Una volta effettuata questa indagine preliminare, ho deciso di recarmi sul posto per valutare di persona il fenomeno. Ho quindi ingaggiato come guida uno di questi bambini, si chiama Caio Pullio, è orfano ed è una specie di delinquente di strada che, con un sorriso gaglioffo, mi ha detto di non temere gli dèi nemmeno se cadono dal cielo. In cambio di una lauta mancia, io con il mio mulo e lui a piedi ci siamo avviati alle pendici del vulcano. Man mano che si sale su per gli stretti sentieri che portano alla bocca del vulcano, il paesaggio si trasforma in modo inquietante. Gli alberi e la vegetazione si fanno sempre più pallidi, e morenti, colorati di un tono livido e smorto, come se una qualche malattia li avesse ammorbati.Ancora più su ogni cosa, erba, alberi, sterpaglie, è bruciata. E una fortissima puzza di zolfo aggredisce le narici e la gola.– Ehi, tu, ragazzo, ma è normale che sia così? – Ho chiesto a Caio Pullio, prima di mettermi a tossire. Ti confesso, Magister, che il sudore mi aveva inzuppato gli abiti, e non soltanto perché la giornata era torrida, o per la fatica della salita.– No, signore. – Ha risposto lui, in tono mesto. – Qui prima era tutto verde. Poi sono caduti gli dèi dal cielo. – Per la prima volta, persino lui mi è sembrato un po’ spaventato.Alla fine siamo arrivati a destinazione. Ti assicuro, Magister, che è una cosa da vedere. La pendice del vulcano era totalmente spoglia, non c’era più nulla di vivo, e il suolo era scuro, bruciato. Non sembra di essere nella nostra dolce Italia, ma in qualche terra sconosciuta, punita dagli dèi. La puzza era ancora più forte, di zolfo mescolato a qualcosa d’altro di incomprensibile e ignoto, ed era così insopportabile che il povero Pullio è corso via. Io, per sopportarla, ho dovuto inzuppare il mio fazzoletto di aceto e coprirmi il volto con quello.Su questa superficie aspra e bruciata, devastata da qualcosa di terribile, si aprono davvero dei grandi crateri. Ne ho contati sette, ma è possibile che siano anche di più, perché non sono riuscito a inerpicarmi oltre. Non sono altro che profondi buchi nel terreno, un po’ come se dal cielo fossero caduti grandi e pesanti oggetti rotondi.Il diametro di ciascuno dei buchi è di diverse pertiche, purtroppo non sono stato in grado di misurarlo in maniera più scientifica, ma lo farò e ti farò sapere. Non so dirti quanto sono profondi, e ora te ne dirò il motivo, Magister.I crateri emanano un vapore denso e acre, terribilmente puzzolente, che fa pizzicare gli occhi e ne occulta il fondo. Sembra che qualcuno abbia acceso un grosso pentolone con una qualche infernale pietanza, e i fumi vengono su fino a noi.Non ti nascondo, Magister, che la vista di questo paesaggio brullo e desolato, così strano da sembrare alieno, i buchi profondi nel terreno, il vapore pestilenziale che ne emana in continuazione, la puzza insopportabile, è tutto molto inquietante e oscuro. È come se un pezzo d’Averno fosse stato portato sulla terra dei vivi, e uno qui si può immaginare che da un momento all’altro escano dalle buche i morti per portarlo via con sé. Davvero qui c’è la sensazione che qualcuno di terribile stia per accadere, e che un destino malefico stia per colpirci. Ho avuto i brividi, lunghi brividi di paura, e sono davvero molti anni che non mi succede, Magister.Dopo essere stato qui qualche minuto, ho rivalutato i paesani del luogo, che non mi sembrano più sciocchi superstiziosi, dato che io stesso sono preda della loro paura. E apprezzo ancora di più il coraggio della mia piccola guida, Caio Pullio, che ha accettato di tornare quassù, pur sapendo ciò che avrebbe trovato.In ogni modo, io non sarò da meno di lui, e ho intenzione di non deluderti, Magister. Ora che so che cosa aspettarmi, appena possibile tornerò qui più organizzato: ho già acquistato delle corde, mi farò accompagnare da un paio di robusti contadini del luogo (che sarò costretto a pagare in modo esagerato, tienine conto) e mi calerò in uno dei crateri, per scoprire che cosa c’è in fondo.