— Non riesco, dovrei spegnere il computer!

— Ania, per cortesia: dimmi immediatamente chi è questo imbecille.

— Un... — segue non so che, ha l’aria di una parolaccia.

Come mai non ci avevo pensato: un breve ordine vocale e sul mio schermo si apre una finestra con l’immagine del terzo incomodo, Bohumil. Volto magro, giovanile, capelli a spazzola giallissimi. Attorno al volto una sottile ragnatela di sensori. Blatera girato verso il centro dello schermo, nell’altra metà schermo c’è Ania di profilo, i loro nasi sembrano sfiorarsi come se i due stessero per baciarsi. Scatto: — Ma guarda ’sto stronzo...

Bohumil ha udito e si gira scalmanato: — Io capisce tua lingua, vecchio babbuino, tieni questo!

Mi arriva l’effetto stordente di un cazzotto allo stomaco. Tossisco, mi piego su me stesso, sarà virtuale ma l’ho sentito, eccome! I sensori-effettori tattili che foderano la mia tuta all’interno si sono irrigiditi rientrando con violenza sotto lo sterno. — Ania... insomma che succede, guarda che chiudo e poi mi dovrai spiegare... Oh, ma va’ al diavolo! — Mi viene di troncare la comunicazione ma lascerei il campo al tipo, urlo imbestialito: — Questa sei ancora tu? — Cercando con la sinistra, ho incontrato al tatto un’altra mano. Ania ansima: — Non sono io, che vuoi fare? Sandro aspetta...

Sono risalito fulmineo all’avambraccio accorgendomi dei peli, scendo verso l’inguine e mollo una mazzata rabbiosa. Negli auricolari esplode un grido straziante.

— Sistemato —, dico staccando in fretta alcuni sensori, a evitare ritorsioni. Ania dal video mi strilla: — Vattene, non voglio più vederti!

Ha interrotto il collegamento.

Su metà schermo c’è solo la faccia del tizio che mi guarda, suda e blatera, poi sparisce anche lui. Lo schermo si spegne. Resto immobile, ancora rintronato dal colpo allo stomaco.

Ma non può finire così. Richiamo Ania al telefono, lo squillo dura parecchio, alla fine mi risponde dura: — Addio, Sandro.

— Un momento, cara mia, troppo comodo, chi era quella faccia di bronzo? Avanti, vediamo dove sei capace di arrivare.

Una pausa, un sospiro. — E va bene. Lo conosco. Da un po’ mi perseguita, è un mio ex, ma non gli ho mai più dato corda. Per questo non te ne ho mai parlato. Ti basta?

Scoppio a ridere. — E me la dovrei bere? Il tuo ex sa che sei a Varsavia, e ti chiama già pronto con la sua tuta virtuale... La verità, cara mia, è questa: tu sei solo un’altra di quelle venute in Italia dall’Est.

Stavolta la pausa dura di più, poi con voce rotta mi aggredisce: — Mostro! — e chiude il contatto.

Me ne rimango sul letto per non so quanto. Poi devo aver dormito una mezz’ora, mi risveglio con un senso di colpa. Forse non è come penso io, e l’ho offesa in modo volgare. Ricompongo il suo numero. — Ania? Piccola Ania...

— Ti è passata? — risponde tirando su col naso.

— Scusa, ho esagerato. Be’, mi dirai meglio dopo. Intanto facciamo pace?

Non sembra convinta, esita: — D’accordo... Ho un gran mal di testa e non riesco a dormire.

— Ti tengo di nuovo la mano? Forse ti concilia il sonno.

Esita, poi: — Ok. Fai pure! — Sbaglierò, ma la voce mi sembra cambiata. È quasi ironica, adesso. — Ti avviso, Sandro, il video non mi funziona più, poi mi è passata la voglia di fare conversazione.

Riprendiamo il silenzioso discorso tattile interrotto. Ricominciare daccapo... Nel buio le tengo i polsi, l’accarezzo.

— Buona notte, Sandro. Che sonno! Avevi ragione, la tua presenza mi giova. A domani.

— Posso sempre toccarti? — le chiedo.

— Certamente. Anzi, devi.

Le ore passano e io non me ne accorgo. Nonostante tutto è un dormiveglia dolcissimo, come raramente accade. La lontananza può essere annullata via cavo in modo così nuovo e struggente? Ania ha un respiro ritmico e leggero come una risacca lontana, lo ascolto negli auricolari. Sono il suo angelo che la veglia. Ma io non so stare fermo. Le mie mani, le mie labbra muoiono dalla voglia. Come sarà, online? Aumento le carezze, lei assorbe senza replicare, praticamente inerte anche se sotto le dita sento bene il calore della sua pelle. — Non preoccuparti — sussurro a volume quasi inaudibile — dormi, tesoro. Pensa a riposare... —... e al resto penso io. Che esperienza, gente! Benedetta tuta! Da non credere, da provare assolutamente. Riprendo a sfiorarla con la punta della lingua, ad annusarla. Per un istante mi balena il pensiero buffo di sensori creati per scomporre gli odori in bit e trasmetterli. Perché ora c’è più che mai l’odore di lei, del suo sesso, e deve ben esistere il modo di abbracciarla evitando l’intralcio di questi diabolici cavi.

Ricordo una marea di sensazioni stordenti, alla fine devo essermi anche assopito. Ho sognato qualcosa, c’era Ania. Lo squillo del telefono mi fa spalancare gli occhi di soprassalto. Una mia mano è ancora sulla sua spalla.