La recensione cinematografica la lasceremo al nostro Luca Morandi nei prossimi giorni, ma intanto vorrei scrivere qualcosa su Star Trek Into Darkness (titolo italiano Into Darkness - Star Trek) dal punto di vista prettamente trekker. Il mio commento postato a caldo su Facebook è stato “ho visto il nuovo film di Star Wars, bello… però era pieno di strani riferimenti a Star Trek”. Che J.J. Abrams non sia un appassionato della serie creata da Roddenberry ma piuttosto di quella di George Lucas è ben noto, e siamo sicuri che quando è stato annunciato che JJ non avrebbe potuto dirigere il prossimo film di Star Trek perché impegnato in una Galassia molto molto lontana più di un trekker ha tirato un sospirone di sollievo. Io personalmente non sono uno che vive per Star Trek, non ho nemmeno mai indossato un costume (tutt’al più ho la spilletta sul bavero della giacca), ma la serie l’ho sempre apprezzata e la conosco piuttosto bene. E sono qui a dire che Into Darkness no, mi spiace, ma questo non è Star Trek.

1. Alieni da baraccone

Se c’è una cosa che dà un gusto Star Wars fin dalla prima occhiata secondo me è il modo in cui vengono rappresentati gli alieni. In Star Trek gli alieni sono sempre stati estremamente antropomorfi. Un’orecchio a punta, qualche macchiolina sul collo, un naso un po’ arricciato. La pelle verde o azzurra, ciglia un po’ folte o orecchie dalla forma strana. Era forse in parte una scelta dettata da ragioni economiche, ma era anche sfruttata da un punto di vista concettuale: gli alieni di Star Trek rappresentano gli altri, sono una metafora delle altre nazioni terrestri, ed è un punto preciso della filosofia di Star Trek mettere in  evidenza come gli altri siano simili a noi. Sono stati usati alieni molto diversi proprio per mettere in evidenza la loro alienità, come quei “cattivi” coi quali non si poteva discutere: i Gorn, i Borg, i Cardassiani.

In Star Wars invece gli alieni sono usati per fare colore. Più o meno tutti i personaggi importanti sono umani, e gli alieni fanno a gara a chi ha l’aspetto più strano e evolutivamente assurdo. Lo stesso ahimè accade in Star Trek Into Darkness, dove vediamo una quantità di fenomeni da baraccone che sembrano usciti da un bar malfamato di Mos Eisley. 

2. Le astronavi non volano

Se le astronavi fossero fatte per volare nell’atmosfera, avrebbero una forma aerodinamica. Tutto Star Trek è basato sul concetto di astronavi enormi fatte per restare nello spazio mentre gli equipaggi si teletrasportano a terra o usano apposite navette. Secondo i piani originali di Roddenberry la sezione disco dell’Enterprise avrebbe dovuto staccarsi e atterrare, mentre la parte coi motori restava in orbita, ma questo piano restò inutilizzato. In tutte le serie e i  film di Star Trek solo la Voyager, che, viene specificato, aveva un’apposito equipaggiamento antigravitazionale per farlo, atterra su un pianeta.

Perché l’Enterprise non solo atterra, ma addirittura va a nascondersi sott’acqua? Non era nascosta meglio se restava in orbita? Se si poteva portar via Spock dal vulcano col teletrasporto, perché non lo si poteva anche depositare fin dall’inizio, senza correre rischi inutili con la navetta?

3. Superteletrasporto

Qui il disastro è rilevante. In realtà abbiamo già trovato qualcosa del genere nel primo film, con il teletrasporto dal pianeta all’astronave a velocità curvatura. Stavolta abbiamo il cattivo che clicca un pulsante e si teletrasporta dalla Terra a Qo'nos, il pianeta principale dell’Impero Klingon. Ok quindi, ci si aspetta che a fronte di questa scoperta le astronavi vengano smantellate un’ora dopo: a cosa servono? E cosa se ne fa l’altro cattivo di una superastronave, quando potrebbe teletrasportare un tot di bombe nucleari su ogni pianeta canaglia della Galassia e finire le guerre prima di cominciarle?

4. Klingon forse timidi, certo incapaci

Dopo sette anni di Next Generation e sette di Deep Space Nine i Klingon li conosciamo bene, e sappiamo che sono guerrieri orgogliosi, che amano guardare la morte in faccia e che sono convinti che essere uccisi in battaglia sia un onore. Con una psicologia del genere riesce difficile capire come mai i Klingon di J.J. Abrams si nascondano dentro a elmetti che coprono completamente il viso, facendoli assomigliare a tanti robottini tutti uguali. D’altra parte, che ne è stato dei formidabili guerrieri se un’astronave della Federazione può avvicinarsi al loro mondo indisturbata, inviare una navetta sul pianeta e andarsene quasi indisturbata?

5. Carol Marcus, Uhura e i cazzotti

Non si può dire che la Serie classica fosse proprio femminista, ma certo Star Trek è sempre stata all’avanguardia in certe questioni sociali. Ha avuto capitani neri e capitani donna. Facendo un confronto tra la Carol Marcus di L’ira di Khan e quella di Into Darkness abbiamo da una parte una scienziata di grande valore, che ha avuto una relazione con Kirk ma l’ha mollato e non sente affatto il bisogno di ripensarci, una persona tosta che sa badare a se stessa. Dall’altra parte abbiamo una tizia che è la figlia di un generale, che coglie la prima occasione per mettersi in biancheria intima, che non fa nulla di utile e che alla fine deve essere salvata come ogni principessa che si rispetti.

La stessa Uhura, che dovrebbe essere un’ufficiale estremamente competente, non riesce a far altro che tediare equipaggio e pubblico con le sue insoddisfazioni nel rapporto di coppia. Entrambe hanno il loro momento di gloria quando si impongono su Kirk - che vorrebbe passare alla forza - chiedendo di usare invece il dialogo. E il dialogo alla fine non risolve una situazione che deve invece essere sistemata a suon di cazzotti.

6. Kirk non è Shatner

Christopher Pine fa quasi tenerezza nel suo sforzo di assomigliare a William Shatner. Ne imita i gesti, le espressioni, persino le smorfie. Ora, non che io abbia mai apprezzato particolarmente Shatner, ma non c’è niente di peggio che vedere un tizio con la faccia da Big Jim fare le imitazioni. Molto meglio, allora, Quinto, che non assomiglia per niente a Nimoy e non fa nulla per riuscirci, caratterizzando il suo personaggio come pare a lui.

7. The unreal McCoy

La serie classica di Star Trek era basata su tre personaggi: qui ce ne sono due, Kirk e Spock. McCoy dice un paio di battute in tutto il film, è quasi assente. 

8. Troppa azione, poche idee

Inseguimenti e botte a non finire. È davvero questo che chiediamo a un film di Star Trek? Non credo proprio. Star Trek è - come molta della migliore fantascienza - basato sulle idee, e qui le idee non ci sono, o sono vecchie, già viste. O sono assurde, magiche, fuori luogo. Va bene, il 3D è affascinante, visto all’Imax poi è la fine del mondo, ma insomma, se volevo una demo sulle possibilità del 3D magari andava bene anche un documentario sulle tartarughe marine, che in acqua hanno decisamente più senso delle astronavi.

9. Star Trek non è un posto per i cattivi

Ci sono molti cattivi famosi nella saga di Star Trek, ma la realtà è che - nelle serie - il punto non è mai stato affrontare cattivi, ma affrontare dei problemi. Ogni avversario in Star Trek aveva le sue ragioni e la il punto alla fine non era sconfiggerlo, ma trovare una soluzione condivisa. Ci sono ovviamente eccezioni, soprattutto nei film - che in generale, soprattutto gli ultimi, a mio avviso sono altrettanto poco Star Trek quanto i due di Abrams. E c’è naturalmente l’eccezione di Khan, nel film l’Ira di Khan. Ma in quel caso c’era un background ben chiaro, c’erano motivazioni, c’erano riferimenti a fatti accaduti nella serie, e c’era una trama coi fiocchi.

Per esempio, in Into Darkness a un certo punto (si vede anche nel trailer, quindi non è gran che di spoiler) l’Enterprise deve fronteggiare un’astronave della Federazione più grossa e cattiva. Se fosse stato un vero Star Trek in quel caso il problema sarebbe stato il rischio di combattere contro i propri colleghi: l’equipaggio dell’altra nave avrebbe avuto le stesse uniformi, avrebbe espresso dubbi. Qui il problema sono esclusivamente i cattivi, che in quanto tali procurano anche di avere uniformi del tutto diverse, e di essere costituiti solo da tizi grandi, grossi e non particolarmente svegli.

Abrams - e i suoi soci Orci, Kurzman e Lindelof - a nostro avviso le serie di Star Trek non le hanno mai viste, o se le hanno viste non le hanno capite. Fanno riferimento solo ai film, scopiazzandone qualche elemento superficiale del quale non capiscono le motivazioni. Le citazioni più che di omaggio assumono il tono della parodia. 

10. Where no one

Per fare dieci, l’ultimo elemento è davvero da geek: il film si conclude con la lettura della classica frase di apertura, “these are the voyages of the starship Enterprise”, è chiaramente la frase della serie classica perché fa riferimento alla “five year mission”, ma si conclude con “where no one has gone before”. J.J., no one lo dicevano in Next Generation, nella Classica dicevano no man

Ma è solo un dettaglio. Tra i tanti.