Molto presente è anche il tema del cambiamento che ciascuno dei due induce su se stesso camuffandosi per poter intervenire e sabotare gli spettacoli dell'altro, nonché la doppiezza con la quale essi cercano di manipolare il personaggio che funge da centro di contatto tra i due: quello di Scarlett Johansson.Quando, poi, Hugh Jackman ottiene la macchina di Tesla invece di utilizzarla una sola volta per produrre un suo doppio perfetto con il quale ottenere un numero perfetto, guidato dall'emozione della vendetta anche nei confronti del doppio prezzolato che gli rubava la scena, non fa altro che uccidere se stesso cento volte pur di essere l'unico a riscuotere applausi e gloria.

Ma la sequenza finale, in cui per Christian Bale sembra ricomporsi una vita lineare, lasciando intravedere i doppi di Jackman nelle vasche spinge a chiedersi: qual'è l'originale, qual'è il vero Jackman?

E anche qui ci troviamo davanti ad una domanda che non ha una risposta definitiva.

Se in Memento ci troviamo a perderci nei labirinti della memoria, qui siamo portati a perderci nella percezione del reale che reale non è, nell'illusione determinata da una tecnologia perseguita e servita in maniera quasi ossessiva da Tesla/Daivid Bowie che quando determinerà una invenzione strabiliante (la macchina che copia oggetti ed esseri viventi in una gradevolissima deriva Electropunk) deve essere riportata nel campo dell'illusione altrimenti risulterebbe non accettabile.

Non siamo capaci di accettare una realtà fuori dall'ordinario, quindi meglio relegarla nell'illusione del prestigio.

Parliamo di una moglie morta e conseguente senso di colpa? Parliamo del nodo fondamentale del terzo film: Inception. La trama, infatti, non si scioglierà finché il protagonista non affronterà superandolo il senso di colpa di aver indotto al suicidio la moglie, cancellandone così per sempre l'ombra che popola il suo mondo di sogni e lo contrasta nelle sue missioni di lavoro oniriche.

Dopo la molteplicità dei ricordi e quella dei doppelganger, quindi, qui siamo alla molteplicità dei sogni, dei pensieri e delle idee. Uno dei luoghi dove la molteplicità si coagula in una unicità nel nostro organismo è proprio il cervello, ed è in esso che entra la squadra guidata da Leonardo DiCaprio, non per rubare un ricordo/pensiero/idea ma per introdurla in maniera tale che la vittima sia portata a prendere decisioni sulla propria vita apparentemente libere ma in realtà indotte (siamo davvero liberi nelle nostre decisioni, nella gestione della nostra vita e realtà?).

È ovvio che trattandosi di sogni la realtà sia del tutto alterata, così come il tempo, che è relativo addirittura al livello di sogno in cui ci si trova. Così nel momento in cui al primo livello un furgone sfonda il guard rail e cade nel fiume, nel secondo c'è tutto il tempo di muoversi in assenza di gravità, radunare l'intera squadra di dormienti per lanciarli nella tromba dell'ascensore per determinarne il risveglio, nel terzo si può assistere ad un lungo scontro a fuoco con l'addio definitivo di un padre ad un figlio e, nel quarto e non previsto livello: quello del limbo, uno dei componenti della

squadra (Ken Watanabe) è ormai un vecchio decrepito che verrà ricondotto fuori solo dalla tenacia di Leonardo DiCaprio.

Tempo nel tempo, illusioni nelle illusioni, mascheramenti per ingannare, una percezione del reale che reale non è, tanto da far dubitare che la stessa realtà sia reale.

I molteplici sogni, le illusioni, i giochi mentali per riuscire ad ottenere il successo della missione, però, fanno capo ad un unico sognatore, non dimentichiamolo, il deus ex machina del mondo onirico nel quale ciascuno si muove.

Di tutte le idee e i pensieri che possono agitare la mente di una donna (il personaggio di Marion Cotillard) cioè della moglie del personaggio di DiCaprio, il germe della tragedia è instillato da un solo dubbio: la realtà è davvero realtà?

Unico dubbio che può far cadere la molteplicità e che scava talmente a fondo la mente della donna da spingerla ad un atto estremo. Ma quel suo atto è davvero segno di pazzia oppure lei è finalmente sveglia in un altro mondo ad aspettare che suo marito la raggiunga?

Non riusciremo a saperlo, ma la spinta che induce il protagonista a tornare a casa è il legame con i suoi figli così forte da indurlo ad accettare una missione (quasi) impossibile.

Proprio come il personaggio di Matthew McCounaghey in Interstellar.

Da un lato all'altro del tempo e dello spazio l'unico legame che non si spezza e che riconduce l'esploratore a casa è quello con i suoi figli.

La molteplicità in questo film è la più ampia possibile: l'umanità intera in pericolo di estinzione, e ad essa si contrappone l'unico, ovvero l'eroe che riuscirà alla fine a ricondurre alla salvezza tutto il genere umano.