Immaginate di svegliarvi un giorno e vedere andare in fumo tutte le vostre certezze. Il governo che dovrebbe lavorare per voi non si preoccupa più tanto della vostra libertà e anzi sembra solo occupato a soffocare – con le peggiori scuse possibili – ogni spinta di dissenso nel tessuto sociale, monitorando i movimenti di chiunque ventiquattro ore su ventiquattro, scegliendo cosa è meglio che sappiate e quale punto di vista è meglio che sostenga la pubblica opinione, pianificando i prossimi attentati perché il vostro sostegno risulti più saldo e sicuro. Vi sembra il regno di 1984? Un quarto di secolo dopo la data immaginaria di Orwell, Cory Doctorow ce ne offre una prospettiva aggiornata ai tempi in Little Brother (2008), pubblicato nel 2009 da Newton Compton Editori con il titolo di X, e ora di nuovo in libreria (e sugli scaffali elettronici) grazie a Multiplayer.it Edizioni, che lo ripropone nella collana Apocalittici. Per ottobre la casa editrice umbra ha già annunciato inoltre l’uscita di Homeland (2013), il seguito ancora inedito in Italia.

Definito dall’Entertainment Weekly «il William Gibson della sua generazione», Doctorow si appresta a essere valorizzato come merita anche dall’editoria italiana. O almeno così sembrerebbe. La scelta di presentare nuovamente il suo romanzo di maggior successo ci sembra particolarmente indovinata: innanzitutto perché Little Brother rappresenta in effetti una svolta nella carriera dell’autore anglo-canadese, avendogli portato una pioggia di nomination e i prestigiosi riconoscimenti del John W. Campbell Memorial Award, assegnato dal Center for the Study of Science Fiction dell’Università del Kansas, e del Prometheus Award della Libertarian Futurist Association; e in secondo luogo perché, a distanza di sette anni dalla prima edizione in lingua inglese, pur essendo stato scritto in un periodo storico di grandi incertezze e cambiamenti, prima che intervenisse la crisi economica a congelare in qualche modo la situazione internazionale in uno scenario di «caos freddo», il romanzo si legge ancora con immutato interesse, conservando intatta la sua attualità, e risaltando anzi nella profondità delle intuizioni che la prospettiva storica ci consente di apprezzare ancora meglio.

Come fa inoltre notare Bruce Sterling nella sua introduzione, scritta espressamente per questa nuova edizione italiana, Little Brother è forse il più accessibile dei libri di Doctorow. Di fatto è un prodotto young adult, rivolto a quel pubblico di giovani lettori a cui ormai da diversi anni l’editoria italiana ha smesso di somministrare dosi di fantascienza. Un danno per tutti, per i lettori di oggi come per quelli di domani, visto che proprio le opere rivolte ai giovani lettori hanno accompagnato l’evoluzione del genere nelle sue fasi cruciali, rinnovando un patto generazionale che ha consentito alla fantascienza di tenersi al passo coi tempi; e per questo controproducente per il futuro stesso del genere, che soprattutto in Italia si trova a poter fare affidamento su una base sempre più ristretta e incapace di sopperire al progressivo, inevitabile invecchiamento.

In una certa misura, per riprendere sempre le parole di Sterling, Little Brother è un lavoro didattico: il suo protagonista spende il tempo del romanzo imparando, oppure insegnandoci qualcosa. In entrambi i casi il lettore ne esce arricchito su una varietà di argomenti. Di certo, che siate ancora giovani oppure ormai maturi, quando chiuderete questo libro e lo riporrete sul tavolo o la scrivania, difficilmente vi troverete con la sensazione di aver sprecato il vostro tempo. Anzi, probabilmente cercherete un posto d’onore nella vostra libreria, per poterlo recuperare in fretta se vi dovesse venire in mente di richiamare una data nozione; oppure se dovesse presentarsi l’occasione di prestarlo a qualcuno la cui maturazione vi sta particolarmente a cuore.

Controllo e resistenza 

Marcus Yallow e i suoi amici hanno diciassette anni, vivono fra pochi anni e fanno

Cory Doctorow
Cory Doctorow

le cose che normalmente farebbero i ragazzi della loro età, in qualsiasi epoca dal Secondo Dopoguerra in avanti. In effetti, il loro mondo però ha delle particolarità. Le scuole sono infatti attrezzate con avveniristici sistemi di sorveglianza (software, al posto dell’hardware di Classe 1999 – ricordate Malcolm McDowell nei panni del preside-cyborg?), basati sul riconoscimento dell’andatura e sul tracciamento in tempo reale dei tag RFID inseriti nei libri. Le lezioni si avvalgono di SchoolBook d’ultima generazione, teoricamente sempre sotto il controllo delle autorità scolastiche. La tecnologia, comunque, non impedisce ai ragazzi di ritagliarsi margini di autonomia e passatempi più costruttivi. È proprio la profonda conoscenza dei segreti dell’informatica – una lingua masticata poco e male dagli adulti, cresciuti in un mondo a bassa penetrazione elettronica, che tuttavia pretendono di imporre la propria autorità sul mondo dei ragazzi – a consentire loro di disporre a piacimento del proprio tempo.

A Doctorow bastano due capitoli e 20 pagine per dipingere lo scenario utopico di una tranquilla ribellione giovanile e poi mandare in mille pezzi l’idillio. Una mattina, la vita di Marcus, Darryl, Van e Jolu, quattro ragazzini americani come tanti, all’improvviso s’interrompe. Nel loro universo fa irruzione un orrore che li imprigiona nelle spire di un incubo distopico. I quattro sono appena “evasi” da scuola per dedicarsi a una partita di Harajuku Fan Madness, un gioco di realtà alternativa che spopola tra le bande di adolescenti di San Francisco, quando dei terroristi fanno saltare con una bomba atomica sporca il Bay Bridge – il “vero ponte della forza lavoro” della città, come lo descrive Doctorow.

La disgrazia richiama altre sventure. I quattro si trovano nel posto sbagliato al momento sbagliato. Una parola di troppo verso le autorità intervenute per presidiare la zona conduce prima a un arresto sommario, poi a una detenzione abusiva costellata di interrogatori che sconfinano nella tortura psicologica.

Tornato “libero” dopo cinque giorni all’inferno, Marcus scopre che Darryl non è stato scarcerato. È un desaparecido sul suolo americano, come lo è stato lo stesso Marcus per quasi un’intera settimana. La spinta alla verità e alla giustizia fa scattare in lui la molla della reazione. Con la forza delle sue conoscenze in campo tecnologico, Marcus Yallow si dà il nickname di M1k3y e organizza una rete clandestina attraverso l’uso di console modificate ed equipaggiate con un sistema operativo ipersicuro, non a caso chiamato Paranoid Linux, per opporre una resistenza estrema al sistema di controllo instaurato dal governo.

Dalla Xbox alla Xnet, dal gioco alla guerra. Per Marcus comincia una difficile battaglia ideologica e morale, che non si limita alla semplice vendetta personale ma mira a restituire all’America la dignità sottratta da qualcuno, nascondendosi dietro la minaccia di Al Qaeda, per nient’altro che il proprio tornaconto. E se quel qualcuno agisce sotto le insegne del famigerato DHS, il Department of Homeland Security istituito dall’amministrazione Bush dopo l’11 settembre (e, fra l’altro, balzato agli onori delle cronache fantascientifiche anche per un triste episodio che ha visto suo malgrado protagonista il biologo e scrittore canadese Peter Watts, maltrattato dalle guardie di confine del Michigan: http://www.boingboing.net/2009/12/11/dr-peter-watts-canad.html), la guerra non potrà che essere dura e spietata e l’incubo senza fine, finché il nemico non sarà stato definitivamente sconfitto.

Un gioco di trasparenze 

Con questo libro, pubblicato dalla Tor Books nel 2008, Cory Doctorow, già attivista della Electronic Frontier Foundation e co-curatore di Boing Boing (www.boingboing.net), il blog più seguito al mondo, è riuscito nella duplice impresa di rinnovare la tradizione distopica della fantascienza che ha il suo caposaldo nel 1984 di George Orwell (omaggiato esplicitamente fin dal titolo) e di realizzare un piccolo manuale di resistenza civile per le nuove generazioni.

Little Brother è un lavoro di denuncia, animato dalla convinzione che – in tempi di ingiustizia e soprusi d’ogni genere – non esista niente di più rivoluzionario della giustizia. A questo fine, risulta funzionale la scelta dell’autore di operare una riscoperta dello spirito della democrazia attraverso lo scavo nelle radici dell’America contemporanea, a partire dalla stagione di contestazione e movimentismo per le libertà civili che cominciò a scuotere la società negli anni Sessanta proprio dall’ideale epicentro di San Francisco.

Il cuore di Little Brother è occupato da una discussione sui principi costituzionali e in particolare sul Primo Emendamento, e insiste su un particolare passaggio della Dichiarazione di Indipendenza:

Sono istituiti tra gli uomini governi, i cui legittimi poteri derivano dal consenso dei governati; di modo che, ogniqualvolta una forma di governo tenda a negare tali fini, il popolo ha il diritto di mutarla o abolirla, e di istituire un nuovo governo, fondato su quei principi e organizzato in quella forma che a esso appaia meglio atta a garantire la sua sicurezza e la sua felicità.

Il dilemma tra libertà personali e sicurezza collettiva racchiude l’essenza politica del romanzo. Un finto dilemma, continua a credere Marcus: non è negando l’una che si riesca a garantire l’altra. Maggiori sono i vincoli e le restrizioni imposte alle libertà individuali, maggiori sono i pericoli che ne derivano per la nazione. La sfida sta nel dimostrarne l’assenza di fondamento, contro il senso comune invalso in un’opinione pubblica eterodiretta dal governo con il sostegno dei media.

Doctorow gioca riguardosamente con il capolavoro di Orwell, ribaltandone la prospettiva. Il Piccolo Fratello è il diciassettenne Marcus Yallow, noto al popolo della rete come M1k3y ma già conosciuto come w1n5t0n (Winston, come il protagonista di Nineteen Eighty-Four) prima che la sua precedente identità elettronica venisse bruciata. Grazie a lui il Grande Fratello si specchia in una rete di Piccoli Fratelli e Piccole Sorelle come Marcus e Ange, perfetta nel ruolo della giovane pasionaria, un tessuto sociale in cui emblematicamente l’autore identifica, attraverso il suo protagonista, gli stessi Stati Uniti d’America. Si tratta di un lavoro sui punti di vista tutt’altro che banale: in un’epoca segnata dalla smaterializzazione dei fronti di guerra e inevitabilmente condizionata dal gioco delle parti, Doctorow ha il coraggio di sollevare il dito e di puntarlo contro chi si crede legittimato dalle circostanze all’abuso di potere. Nel filone politicamente più avvertito della cultura di massa Usa, il suo messaggio condivide lo spirito del Capitan America di John Ney Rieber, strenuo difensore della libertà come valore fondante della democrazia americana anche nella Civil War targata Marvel e scritta da Mark Millar.

Sono passate diverse generazioni dal Winston Smith di George Orwell, ma Marcus/M1k3y ne sarebbe un degno erede, forse più scavezzacollo ma sicuramente più sveglio e pericoloso del pur coraggioso “bisnonno”. A differenza di Winston, Marcus infatti sa che la conoscenza è il vero segreto del potere. Il motto del Grande Fratello, “L’ignoranza è forza”, rivive nelle trame governative di Little Brother, improntate sul malinteso che la segretezza sia una condizione indispensabile per garantire la sicurezza alla nazione e a ogni suo singolo cittadino. La posizione di Cory Doctorow, riassumibile nella formula “Non la segretezza, ma la sicurezza”, viene ribadito anche nelle due postfazioni alla prima edizione italiana, firmate da Bruce Schneier (esperto di sicurezza informatica e crittografia) e Andrew “bunnie” Huang (il ricercatore del MIT che per primo ha hackerato lo Xbox).

Se la ribellione dei teenager di Doctorow ha successo è grazie alla loro migliore comprensione del mondo in cui vivono, che resta invece alieno per i governanti e i burocrati che oppongono vecchie forme di coercizione alle nuove frontiere evanescenti della rete. La fiducia che l’autore ripone nella democrazia partecipativa resa possibile dalle nuove tecnologie è palpabile e tanto ragionata da riuscire convincente. Il risveglio della coscienza delle generazioni più giovani va a consolidare la speranza nel cambiamento verso un mondo più giusto, rispetto a quello soggiogato sotto il tallone di ferro di una morbida dittatura. Se la rivoluzione non porta al trionfo dell’ideale di anarchismo e libertà sotteso alle aspirazioni dei giovani di Doctorow, almeno la loro ribellione si può ritenere un successo nel momento in cui conduce al ripristino delle libertà e dei diritti della Costituzione e della Dichiarazione di Indipendenza che i governanti avevano pretestuosamente e arbitrariamente abolito.

Marcus/M1k3y ci mostra come solo la cattiva sicurezza si basi sulla segretezza e

su questa consapevolezza costruisce la sua piccola rivoluzione. Ma malgrado la forza e la determinazione (messa ripetutamente alla prova) investite nella missione, anche la sua piccola rivoluzione sarebbe destinata al fallimento, come quella di Winston Smith. A decidere un esito diverso dall’epilogo orwelliano è la partecipazione che M1k3y riesce a ottenere, intercettando il malcontento popolare e dando voce all’ansia di rinnovamento di San Francisco. È grazie a questo che la sua rivoluzione non resta confinata alla sfera individuale ma trabocca nella società, mettendo sotto scacco chi ritiene, con arroganza, di avere sotto controllo la città e la rete.

M1k3y usa le armi dei controllori per obbligarli alla trasparenza, portandone alla luce le malefatte con la sola forza delle idee e attraverso il supporto del giornalismo d’inchiesta. Nella generale fiducia per un riscatto possibile, anche il quarto potere riscopre così il proprio ruolo. In questo, come nella risoluzione del dilemma libertà/sicurezza, Doctorow dà prova di un ottimismo coraggioso che riesce tuttavia a dimostrarsi anche molto convincente.

San Francisco, nostra contemporanea 

Nelle pagine di Doctorow, San Francisco è molto di più di uno sfondo. È un contesto vivente, che pulsa di storia e di odori, che parla attraverso le insegne sulle facciate degli edifici e le luci della notte, che si specchia negli occhi delle comunità etniche che la rendono cosmopolita e vitale.

Venuto a conoscenza di un video trafugato da una riunione dei vertici del DHS, Marcus assiste attonito alle feroci parole dello stratega del presidente, un incrocio tra Donald Rumsfeld, Dick Cheney e Paul Wolfowitz:

Agli americani non piace quella città. Per loro, è una Sodoma e Gomorra di atei e di finocchi che meritano di bruciare all’inferno. Se al paese importa ancora qualcosa di ciò che pensano a San Francisco, è solo perché hanno avuto la fortuna di essere ridotti in cenere da un pugno di terroristi islamici”.

San Francisco è anche una città di scrittori, su cui molto hanno scritto. Ad alcuni di essi fa riferimento Doctorow: Jack London, la beat generation di Jack Kerouac e Allen Ginsberg, la fantascienza di Pat Murphy e Rudy Rucker. Altri possiamo facilmente pescarli dalla memoria: da Philip K. Dick (dai primissimi romanzi, come Il mondo che Jones creò, 1956, a Il cacciatore di androidi, 1968) a Fritz Leiber (con quel singolare atto di amore verso la città che è Nostra Signora delle Tenebre, 1978), da John Shirley (La città della musica vivente, 1980) a Richard Paul Russo (con la sua serie del tenente Frank Carlucci, 1992-1997) e Richard K. Morgan (Bay City, 2002), passando per l’imprescindibile Trilogia del Ponte di William Gibson: Luce virtuale (1993), Aidoru (1996) e American Acropolis (1999), in cui proprio il Bay Bridge riveste un ruolo di spicco, occupato da manifestanti nel corso di disordini sociali appena accennati e trasformato in una zona temporaneamente autonoma dal fascino bohémien. Senza dimenticare che proprio a San Francisco è ambientato Il falcone maltese di Dashiell Hammett, che nel 1930 rivoluziona la detective story.

I luoghi di San Francisco, grazie a questi libri, prendono nuovamente vita sotto le suole delle scarpe di Marcus, che ne attraversa in lungo e in largo le strade sotto assedio. Luoghi e libri danno intensità all’esperienza urbana. Sentirsene addosso lo spavento per la bomba, la paura per i giorni incerti, la voglia di ricominciare, è un’esperienza lasciata al lettore.

Quando la realtà… 

Cory Doctorow è da tempo un attivista molto impegnato sul campo dei diritti digitali e della frontiera elettronica, e quando parla di tecnologia sa quello che dice. L’infodump riversato in questo libro è talmente fitto di nozioni, storie e aneddoti da avere il sapore di un segreto confidato da un amico smanettone. Meglio: di una raffica di segreti, un fuoco dal volume impressionante che ci bombarda ad ogni capitolo e, aggiungendo sapere agli spunti di riflessione, finisce per arricchire ulteriormente l’esperienza della lettura.

Le escursioni sulla crittografia, gli attacchi informatici, i dispositivi di identificazione a radiofrequenza (RFID), la noise signature delle foto digitali, il tunneling delle trasmissioni via web, rendono ancora più vivida l’esperienza del lettore alla scoperta delle sottoculture giovanili, tra giocatori di ruolo incalliti e disturbatori di frequenze, hacker degli RFID e blogger. Ne risulta la percezione di uno scenario realistico e avvolgente, che lascia con la persuasione che gli elementi relegati nei margini del fantastico potrebbero trovare una concreta attuazione nel volgere di qualche anno.

Nel 2008, poco dopo l’uscita del libro, gli sviluppatori di Linux annunciavano di essersi messi al lavoro su una versione del loro sistema operativo basata sull’immaginario ParanoidLinux di Doctorow. A ottobre dello stesso anno veniva annunciata una alpha-alpha release del software, ma poi se ne sono perse le tracce.

Si spera che, in caso di necessità, gli sviluppatori di Unix ne abbiano messo a punto una versione affidabile e pronta all’uso.