Il conto dei morti sale così come la temperatura del dibattito. Quanto scritto da alcuni quotidiani, oggi, hanno mostrato chiaramente come anche in Italia le stragi di ieri abbiano esacerbato un processo, quello della ricerca del nemico interno alla caccia del quale può essere sacrificato ogni cosa: decenza e libertà.

Quello che è successo ieri è indicibile, malvagio: questo è indubbio. Se quest’è l’analisi sui fatti di ieri, ciò che è preoccupante è ciò che può aprirsi oggi. Riflettendo su questo, voglio menzionare un libro: non un saggio, ma fantascienza dal sapore sempre più attuale.

Little Brother è un romanzo del 2008 di Cory Doctorow, uno dei nomi più importanti della fantascienza sociale d'oltre oceano. Il romanzo racconta di un futuro prossimo, di un dopodomani che si apre con l'alba di fuoco di una serie di simultanei attentati a San Francisco. Le vicende di Marcus, un diciassettenne studente superiore attivo "smanettone" informatico, sono l'intreccio in cui è raccontato il mondo dopo l'attentato, il mondo del terrore dopo il terrore. Infatti, gli attentati aprono a una nuova stagione, a un mondo nuovo segnato dal progressivo inasprimento delle misure di controllo sui cittadini, il trasformarsi della città in uno stato di polizia permanente, e di come siano proprio i più giovani a diventare movimento cosciente, fronte di resistenza civile alla deriva antidemocratica, laddove gli adulti appaiono docili soggetti delle nuove politiche di controllo individuale e collettivo.

I "Little Brothers", attori del romanzo, sono giovani, spesso ingenui, protagonisti di una stagione di lotta politica che dal web si espande alla piazza, diventando il soggetto politico capace di riattivare lo spirito civile, mettendo a nudo la deriva democratica in essere. Le pagine, spesso nutrite si sana fantascienza hardcore, sono però prima di tutto un'esplorazione della reazione al terrore: la paura, la rincorsa spasmodica del controllo su tutto e tutti nel tentativo di inseguire uno sfuggente "nemico interno", la chiusura in sé della società e delle famiglie.

Quest’analisi insegna una cosa, che oggi più che mai è importante: se la mano degli attacchi può essere nota, laddove la reazione dello stato-collettività al terrore è l’aumento di controlli, la limitazione delle libertà individuali, ben presto il “cattivo” non diventa più l’attentatore ma rischia di essere proprio lo stato-collettività pronta a sacrificare tutto ciò che è più identificativo di una democrazia, le libertà individuali di espressione, alla ricerca del “nemico interno”.

Ciò che è accaduto ieri è terribile e non può andare né dimenticato, né impunito. Il libro di Doctorow però ci è di lezione oggi più che mai sui rischi della reazione: aderire alla politica dell’odio e della paura può portare a una perdita ancora più grande, di quell’anima democratica, plurale e tollerante, che è identificativa di una democrazia. Se crediamo ancora che l’Europa sia grande per la sua anima democratica siamo obbligati a un difficile compito: reagire senza imbruttirci, agire senza nel pathos perdere noi stessi.