la saggezza che abbiamo raggiunto, e che vi insegneremo, ha superato tutto ciò. Noi vi introdurremo all’amore universale, e costruiremo per voi un mondo nuovo. Ed il nuovo mondo avrà inizio da te e dalla tua Roma, se lo vorrai, Lucio Cornelio Silla!

- Hai riflettuto su quanto ti ho detto, Lucio Cornelio Silla?

Il proconsole guarda l’alieno, il suo sorriso sempre così fastidiosamente sereno, i suoi occhi gialli ed inumani. Se ne sta seduto sui talloni, immobile, dopo aver rifiutato ogni comodità che gli è stata offerta. Ha trascorso tutta la notte in quella posizione, in apparente meditazione, a quanto gli hanno riferito.

Non dubita per un istante della verità delle parole che ha sentito da quella creatura. I medici che l’hanno visitato gli hanno riferito che certamente non è un dio, ma nemmeno un uomo. Tanto per cominciare, i suoi organi non sono dove dovrebbero essere. Il suo cuore, per esempio, batte un po’ più in basso di quanto farebbe in un uomo, proprio al centro del ventre.

- Su che cosa dovevo riflettere? – Risponde ora, per la prima volta, in tono carico d’ira. – Siete tanto più avanzati di noi che comunque ci conquisterete e farete di noi ciò che volete, che lo vogliamo o no!

L’alieno scuote il capo. I suoi occhi per un attimo sembrano intristirsi, ma sulle labbra il sorriso non accenna a spegnersi.

- È questo che ti turba, dunque, Lucio Cornelio Silla? Sappi che non succederà, in ogni caso. Noi non crediamo nella violenza. La nostra filosofia è questa.

La calma degli dei discende d’improvviso sul proconsole romano. Ora ha deciso quel che deve fare e, come sempre gli accade, si sente perfettamente calmo e determinato. Si avvicina all’altro e gli si inginocchia davanti.

- Voi non credete nella violenza? – Chiede. Il suo è un sussurro, nell’orecchio dell’alieno.

- No, Lucio Cornelio Silla.

- Io sì.

Con un movimento rapido affonda la sua spada nel petto dell’alieno, proprio all’altezza del cuore. Il gladio romano è fatto per colpire di punta, per cui penetra agevolmente la veste argentea e le molli carni dell’alieno, forza con decisione la sua gabbia toracica e gli attraversa il cuore. Silla rigira con piacere e disgusto insieme la sua arma nel corpo di quell’altro. Vede con gioia che il sorriso sul volto dell’alieno si sta spegnendo, e poi la vita svanire velocemente da quegli occhi così stranieri, che continuano a fissarlo senza espressione. Estrae la sua spada quando capisce che è morto. Il cadavere cade lentamente, e tocca il suolo con un rumore sordo.

Silla si rialza e, con un movimento meccanico, ripulisce la spada dal sangue.

Un mondo senza schiavi e senza padroni, senza capi e senza sottoposti. Senza violenza e senza guerre! Pensa con disprezzo. Soltanto un alieno di un altro mondo poteva credere che un patrizio romano come lui è accettasse l’idea di un mondo così assurdo!

Senza guardarsi indietro, abbandona quella stanza, e l’alieno morto.