Ad un certo punto del film Il sopravvissuto (The Martian in originale) di Ridley Scott, il protagonista astronauta Mark Watney, interpretato da Matt Damon, avvia un ragionamento a base di diritto territoriale per appropriarsi del titolo di "Pirata dello Spazio" e nel salvataggio finale si arrogherà il diritto di muoversi “alla Iron Man”, passando da personaggio a personaggio, senza mai però rivelare il suo “vero” personaggio: Robinson Crusoe.

Sia chiaro, però, una cosa è naufragare su un isola, un'altra farlo su un pianeta mai toccato da mani umane.

Ma ridurre The Martian solo ad un One Man Film da incastonare nella serie delle pellicole simili fino a Cast Away sarebbe riduttivo.

Perché il personaggio di Matt Damon non è uno studente di legge, né un dirigente della FedEx, ma un botanico/astronauta e (soprattutto) un vero nerd!

Prima di proseguire vi propongo una domanda.

Ma vi siete chiesti perché vi piace la fantascienza?

Stiamo parlando di un genere che utilizza nel tessuto stesso della propria struttura narrativa concetti e proiezioni di natura scientifica. Se non ci fossero “trovate scientifiche” non ne saremmo affascinati, nemmeno seguendo storie nelle quali siamo chiamati a fare pesantemente ricorso alla sospensione dell'incredulità.

Ridley Scott ha piazzato The Martian – tratto dall'omonimo romanzo di Andy Weir, pubblicato in Italia dalla Newton & Compton - proprio in questo solco.

Che la NASA lo abbia aiutato abbondantemente sembra più che chiaro, che sceneggiatura e regia si prendano le loro libertà per rendere la vicenda appassionante anche, che il tutto sia condito da una furbissima strizzatina d'occhio al mercato orientale grazie all'intervento dell'agenzia spaziale cinese come Deus Ex Machina, poi, dimostra che Scott ha bene imparato anche le vie del marketing.

Il risultato di tutto questo è un buon film di FantaScienza, cioè di una storia che tiene attaccati allo schermo, appassionandoci dall'inizio alla fine alla vicenda dell'astronauta abbandonato e dato per morto suo malgrado.

Lo sappiamo che tornerà a casa, così come sappiamo che quando le cose per il sopravvissuto vanno fin troppo bene accadrà una disgrazia e quando ci viene mostrato emaciato e barbuto verrà sicuramente salvato. Eppure tutto questo non ci impedisce di goderci il film in tutte le sue sfumature drammatiche, tecniche e anche divertenti. Avrete notato (o noterete) vedendolo come le musiche non siano piazzate lì a caso. Quando il personaggio, ad esempio, va in giro con un “nucleo di Plutonio” dietro le spalle che riscalda l'abitacolo del Rover in sottofondo ascoltiamo Hot Stuff, e la canzone sui titoli di coda è… I Will Survive!

Vogliamo parlare della scena che non sfigurerebbe in un episodio della sit-com Big Bang Theory?

Eccola: i cinesi si propongono come alleati segreti alla Nasa e l'operazione viene battezzata Elrond.

L'unica a non capire il significato del nome è l'addetta stampa della Nasa, perche tutti gli altri (e dico TUTTI) non solo comprendono il riferimento al Signore degli Anelli, ma iniziano anche a cazzeggiare sui propri nomi in codice di eventuale stampo tolkieniano. E passa piano piano il messaggio: se sei un nerd forse sei adatto per la NASA.

Già, la NASA, quell'apparato dispendioso che si diverte a far volare razzi e pensare a come poter esplorare pianeti e galassie mentre sulla Terra si muore di fame. Sì, proprio loro, ovvero la versione moderna di quelli che salparono alla ricerca delle Indie mentre nei regni dai quali venivano il popolo continuava a vivere in povertà e malattia.

Dobbiamo arrenderci, l'umanità è schizofrenica, ma capace di affascinanti lampi di genio che possono portarla oltre i propri limiti.

Che dite, la NASA avrà infarcito il film di messaggi subliminali o i miei sono solo segni di una senescenza precoce?

L'esplorazione parte dal sogno di terre lontane, dal desiderio dell'uomo di provare a spingersi oltre i propri limiti e di affrontare la peggiore delle paure: la morte, certo con l'obiettivo di aprire nuovi mercati e non solo di coprirsi di gloria.

Alla fine del film il nostro sopravvissuto si troverà ad insegnare agli aspiranti astronauti ad affrontare la paura, a suddividerla in piccoli problemi risolvibili (dimenticando, a mio avviso, di citare comunque una sana botta di fortuna che non guasta) e a combattere passo dopo passo.

Ridley Scott ha confezionato un buon film dimostrando che una storia scritta con cognizione di causa batte di gran lunga l'onda emozionale di un franchising, e anche se proseguirà a pagarsi i mutui con film “della serie” di Alien e (sigh) Blade Runner, non posso che ritenermi soddisfatto di questo suo The Martian.

Ecco perché uscendo dal cinema mi sono reso conto che stavo guardando la falce di luna con gli occhi di chi da bambino voleva fare l'astronauta.

Quindi lo ammetto, anche se non vedo l'ora di rituffarmi in una Galassia Lontana Lontana o di storcere il naso sul prossimo Star Trek, vorrei sapere se e dove si può firmare per avere almeno un film come The Martian (o Interstellar, in tutta la sua diversità aldilà delle somiglianze superficiali) all'anno.