Permettetemi qualche considerazione prima che ripartano la stagione cinematografica e televisiva.

Se una volta la fantascienza era “letteratura di genere” ora è di sicuro “intrattenimento di genere” perché comprende opere letterarie e comics su carta ed ebook, giochi sia da tavolo che per PC e consolle e, ovviamente, prodotti per il cinema e la televisione.

Ma alcune questioni riguardanti questo genere negli USA e in Europa (senza quindi considerare il mercato orientale) sono rimaste sempre uguali.

Fermo restando che non uno degli ambiti dell’intrattenimento citati sopra ha come fine ultimo la beneficenza, ma che ogni singolo prodotto deve dimostrare di poter produrre un guadagno superiore alle spese di produzione viene da chiedersi cosa venga prima, la domanda o l’offerta?

Magari sto solo elucubrando sulla solita questione dell’uovo e della gallina, eh?

Il primo pensiero va agli anni in cui la fantascienza era solo scritta (su carta) quelli delle riviste pulp come Astounding e della generazione dei padri fondatori del genere.

Di sicuro in tutta quella quantità di scritti ci sono state opere di letteratura, di buona narrativa e anche spazzatura. C’erano filoni (per citarne solo alcuni) che esploravano lo spazio trattandolo come l’oceano dei pirati, quelli che alla fantascienza mescolavano tematiche poliziesche, quelli che si preoccupavano di una parvenza di scientificità e altri che inserivano elementi fantastici ed horror.

Esisteva, comunque, un mercato trasversale che comprendeva il teen ager come il maturo professionista che voleva concedersi una fuga dalla realtà.

Per fare il passaggio dallo scritto alle immagini non dimentichiamoci dei comics che unirono in Superman la doppia tematica dell’alieno in terra straniera con l’avventura contro criminali pittoreschi e piani per dominare il mondo, tanto da far guadagnare all’Uomo d’Acciaio anche una serie televisiva.

Serie televisiva, già, come quella che nessun appassionato di fantascienza può ignorare: The Twilight Zone.

Se c’è un esempio di intrattenimento fantascientifico trasversale capace di unire il sense of wonder con il gusto del racconto “con finale a sorpresa” è proprio questa serie che non solo ha attinto a piene mani da quello che si scriveva in quegli anni, ma ha anche gettato i semi per tutta una nuova generazione di intrattenitori.

I mezzi erano semplici, il budget ridotto ma la maggior parte di quei telefilm hanno lasciato ricordi indelebili, una sensazione che personalmente non ho provato più fino a Black Mirror.

E questo con buona pace di chi dice che la serialità uccide le idee.

Con l’evolvere dei mezzi tecnici si è potuto far vedere sempre di più, fino a mostrare l’infinitamente piccolo (ve lo ricordate Viaggio Allucinante?) e l’infinito (2001 Odissea nello Spazio?).

E così l’industria dell’intrattenimento ha iniziato ad andare a ritmi sempre più elevati e se un certo “sottogenere” pareva essere più di successo si provava a spolparlo fino all’osso.

Mi chiedo, ma noi fruitori ci sentiamo più cavallette o gourmet?

Siamo portati a divorare incondizionatamente tonnellate di ciò che ci viene messo sotto le mandibole per poi passare ad altro oppure ci piace scegliere di volta in volta i prodotti che preferiamo consumare?

Se diamo un occhiata al mercato di oggi ci rendiamo conto che quella fantascienza degli inizi è quasi del tutto assente se non nel settore dei giochi.

Dove altro riuscite a trovare civiltà galattiche, esplorazione, alieni?

Peccato che spesso l’unica cosa da fare sia quella di ucciderli e conquistare.

Dove sono finite le stelle e i pianeti?

Non basta prendere una storyline di tipo giallo, avventuroso, romantico o altro e ambientarla in una stazione spaziale o a bordo di una astronave per dire che è fantascienza.

E questo dobbiamo ammetterlo anche per buona parte dei serial di ottima fattura che ben ricordiamo in questi anni (solo alcuni in ordine alfabetico: Babylon 5, Doctor Who, Farscape, Galactica, Star Trek) dove talvolta gli episodi “di respiro cosmico” ci sono ma ovviamente ciò che interessa è la fidelizzazione dello spettatore sulle vicende dei protagonisti.

E poi, mezzi tecnici o no, è più semplice scrivere e condurre una storia che riguardi degli individui piuttosto che impelagarsi nell’esplorazione spaziale visto che c’è sempre il rischio di una bufala scientifica molto più individuabile oggi che in passato.

Sto forse per dire che dopo l’Odissea e l’Iliade non si può più scrivere nulla di originale?

Ovviamente no, ma il panorama cinematografico e televisivo che si presenta ai nostri occhi non è poi così eccezionale come vorrebbero farci credere.

Abbiamo eserciti di supereroi provenienti da Mamma Marvel Continuity e la Distinta Concorrenza di visione Nolaniana e non (per la TV), che possono accontentare grandi e piccini ma che si stanno avviando verso l’esplosione “demografica” che caratterizzò gli anni ’80 delle edicole italiane fino a che non si verificò una inevitabile crisi con inversione di tendenza.

Non dimentichiamo gli Young Adults dove dopo Hunger Games si è aperta la caccia a nuove storie sia tratte da cicli di romanzi già pubblicati che da pubblicare. Esiste infatti un mercato di idee per questo genere di film che sta crescendo, così come spesso gli autori di graphic novel scrivono e disegnano con la precisa intenzione di vedere la loro opera animarsi su grande o piccolo schermo (vedi Oblivion, per esempio).

I prodotti sull’esplorazione spaziale sono pochi, dopo Interstellar (che nel bene e nel male ha rappresentato una boccata d’ossigeno). E gli spunti indipendenti sempre meno.

Vogliamo aprire lo scrigno dei franchising? Non passa settimana che non si sentano rumors non solo sulle “serie in lavorazione” (Star Trek, Star Wars, Terminator) ma anche sull’eventuale reboot (sfido chiunque a non avere un moto di disapprovazione sentendo questo termine) di vecchie serie/ idee/ film.

Ma, mi chiedo, quando è comparso il primo film di una qualsiasi di queste serie era forse il reboot, prequel sequel di qualcosa?

Quale sconsiderato coraggio avevano i produttori dell’epoca a lanciarsi in avventure così incerte?

Onore al merito ai progetti che si sono interessati o si stanno interessando di buoni romanzi di fantascienza, come Ender’s Game, le serie in preparazione su Hyperion e Childhood’s End e altri progetti di cui si sente parlare (perfino il ciclo sulla Fondazione di Isaac Asimov).

Auguriamoci, però, che l’ansia da prestazione dei produttori non porti a troppe derive young adults (come in Ender) o a riscrivere storie che non avevano bisogno di correzioni (come Io Robot e l’Uomo Bicentenario) nel timore di non dare al pubblico quello che vuole, ma che qualcuno abbia il coraggio di stupirci con buone idee proprie o di scrittori che per anni ci hanno fatto sognare ed emozionare, mettendosi con rispetto al servizio della storia per farci spalancare gli occhi di meraviglia, perché non credo che ormai siamo così smaliziati da non saper più apprezzare una buona storia.

Con i migliori auguri per questa Nuova Stagione cine-televisiva e non solo.