Non si scappa. Quando mettiamo insieme le parole magia e scuola, il pensiero corre spontaneo alla Hogwarts di Harry Potter o alle “mandrakate” dei precari che inseguono tra mille ostacoli uno straccio d’incarico. Solo nel fumetto l’associazione riguarda un docente che con i banchi scolastici non ha nulla a che vedere: è Il Maestro di Mino Milani e Aldo Di Gennaro.

Siamo nel febbraio del 1974, lo scetticismo scientifico del Cicap, la famosa indagine sul paranormale di Piero Angela sono ancora lontane a venire e l’Italia intanto gode della fascinazione di queste tematiche, portate alla ribalta nel quiz Rischiatutto dal campionissimo romano Massimo Inardi. Dall’arena televisiva, Il medico esperto di parapsicologia, oltre a mostrare doti prodigiose di memoria e cultura, divulga il mondo dei sensitivi come Uri Geller o l’olandese Gerard Croiset. Già da un decennio escono con successo i libri fanta-archeologici di Peter Kolosimo, inoltre, la popolarità di Croiset è ulteriormente ribadita dallo sceneggiato Rai Esp del 1973, che appassiona il pubblico con quattro puntate interpretate da Paolo Stoppa.

Il sovrannaturale dunque funziona e una rivista attenta come Il Corriere dei Ragazzi non può non trovarvi ispirazione per proporre un protagonista al passo coi tempi.

Aprendo il n. 7 del rinnovato settimanale, i lettori fanno la conoscenza con questo collega del Dottor Strange, privo di costumi roboanti ma dotato come unico vezzo di uno scacco bianco che campeggia sulla cravatta nera. Lo ha preceduto di qualche anno un’altra creazione di Milani in stile “ai confini della realtà”, il giornalista Martin Cooper che appare dal 1964 sulle pagine del Corriere dei Piccoli in una serie di romanzi a puntate.

A differenza dell’antecedente, però, Il Maestro nasce a fumetti, inquadrato e scandito da storie brevi accomunate a quelle del cugino giornalista per le esperienze straordinarie, faccia a faccia col mistero.

Da ciò che si desume dal primo episodio Lo scarabeo di Ara Tutna, il nostro eroe è un maturo signore dai capelli brizzolati, proprietario di un elegante edificio sulle colline di Los Angeles, dove vive circondato da libri in compagnia del maggiordomo Astor e di un gatto siamese, Nardy, dalle doti feline capaci di percepire realtà eteriche.

Ulteriore nota di sintonia con il gusto contemporaneo è la sua caratterizzazione fisica, modellata sul volto dell’attore Luigi Vannucchi, che nel 1972 aveva riscosso grande consenso con A come Andromeda, lo sceneggiato Rai diretto da Vittorio Cottafavi, tratto dal romanzo di Fred Hoyle.

L’omaggio non sembra portare fortuna all’attore siciliano, poiché la sua prematura dipartita seguirà di poco la fine dell’omologo cartaceo, mentre l’abbinamento comic/attore inaugura una pratica vincente, ripetuta in serial successivi dal Ken Parker/Robert Redford del 1977, al Dylan Dog/Rupert Everett del 1986, al Magico Vento/Daniel Day Lewis del 1997 e da altri ancora. Un’intuizione che non resta unica nella carriera de Il Maestro.

Per interpretare al meglio il conflitto alla base di ogni fabulazione, una buona storia ha tanto bisogno di eroi quanto di antagonisti coi fiocchi. A fare da contrappeso al consulente speciale del LAPD, dev’esserci quindi un pezzo da 90, una minaccia impossibile che i normali strumenti d’indagine non siano capaci di affrontare.

È per questo che il tenente Velda Morris chiede aiuto ai metodi poco ortodossi dello studioso, quando l’eminente archeologo Jakov scompare nel nulla dalle sale del Museo Egizio in cui lavora. Unica traccia a disposizione della bella poliziotta è il ritrovamento di un reperto prezioso e leggendario, lo scarabeo di Ara Tutna, il cui possesso si rivelerà mortale.

Permettendo a chi lo usa di materializzare il proprio pensiero, l’oggetto scatena le brame della dottoressa Jaga, che da assistente di Jakov ne diviene assassina, conquistandosi in poche pagine il ruolo di nemica numero uno del Maestro.

In un episodio di dodici tavole, troppo rapido per permettere a MIlani di approfondire lo spessore psicologico e il passato dei suoi protagonisti, si viene tuffati dentro l’azione tramite abili pennellate di paranormale e un rapido dosaggio di indagini, inseguimenti di corpi fluidici, fughe e sorprese che si estenderanno lungo tutto il primo arco narrativo di nove storie.

La mulatta Jaga appare lo specchio oscuro del “mago bianco”, sia in termini morali che fisici. Spietata, avida, priva di scrupoli, sfrutterà l’amuleto con difficoltà non avendone decifrato del tutto l’iscrizione, per congegnare un ricatto di portata planetaria. Grazie al potere psichico dello scarabeo Jaga provoca una gigantesca alluvione che si abbatte per giorni sul deserto egiziano. Per impedire il disastro, la sua richiesta al governo di Sadat è assai salata, 1000 miliardi in oro altrimenti l’Egitto farà la fine di Atlantide. Il ciclo è all’apice della tensione.

Esoterismo e fantascienza sono fusi insieme nella rivelazione della natura aliena

del reperto, uno strumento ultratecnologico perduto nell’antichità da un astronauta morente, nel contempo, storia dopo storia, il Maestro dà sfoggio di bilocazione, proiezione del pensiero, psicometria e persino levitazione, sbaragliando i mercenari al soldo dell’archeologa.

La resa dei conti con Jaga si consuma ne L’ultimo atto, in uno scontro su di un vulcano in eruzione che inghiotte la criminale e il suo pericoloso gingillo. Anche questa scelta di Milani è profetica, scegliendo uno scenario forte, ripreso del 2006 dal duo Preston & Child per il duello finale tra l’agente Pendergast e il malvagio fratello DIogenes, ne Il libro dei morti.

Dalla conclusione delle prime 9 puntate, la serie si attesta su sequenze di episodi autonomi, meno eclatanti, imperniati su minacce di natura terrena o infestazioni dall’atmosfera più malinconica che horror. Questa routine narrativa viene interrotta da piccoli cicli di storie collegate e dal sedicesimo episodio vede riapparire anche la rediviva nemica, salvata in extremis dal fuoco tramite l’ultimo desiderio concesso dallo scarabeo: “Non morta, non sfigurata”.

Questo colpo di teatro preannunciato da un titolo che lascia pochi dubbi (Il ritorno di Jaga), resterà poi irrisolto, disperdendo le tracce dell’avversaria all’interno di alcuni racconti di ambientazione africana. Non si avrà neanche una soluzione all’accennata love-story tra Maximus (vero nome del Maestro) e la bionda Velda. La trasformazione del Corriere dei Ragazzi in CorrierBoy, una sorta di imitazione de Il Monello, interromperà la serie orientandosi verso personaggi più commerciali e dimenticabili.

Il Maestro torna ad affacciarsi sulla rivista spagnola Super Salarino nel ’79, tradotto con l’autorevole appellativo El professor, successivamente ricompare in libreria con l’editore Ivaldi in una singola raccolta del ’83.

La parsimonia di ogni “effetto speciale”, l’umanità e il silenzioso riserbo sono la cifra stilistica di questo personaggio dalle belle potenzialità, penalizzato soltanto dal carattere autoconclusivo delle avventure e dalla loro lunghezza. I testi di Milani sono solidi come di consueto e il piacere della lettura è corroborato dai disegni del grande Di Gennaro, che ha assimilato in maniera personale la lezione stilistica dell’americano Alex Toth, gareggiando con il celebre cartoonist in sintesi e forza espressiva. Non trascurabile è anche l’influenza dell’illustratore Giorgio De Gaspari, di cui Di Gennaro reinterpreta con maestria la composizione delle immagini moderne, dinamiche, d’impatto.

Per la sua originalità la serie è ben accolta dal pubblico, ma per la mole di lavoro che ne assorbe il creatore, ai disegni si aggiungono anche alcuni illustratori ospiti, come un giovanissimo Giancarlo Alessandrini che troviamo impegnato in un paio di storie, mentre Ivo Milazzo curerà le matite di un solo episodio.

L’ultima puntata del Maestro apparsa nell'ottobre 1976, Una sera, un coltello, un amico, è un intermezzo crepuscolare, caratterizzato come alcuni racconti precedenti dalla narrazione in prima persona. Nonostante i disegni siano firmati dallo stesso Di Gennaro, la storia in realtà è illustrata da Mario Cubbino, già noto ai lettori del CdR come coautore della serie L’Ombra su testi di Alfredo Castelli. Perché questo scambio? Non c’è una spiegazione.

Forse è la giusta magia conclusiva di una serie basata sull'occulto, un trucco da prestigiatore che confonde le carte lasciando sospeso il ricordo di un personaggio imperscrutabile e la sua scia di interrogativi.