Un laboratorio urbano per sperimentare l’utopia 

La città di Soleri è una città integrata nell’ambiente esterno, completamente funzionale alle esigenze dei propri abitanti, in contrapposizione all’inefficienza della città turbo-capitalista imposta dal modello americano. Il concetto su cui si basa è improntato a un’eleganza frugale, anche come prospettiva sociale di uno stile di vita più equilibrato di quello attualmente invalso nelle società occidentali. È una comunità autosufficiente, vivibile, servita, capace di sfruttare e amplificare le condizioni microclimatiche dei suoi ambienti, minimizzando gli sprechi di risorse, avvicinando la filiera produttiva (per esempio l’agricoltura dei giardini organici) agli utilizzatori a cui i prodotti sono destinati. Le ampie cupole servono a catturare il calore evitandone la dispersione, l’acqua piovana viene raccolta da tetti e membrane per il riutilizzo a scopo di irrigazione.Arcosanti, pensata per ospitare 5.000 abitanti, è stata fin da subito un work in progress, un lavoro in divenire, emblematico dell’idea di flusso che muoveva il suo fondatore, in cui la convivenza tra processi spontanei e pianificati era intesa a elaborare col tempo un equilibrio stabile e duraturo. Un po’ come la Città del Sole di Tommaso Campanella (1568-1639), la città di Soleri si spinge a progettare un intero modello di vita. Ma come Charles Fourier (1772-1837) e la sua unità abitativa (il falansterio, destinato a ospitare comunità di 1.600-2.200 abitanti), Soleri va oltre l’idea. E se dell’utopia socialista di Fourier furono tentati diversi esperimenti ma sempre per iniziativa dei suoi seguaci (tra gli altri ricordiamo la Brook Farm, operativa nel Massachusetts dal 1841 al 1847, che influenzò molti intellettuali, da Henry David Thoreau a Nathaniel Hawthorne, e la meno nota Campomaggiore, costruita in provincia di Potenza a partire dalla fine del Settecento, su progetto dell’architetto Giovanni Patturelli), Arcosanti nasce e si evolve sotto la guida del suo teorico e ideatore.

Altri suoi illustri colleghi hanno potuto mettere in pratica i loro monumentali progetti contando sullo slancio identitario dei paesi in sviluppo, grazie ai finanziamenti degli unici soggetti che potevano permettersi spese di tale portata, ovvero i rispettivi governi: si pensi per esempio a Lucio Costa, Oscar Niemeyer e Roberto Burle Marx, che tra il 1956 e il 1960 realizzarono la città di Brasilia, su incarico del presidente Juscelino Kubitschek, nei ruoli di pianificatore urbano, architetto delle opere pubbliche e landscape designer; oppure a Le Corbusier, alla cui sensibilità Soleri si avvicina molto, che negli stessi anni pianificava i lavori per la moderna Chandigarh, in India. Soleri invece finanziò e reperì i fondi necessari al suo progetto per poterlo realizzare in totale autonomia.

Certo, alcune soluzioni divulgative sembrano forse un po’ troppo debitrici verso le suggestioni new age e non deve quindi stupire il successo popolare raggiunto dalla filosofia di Soleri, che paragona l’habitat alla musica, si propone la valorizzazione del “potenziale cosmico” (del vento, del sole e dell’acqua) e prevede la disposizione di sonagli per favorire l’armonia tra spazi e abitanti. Ma se mettiamo a confronto la pur minima realizzazione di Arcosanti con le nostre megalopoli moderne, o anche solo con lo sprawl che prolifera appena fuori dai centri metropolitani, riversando le istanze di un’urbanizzazione selvaggia e incontrollata in territori un tempo rurali, oppure agli hinterland grigi e omologati che dilagano a ridosso delle cinture urbane, lo stacco è impressionante. È come contemplare frammenti di un ideale paradiso terrestre, un’alternativa concreta allo stile di vita ispirato dalla routine capitalista.

Le risorse disponibili in rete per approfondire sono molteplici, a partire dall’esaustivo ciclo di video-documentari curati da Tomiaki Tamura, consultabili su YouTube (Arcosanti: An Urban Laboratory? http://www.youtube.com/watch?v=qBGDXxvn1k4, Arcology: http://www.youtube.com/watch?v=0iRd41gvhaw, Bridges: http://www.youtube.com/watch?v=I5a7Uiy5AbA, Lean Linear City: Arterial Arcology http://www.youtube.com/watch?v=xX_GD7omON4), che molti spunti ha fornito per questo articolo.

Le città del futuro 

I centri commerciali sono oggi le nostre piazze e i nostri templi. Le autostrade, le stazioni e gli aeroporti (nati per agevolare il trasporto di masse sempre più ingenti di persone e di merci) acquisiscono proporzioni sempre più monumentali e quindi dispersive. Private delle caratteristiche identitarie, le strutture si spogliano di relazioni con i luoghi che le ospitano e con le comunità a cui sono destinate. Assumono i caratteri dei nonluoghi di cui parla Marc Augé.