Delos 18: Walter Jon Williams a cura di Franco Forte.

WALTER JON WILLIAMS

Fra gli autori dell'ultima generazione che si affacciano sul panorama della fantascienza internazionale, Walter Jon Williams, autore di Aristoi, è senza dubbio fra i più interessanti.

Quando si cerca di analizzare l'opera di uno scrittore, soprattutto un esordiente o un autore che ha mosso solo pochi passi nell'universo letterario, si tende per prima cosa a individuare quegli scrittori affermati che ne sono stati ispiratori, quei modelli e quegli stilemi verso cui il nostro autore sembra proiettato e che ne individuano un chiaro percorso su binari già tracciati.
La narrativa di Walter Jon Williams, scrittore americano ancora poco noto nel nostro paese, ha attinto sapientemente nel caotico e intenso backgroung fantascientifico del suo paese, proponendosi verso la seconda metà degli anni ottanta con una serie di opere forti e incisive che l'hanno subito proiettato nell'orbita di quella seconda generazione cyberpunk il cui tentativo di superamento dei cliché creati da William Gibson ha portato sul mercato opere molto interessanti (mi piace ricordare in questo senso soprattutto lo scrittore scozzese Iain M. Banks con la sua serie di racconti sulla Cultura, oltre naturalmente allo stesso Walter Jon Williams) e di notevole valore letterario, che hanno destato l'interesse dei lettori e della critica.
Per quanto riguarda WJW (come viene sinteticamente indicato dai maggiori antologisti americani), negli anni che vanno dal 1985 al 1990 si preoccupa soprattutto di dare sfogo al suo entusiasmo giovanile (Williams è del 1953, dunque poco più che trentenne al momento dell'uscita dei suoi primi romanzi) e alle pulsioni techno-elettriche derivate dalle suggestioni cyberpunk, tanto più forti negli States in quanto il movimento era fresco dell'uscita nel 1984 di Neuromante di Gibson, la vera Bibbia di questo movimento ideologico-sociale-letterario.
Ecco dunque che nel 1985 WJW pubblica il romanzo Knight Moves (sua seconda opera ma primo lavoro significativo di una certa qualità, che non manca di farsi notare dal pubblico), seguito l'anno successivo da Hardwired (tradotto in Italia come Guerrieri dell'interfaccia per i tipi della Phoenix Enterprise di Bologna), una scatenata parabola techno-punk in cui gli stilemi del romanzo d'avventura (ma anche gli stereotipi del genere western, unica vera base storica in cui può affondare la giovanissima cultura americana) vengono ripresi da WJW con estrema abilità e vigore per far muovere i suoi personaggi nell'universo informatico, cow-boy del computer che scorazzano in un mondo di elettroni per aggiudicarsi la supremazia telematica.
Il successo di questo romanzo ha spinto Williams a scrivere due seguiti ancora più frizzanti e sconvolgenti (seppure di tono stilistico inferiore), ovvero gli ancora inediti in Italia Voice of the Whirlwind del 1987 e Angel Station dell'89.
Sempre del 1987 è una breve pausa al rutilare elettronico del cyberpunk che Walter Jon Williams si concede per scrivere quella che intitolerà "la serie dei gioielli della corona", una sorta di apologia futuristica dei miti esotici che influenzeranno profondamente le sue opere successive.
Dopo il ritorno ai vecchi moduli cyberpunk con il rocambolesco romanzo Days of Atonement, che comunque non si distingue per forza innovativa rispetto ai precedenti, arriva quello che viene considerato il capolavoro di WJW, Aristoi, e per il quale viene indicato come nome tutelare e ispiratore (soprattutto per il linguaggio lirico e potente e per la forza immaginativa nella descrizione delle ambientazioni e dei personaggi) il grande Roger Zelazny.
Questo spettacolare romanzo è un raffinato cocktail di esotismo, ipertecnologia e gradazioni di linguaggio. Un ottimo passo in avanti nel superamento degli stereotipi e dell'impasse dell'ultimo cyberpunk (che non riuscendo più a rinnovarsi è affondanto lentamente nelle cupe descrizioni della spirale del degrado urbano e civile, senza mai proporsi come fonte risolutrice o ispiratrice di idee positive), e contemporaneamente un prezioso recupero della migliore fantascienza anni '70-'80. possibile infatti trovarvi lo stesso gusto fascinatorio per la descrizione di ambienti e personaggi tipico di Roger Zelazny o di Jack Vance, e una prepotente carica visionaria riconducibile a Philip K. Dick. Il tutto abbondantemente condito con il sapiente uso delle più moderne teorie scientifiche legate alla bioingegneria, alla nanotecnologia e alle realtà virtuali.
La vicenda racconta il tentativo da parte di un membro della corporazione degli Aristoi (individui in grado di spostarsi e governare contemporaneamente il mondo reale e quello di loro creazione, sviluppato nei livelli della virtualità) di ergersi al di sopra degli altri, cercando di acquistare un potere sull'universo umano in espansione che potrebbe trasformarlo in un folle dio-dittatore circondato da oscuri presagi per il futuro. Sarà Gabriel, uno dei più giovani Aristoi, a combattere per la democrazia della loro corporazione, in un crescendo di azione e dinamismo che ben si sposano con il ritmo della scrittura, la verosimiglianza dei personaggi e gli scenari che li circondano.
Questo romanzo è stato da poco tradotto per la Mondadori ed è uscito in rilegato nella collana Superblues in maggio.
Ma Walter Jon Williams non si è fermato qui. Dopo Aristoi (che è del 1992 e che nella classifica dei 100 migliori romanzi del fantastico di tutti i tempi compilata dagli utilizzatori della rete mondiale telematica Internet è arrivato addirittura fino all'8 posto), ha scritto ancora numerosi racconti e due romanzi: Facets e il techno-thriller visionario (che per certi versi ricorda una commistione tra le opere di Ballard e quelle di Dick e Gibson, dunque parecchio lontano dal tono austero ed esotico di Aristoi e del cantore Zelazny) Metropolitan (attualmente in traduzione per Mondadori), che da quando è uscito negli Stati Uniti (aprile del 1995) ha già scatenato una ridda di consensi e di pareri positivi da parte dei lettori e della critica non soltanto specializzata, dimostrando ancora una volta di quale caratura sia la sua narrativa, capace di scivolare da una tematica all'altra e da un piano stilistico all'altro senza mai perdere in originalità e forza espressiva.
A parte Aristoi e Guerrieri dell'interfaccia, in Italia non è stato tradotto molto di Walter Jon Williams, e quel poco che finora è uscito lo si deve alla versione italiana della "Isaac Asimov Science Fiction Magazine" e alla Phoenix Enterprise, la casa editrice che la stampa.
Infatti, lo staff della IASFM coordinato da Daniele Brolli ha pubblicato il romanzo Elegia per angeli e cani (Elegy for Angels and Dogs, "IASFM" n 13, maggio 1995) e i racconti Eurogenorama (Eurogenoscape, "IASFM" n 13, maggio 1995), Video Star (Video Star, "IASFM" n 4, versione Telemaco, maggio/giugno 1993) e L'ora del lupo (Wolf Time, "IASFM" n 5, settembre 1994).
Sentiremo parlare presto di questo nuovo e intrigante autore, non appena i suoi migliori romanzi appariranno anche nelle nostre librerie e i lettori italiani avranno finalmente la possibilità di godersi la sua scrittura mutevole e accattivante, preziosa e incisiva. Un mix difficile da imitare nel guazzabuglio di questi travagliati anni novanta.