Le UPU prima valutano e poi spostano nei siti di stoccaggio qualsiasi prodotto che abbia una parvenza di rivendibilità.

Il mercato di secondo, terzo e chissà quale altro consumo è comunque in concorrenza con il lavoro di quelli che contendono loro il valore residuo dei rifiuti abbandonati al proprio destino.

Alla fine, la spesa fatta gratis in discarica vale bene una giornata di lavoro sottopagato.

Ogni giorno, lungo la Lucite che collega casa mia a Colle Vasto, mi fermo davanti ai Cieli Boreali. E se al mattino ci tengo a farmi notare da Alba, alla sera, sporco e dopo aver trascorso dieci ore in mezzo al fetore, evito di passarci e cambio strada. La sera, infatti, il puzzo della discarica è penetrato così a fondo nei miei vestiti e nella carne da trasformarmi in uno spiedo, monco di un paio di arti.

Questo non sarebbe un problema se non fosse che arrivo a malapena all’altezza del seno di Alba.

Ai Dead Bones non l’ho detto per paura di essere preso in giro. Né mi sono confidato con Charlie che si farebbe beffe di me. Eppure loro non sanno che quando ai Cieli Boreali non c’è nessuno, e studio le promozioni in vetrina sognando destinazioni lontane, lei si alza ed esce a salutarmi.

Oltre ai pacchetti completi e alle offerte “last minute”, Alba è solita esporre l’olografia del Tempio di Moore: proiettato fuori dall’insegna del negozio, c’è un messaggio brillante.

LA BIOLOGIA NON È UNA META,

È UNA TENDENZA.

I CHIP SONO LA NOSTRA DESTINAZIONE.

Nel locale c’è sempre e solo Alba. Nessuno lavora con lei, né quanto lei, dalla mattina alla sera, senza fermarsi mai. È la proprietaria dei Cieli Boreali e fa come le pare.

Quando è a meno di un metro di distanza, Alba si abbassa fino a inchinarsi e mi dà un bacio con lo schiocco sulla guancia. Poi mi concede una carezza sulla testa e non so se sorriderle o scoppiare a piangere; non so se mi fa più bene o un male tremendo.

La guardo dal basso verso l’alto. Chiunque nei miei panni spererebbe che la gentilezza di Alba non sia solo apparenza.

Sono sicuro di no.

Anche quando la videochiamo in incognito, con gli occhiali e la barba grigia, Alba non si arrabbia, né smaschera il mio gioco, anche se lo so che mi ha riconosciuto.

È così incantevole che mi dimentico chi ;sono.

È così magnetica che non so più dove mi trovo.

Rovistare in discarica viene meglio dopo questo inizio.

Perché ho quindici anni e lei ventitré. E tra tutte le condizioni avverse che il destino ha disposto contro di me, questa è di gran lunga la più malevola e scoraggiante. Una condizione insuperabile che per giunta mi espone alle bravate di Charlie, il quale, dopo avermi visto gironzolare spesso nei pressi dei Cieli Boreali, un giorno decide di scoprirne il motivo. E non per rimproverarmi di perdere tempo, né per divertirsi a distruggere le mie palpitazioni, bensì al solo scopo di schernirmi e a suo modo di avvantaggiarsi della cosa.

Una mattina piena di nuvole all’orizzonte, mentre ricevo da Alba la solita razione di dolorose carezze sulla testa, lui sbuca da dietro il negozio e mi prende per mano come fossi un moccioso qualsiasi.

– Peter! Quante volte te lo devo dire di non infastidire chi lavora?

Lei è così superiore a tali insinuazioni che il dubbio sull’onestà di quelle parole non la sfiora nemmeno.

– Figurati, quest’ometto mi dà il buongiorno ogni mattina. È un piacere scambiare due chiacchiere con lui. A quest’ora non c’è mai nessuno…

L’aspetto leggiadro di Alba lega alla perfezione con la sua voce suadente.

Charlie sfodera un sorriso falso come le parole di prima.

– Ha ragione signorina, però io devo andare al lavoro e lui deve essere a scuola tra poco.

Non so cos’abbia in mente mio fratello, però mi sta facendo fare una pessima figura. Invece di trattarmi da fratello minore, mi tratta da fratello minorato. La scuola è chiusa da un anno. Da quando la palta l’ha inghiottita in seguito all’incendio appiccato – per errore? – da Rasha. area evacuata c’è scritto con la fiamma ossidrica sul cancello di ingresso. Dietro alle inferriate, resta una zona abbandonata e infestata da una brutta sensazione di morte.

Da un anno studio tramite una corrispondenza di e-mail con un professore remoto. Al massimo, una volta al mese, ci vediamo in teleconferenza da un nodo web. Supero i quiz, accumulo punti esperienza spendibili agli esami, ma a cosa mi servono non l’ho capito.

Alba si congeda con un sorriso da brividi e poi con la solita premura si sistema la divisa, il tailleur arcobaleno del martedì che mi mette il buon umore.

– Allora non vi trattengo. Noi ci vediamo domani, Peter.

Raccolgo tutto il mio coraggio e mi butto. Forse non si è accorta che la sto sognando a occhi aperti.

– Ciao, Alba, a domani.

Charlie inforca il mio braccio e quasi mi torco il collo per vedere Alba rientrare dietro la scrivania e accavallare le gambe. Solleva di nuovo la mano in segno di saluto.

– Quella lì devi togliertela dalla testa…

Mi spinge finché non abbiamo svoltato l’angolo. Poi mi mette le mani sulle spalle e finisco per aderire contro il muro.

– Perché?

Lui ha vent’anni e un ghigno che non so spiegarmi.