— Dimostrami che sei in grado di darmi quello che voglio, di farmi uscire vivo dal Cubo, e avrai il tuo viaggio. Non mi fido dei mezzi umani — ribatté  sarcastico. Amos provò un lieve piacere nell’umiliarlo con quella definizione dispregiativa e non ne fu turbato. Questo lo inquietò.PQ-9 strinse le palpebre, sfidandolo. L’aeroscafo ripartì.

Il Cubo si piegò, distorto. Riflesso su una sfera a specchio. Si insinuarono tra due lembi arricciati dello spazio. Le distanze si annullarono in una svolta come ;;raggiungere una stella girando l’angolo. L’ingresso del cunicolo più piccolo era enorme: un cratere grande quanto il centro della vecchia Forlì. Attraversarono una gola di pareti traslucide, tra lame di luce e banchi di ombre. Amos deglutì a fatica, si sentì terribilmente limitato. Il Cubo trasmetteva una strana sensazione di pace. Sembrava un’entità eterna, presente da sempre. E in qualche modo lo era.

Era stato creato due secoli prima, sulle ceneri del più grande azzeramento sociale. Big Default, la devastante crisi economica. Quello che  non erano riuscite a fare le carestie e le guerre mondiali, l’aveva fatto la finanza globale. Morti. Ovunque. L’uomo si era scoperto nudo, sferzato dal gelido alito della realtà: la bolla del benessere aveva reciso il legame con la sopravvivenza, rendendo gli esseri umani incapaci di gestire il fabbisogno. Di pensare. La bolla era esplosa, liberando gas nocivi di terrore. Morti. Suicidi. Ovunque. La denutrizione e le malattie acuirono l’egoismo e il razzismo.

I governi militari ridiedero potere ai grandi gruppi economici. I colpevoli del Big Default si travestirono da rivoluzionari, rigenerando la vecchia oligarchia. Ma con una nuova idea sociale. Due ceti distinti e invisibili fra loro. Chi consuma, chi lavora. Chi ha il tempo per spendere, e chi non ne ha perché schiavo. Inconsapevole. Per ogni nascituro nella nuovissima, viene creato un clone e, quest’ultimo, trasferito nel Cubo dove passerà il resto della vita a produrre. Alla morte di uno consegue l’eliminazione dell’altro. Un necessario equilibrio, un vero sistema paritario. Così fu presentato il progetto.

Un sistema paritario, pensò sarcastico Amos. Una domanda lo punse al cervelletto, lasciò che l’inquietudine penetrasse le mura diafane del Cubo alla ricerca di una risposta. Lì dentro c’era anche la sua copia, il suo pari. La curiosità di vederlo era tanta quanto la paura. Si chiedeva se ragionasse come lui, se avesse delle emozioni. Se fosse una semplice imitazione o un individuo indipendente.

— Preparati — la voce di PQ-9 arrivò ovattata, — a morire! — concluse, le labbra piegate in un sorriso storto. Inserì il pilota automatico e aprì il portellone che li divideva dalla stiva. Con un cenno della testa lo invitò a seguirlo.

Il compartimento conteneva una decina di capsule idonee ad accogliere un uomo. Amos ne sfiorò una: era gelida e al contatto divenne trasparente svelando il corpo di una donna. Nuda. La pelle livida era sottile e tesa. PQ-9 attivò la procedura di caricamento, alcune capsule furono attratte da binari a magnete e portate alle nicchie che, disposte su cerchi concentrici,  occupavano la parete di fondo. Una, quella centrale, rimase vuota.

PQ-9 si avvicinò a un modulo. Era l’unico con il ;;led verde. Sulla superficie concava apparve una tastiera. Digitò una lunga serie di dati: un alone iridescente avvolse la capsula, quindi si aprì con un sibilo acuto che richiamò ad Amos un ricordo lontano, non solo suo, ma universale.

— Spogliati e stenditi — ordinò PQ-9.

I dubbi soffiarono su Amos. — È proprio indispensabile svestirsi? — domandò inquieto.

— Se vuoi passare i controlli, sì. Sono due le condizioni necessarie: la prima è che tu sia nudo, il sistema troverebbe anomalo un essere umano vestito. Fa parte della procedura, così è stato deciso. Le capsule non possono contenere nient’altro che un corpo. Il piano di sicurezza del Cubo è rigido, è intransigente. Ed è il motivo per cui è gestito da un trittico di IA: sono incorruttibili — disse sarcastico.

Amos soppesò l’equilibrio mentale del cyborg. Si convinse sempre di più che non poteva rilassarsi. La fiducia era merce deperibile.

— La seconda condizione — continuò PQ-9 — è che tu sia morto...

— Ti piacerebbe!

— La morte di un essere umano mi lascia indifferente. Se provassi piacere non potrei gestire il trapasso binato e, sopra ogni cosa, non avrei bisogno di te e della Sintesi dell’Anima. La tua fortuna è che non ho ancora capito come riprodurla altrimenti non saresti qui.