Il romanzo nel romanzo 

Al centro di Furia, romanzo di Salman Rushdie del 2001, c'è un altro romanzo: una favola fantascientifica che il protagonista, Malik Solanka, pubblica a puntate sul sul web, e che racconta le vicende del pianeta Galileo-1, del re demiurgo Akasz Kronos e della sua bellissima sposa Zameen, di un esercito di re marionette che si ribellano al loro creatore, di scioglimento di calotte polari e guerre planetarie.

Malik Solanka è un intellettuale che ha rinunciato alla carriera accademica per dedicarsi alla creazione delle sue bambole filosofiche (copie in miniatura delle grandi menti del passato), con cui ha raggiunto il successo televisivo. Ma quando una furia incontenibile si impadronisce di lui, costringendolo a mettere un oceano tra sé e la sua famiglia, si rifugia a New York dove troverà nuovamente l'amore e riscoprirà la sua passione per la fantascienza.

In poche pagine del capitolo 12 Rushdie ci riassume le vicende di un'epopea planetaria che potrebbe essere materiale per un altro romanzo:

Che i più forti sopravvivano:

l'avvento dei re marionette

Akasz Kronos, il grande e cinico cibernetico del Rijk, creò i re marionette per reagire alla crisi fatale della civiltà rijk, ma a causa di un grave e incurabile difetto del carattere che gli impediva di considerare il problema dell'interesse generale, volle che non garantissero altra sopravvivenza e fortuna che la sua. A quei tempi le calotte polari di Galileo-1, il pianeta che era stato la culla del rijk, avevano ormai raggiunto le ultime fasi della fusione (un grande tratto di mare aperto era stato avvistato al Polo Nord) e, per quanto si alzassero le dighe, non lontano era il momento in cui la gloria del Rijk, quell'altissima cultura sviluppatasi nella più bassa delle terre, che proprio allora stava vivendo la più ricca e prolungata età dell'oro della sua storia, sarebbe stata spazzata via.

Ma non è scrivere un planetary romance l'intento di Rushdie, quanto piuttosto rielaborare in chiave fantastica i temi del romanzo: Solanka-Kronos, il costruttore di bambole in preda a un'incomprensibile furia, la bellissima Neela-Zameen, attivista dell'immaginaria (ma non poi tanto) repubblica di Lilliput-Blefuscu dilaniata da conflitti etnici, la prima moglie Eleanor, il figlio Sam, l'amante Mila diventano tutti personaggi della Rivolta delle bambole viventi.

A loro volta, nella realtà di Malik Solanka le bambole che ha immaginato diventeranno maschere indossate dai guerriglieri di Lilliput-Blefuscu: il cortocircuito tra realtà e finzione è completo.

Leggi della robotica 

Il lettore si immerge nell'epopea delle bambole viventi, che Rusdhie condensa in poche pagine sull'esempio di autori come Borges, Cortazar, Nabokov, e soprattutto del suo amato Calvino.

Akasz Kornos, nella più classica tradizione fantascientifica, dota le sue macchine di un corredo di leggi della robotica: e qui Rushdie ci spiazza con una trovata metanarrativa: accanto alla «direttiva numero uno» (obbedire a qualsiasi ordine del creatore, fosse anche la propria autodistruzione) Kronos dona ai suoi robot sei qualità: leggerezza, rapidità, esattezza, visibilità, molteplicità e coerenza.

Le sei qualità fondamentali della letteratura individuate da Italo Calvino nelle Lezioni americane, diventano qui un magnifico pretesto per una riflessione sull'uomo.

A differenza delle famose leggi asimoviane, le qualità di Calvino non sono stabilite: ogni robot può interpretarle a suo modo, e il modo in cui le combina costituisce il suo libero arbitrio.

Perché Kronos dota i suoi robot di qualità così complesse? «Perché forse lo scienziato che era in lui non resistette alla tentazione di vedere in che modo queste nuove forme di vita risolvevano la battaglia che infuria in tutte le creature dotate di coscienza, tra luce e buio, cuore e mente, spirito e macchina». La complessità delle macchine sarà anche la rovina di Kronos, quando le sue stesse creature cominceranno a sviluppare la consapevolezza dei propri diritti e opporsi alle decisioni del creatore: fino a sostituirlo con una marionetta indistinguibile dall'originale, e alimentare la leggenda della follia del loro creatore.

La visuale di Dio 

Ma non è il racconto nel racconto la vera anticipazione fantascientifica presente nel romanzo quanto la struttura che Rusdhie-Solanka immagina per la sua opera.

Lui che aveva avuto tanti dubbi sull'avvento del nuovo mondo elettronico, era letteralmente conquistato dalle possibilità della nuova tecnologia, con la sua esplicita preferenza per i salti laterali e il suo relativo disinteresse per la progressione lineare, una tendenza che aveva già suscitato nei suoi utilizzatori più interesse per la variazione che per la cronologia. Questa liberazione dalla schiavitù dell'orologio, dalla tirannia della continuità, era entusiasmante: gli permetteva di sviluppare le sue idee in parallelo senza preoccuparsi della successione o del rapporto di causa ed effetto. Ora i link – i collegamenti – erano elettronici, non narrativi. Tutto esisteva simultaneamente. Questo era, pensava Solanka, uno specchio fedele dell'esperienza divina del tempo. Fino all'avvento degli hyperlink, solo Dio aveva potuto vedere simultaneamente nel passato, nel presente e nel futuro; gli esseri umani erano imprigionati nel calendario dei loro giorni. Oggi, però, una simile omniscienza era a disposizione di tutti, al semplice cliccare di un mouse.

Il visitatore del sito può seguire la vicenda di Kronos, Zameen, dei loro simulacri, degli erremme (i re marionette) nell'ordine che preferisce, muoversi tra capitoli, temi, linee narrative, senza un ordine stabilito, ma facendosi guidare dai link per dare al racconto la forma narrativa che preferisce.

In altre parole, con La rivolta delle bambole viventi Rushdie immagina una via per il romanzo del futuro che, a quasi 15 anni di distanza, non è stata ancora esplorata a sufficienza.

Un mondo alternativo in continua metamorfosi 

La rivolta delle bambole viventi è, per certi versi, un romanzo autobiografico: siamo di fronte a una triplice identificazione Rusdhie-Solakna-Kronos.

Solanka riversa nella storia di Kronos le proprie vicende quotidiane, le donne della sua vita, le ossessioni, l'oscura passione per le bambole, le riflessione sul rapporto tra conoscenza e potere (incarnate dalla figura di Galileo, oggetto di una ridicola seconda censura nel programma televisivo di Solanka), la guerra, la furia.

Sono tematiche del romanzo principale, che a loro volta rimandano al clima di tensione, di elettricità palpabile nell'America pre-undici settembre (il romanzo è ambientato durante la campagna elettorale di «Gush e Bore») in cui lo stesso Rushdie ha effettivamente trovato rifugio e amore.

Ma soprattutto Furia contiene tra le sue pagine un omaggio alla fantascienza dell'età dell'oro, amata dall'autore tanto quanto dal suo protagonista. Dello stesso Rushdie potremmo infatti dire quello che lui scrive di Malik Solanka:

Quando era giovane, nei primi anni Sessanta, Malik Solanka aveva divorato i romanzi di fantascienza di quella che fu più tardi riconosciuta come l'età dell'oro di questo genere letterario. Fuggendo dalla sgradevole realtà della propria vita, aveva trovato nel fantastico – nelle sue parabole e allegorie, ma anche nei suoi voli di pura invenzione, nelle sue idee più vertiginose – un mondo altenrativo in continua metamorfosi nel quale si sentiva istintivamente a casa sua. Si abbonò a tutte le riviste leggendarie […] e imparò quasi a memoria le opere di Ray Bradbury, Zenna Henderson, A.E. Van Vogt, Clifford D. Simak, Isaac Asimov, Frederick Pohl e C.M. Kornbluth, Stanislaw Lem, James Blish, Philip Dick e L. Sprague de Camp. La science fiction e la science fantasy dell'età dell'oro erano, a suo avviso, il migliore veicolo popolare mai ideato per il romanzo metafisico e di idee.

Non è la prima volta che Rushdie attinge all'immaginario fantascientifico per costruire romanzi che vengono considerati mainstream: è il caso dei Figli della mezzanotte, in cui rielabora in chiave solipsistica il tema dei mutanti in contatto telepatico (filone classico della fantascienza, da Sturgeon agli X-Men).

Ma in Furia, al tempo stesso omaggio e condanna della cultura americana sull'orlo della propria autodistruzione, le riflessioni sulla fantascienza diventano parte integrante del romanzo: le vicende di Galileo-1, come abbiamo visto, sono lo specchio attraverso cui guardare al sogno americano infranto, alla «polverizzazione dei sogni in un paese dove il diritto al sogno era la pietra angolare ideologica nazionale, lo schiacciante annullamento di ogni possibilità individuale in un momento in cui il futuro si apriva sui panorami dell'inimmaginabile, rivelando tesori mai sognati da nessun uomo e nessuna donna.»

Da sempre la fantascienza è al tempo stesso un potente strumento per immaginare il futuro e un monito sul nostro presente: nessuna meraviglia se un autore come Rushdie, che nei suoi romanzi ha sempre saputo mescolare il realismo con il fantastico nelle sue molteplici incarnazioni, si serva in Furia proprio della fantascienza per mettere in guardia l'America (e l'occidente) dal baratro in cui sta per precipitare.

E questo probabilmente il significato del cortocircuito finale a cui assistiamo nell'ultima parte del romanzo: i volti dei protagonisti di Furia, Malik e Neela, dopo essersi incarnati nei personaggi immaginari della Rivolta delle bambole viventi, irrompono nuovamente nella realtà sotto forma di maschere indossate dai guerriglieri di Blefuscu.

Il confine tra realtà e finzione, sembra dirci Rushdie, non è mai stabile. Galileo-1 è il futuro che ci attende se non cambiamo direzione.

A pochi mesi dalla pubblicazione di Furia, la realtà avrebbe tragicamente confermato la visione di Rushdie.