Cristina gli accarezzò la nuca e lo spinse delicatamente a riprendere il passo. — La trasformazione non è fisica, ma mentale. Quella donna divenne violenta. Morse un suo compagno al collo, recidendogli la giugulare e lo avrebbe sbranato se il vecchio comandante della Colombo non l’avesse uccisa.— Per questo teniamo Albert rinchiuso? Per impedirgli di fare del male a qualcuno finché non sarà guarito? — Rosario rincorse lo sguardo della donna, alla ricerca di una conferma che non sembrava voler arrivare. — Perché guarirà, vero? — aggiunse con un filo di voce.— Innanzitutto dobbiamo capire da cosa è stato punto. Ci sono diverse specie di insetti lì fuori e non tutti sono pericolosi.— Ma se lo avesse punto uno di quelli pericolosi?— Nessuno è mai guarito dopo una di quelle punture. La morte arriva sempre, dopo giorni di delirio.

Rosario non riuscì più a trattenere le lacrime. Crollata la diga, il fiume gli si riversò sulle guance. Anche se dietro la nebbia del pianto, Rosario si rese conto che la dottoressa Biur non aveva terminato il racconto.

— C’è dell’altro, vero?

— La puntura forma una bolla. Quando la donna… Cath… è morta, la bolla è scoppiata. Era piena di altri insetti. Quelle bestiacce depositano delle uova sotto la pelle di quelli che pungono.

— E quando la bolla si apre… cosa succede?

— Le zanzare vengono liberate nell’aria. Vicino a Cath c’erano tante persone e a loro volta sono state punte. La nave è stata invasa, in molti sono impazziti. C’è stata una carneficina. E ogni morte portava nuovi insetti e nuovi infetti. In poche ore il caos ha preso la Colombo. Franck Dirk ha cercato di arginare il pericolo, facendo sigillare sezioni della nave. Abbiamo resistito qualche giorno, ma alla fine siamo rimasti senza controllo… e la Colombo è precipitata. Il comandante Dirk è riuscito a guidare la nave per evitare che si disintegrasse sul suolo, ma l’urto è stato disastroso lo stesso. Tra le vittime degli insetti e quelle perite a seguito della caduta, di quasi centoquarantamila passeggeri, poco più di centocinquanta sono rimasti in vita.

Rosario giocherellò con il sacchetto dei bulloni che portava alla cintura. Strinse tra le labbra una domanda, finché questa sfuggì al controllo, per spegnersi dopo il primo istante di libertà. — I miei genitori… — Doveva sapere come aveva perso la propria famiglia. Non avevamo mai ricevuto risposte, lui e gli altri bambini cresciuti orfani nella comune. Ora aveva bisogno di sapere chi o cosa si era portato via i suoi cari.

— Tua madre è morta a causa dell’impatto, quando la Colombo ha toccato il suolo di Brandia. Anche tuo padre e mio marito morirono nello stesso modo. Anche se non lo sapevo, ero incinta e riuscii a non perdere il bambino.

Ma forse lo perderai ora, stava per dire Rosario.

Erano arrivati.

Cristina Biur corse davanti all’oblò della cabina dove Albert era stato isolato. Rosario s’inchiodò a pochi passi, a guardarli mentre schiacciavano i palmi delle mani sul vetro, in un inutile tentativo di cercare un contatto.

Albert aveva il viso rosso di pianto, eppure non sembrava infetto o pronto a uccidere qualcuno. Quando si accorse di lui si affrettò ad asciugarsi gli occhi e impostò il suo classico sorriso spavaldo. O, almeno, ci provò. La signora Biur fece segno a Rosario di avvicinarsi. — Sta bene, vedi?

La voce ovattata di Albert si fece largo oltre la finestra incastonata nella porta. — Cos’è quella faccia? Uscirò tra poco, vedrai.

Rosario annuì. Non riuscì a impedire agli occhi di cercare la bolla sull’avambraccio di Albert. Era gonfia, eppure non gli sembrava gravida di uova. La speranza gli allargò un sorriso sulle labbra.

Quando Cristina varcò la soglia della sala, la discussione era già iniziata. Gustav Martin rimase con la bocca spalancata e la mano a mezz’aria, la voce che si spegneva in qualcosa simile a un fischio.

Cristina prese posto al proprio seggio intorno al tavolo circolare. Sentì addosso il gelo di sei paia di occhi e il peso del silenzio gonfio di imbarazzo.

— Credevo che la presenza di tutti i membri del consiglio fosse necessaria per far partire la discussione — osservò — non per interromperla.

Gustav si schiarì la gola, borbottando sillabe sconnesse tra loro. Fu Sonia a prendere la parola. — Non pensavamo che avresti partecipato a questa seduta.

Cristina percepì il dolore nelle parole della donna. Sonia aveva perso un figlio solo un anno prima e doveva capire il suo stato d’animo. — Potevate chiedermelo — rispose, tradendo la tensione che le raschiava il petto.

— Non dovresti comunque essere qui — intervenne Luke Gentle. Nel suo tono mancava l’empatia che aveva ammorbidito le parole di Sonia.

Cristina lo affrontò con sguardo fermo. — Faccio parte del consiglio come te. E stavolta si discute di mio figlio.