C'è grande fermento tra gli scienziati del Cern di Ginevra, in questi giorni. Gli esperimenti Altlas e CMS hanno scoperto una nuova particella che, con una confidenza statistica abbastanza alta da poter dar luogo a una scoperta scientifica, può essere il "famoso" bosone di Higgs. Sembra quindi che il quadro della conoscenza della Fisica delle particelle sia stato finalmente integrato con il più atteso (e sofferto) dei tasselli che mancavano all'appello. 

Peter Higgs
Peter Higgs
Ma cos'è questo famigerato bosone di Higgs? Si tratta di una particella prevista dalla teoria quantistica dei campi e teorizzata per la prima volta dal fisico britannico Peter Higgs negli anni Sessanta del ventesimo secolo. Il ruolo di questa particella sarebbe quello di mediatore del cosiddetto campo di Higgs, il cui compito è quello di conferire massa alle altre particelle. 

Andiamo però con ordine. Quando ci si imbatte nella teoria quantistica dei campi bisogna porsi preliminarmente una domanda: cos'è un campo? Per capirlo basta pensare per esempio al campo elettrico, con il quale abbiamo a che fare quotidianamente. La corrente elettrica alla base della tecnologia moderna altro non è che uno spostamento di particelle cariche elettricamente attraverso un materiale in grado di permettere tale movimento (i cosiddetti materiali conduttori). Ciò che mette in moto le particelle cariche è il campo elettrico. Esso è quindi una proprietà dello spazio che permette il propagarsi di una particolare forza di interazione, che nel nostro esempio mette in moto le particelle cariche dando luogo alla corrente elettrica. 

Ogni campo di interazione è caratterizzato, nella teoria quantistica dei campi, da una o più particelle che hanno lo scopo di propagare nello spazio l'interazione associata al campo stesso, comunicandone la presenza alle particelle che incontrano nel loro percorso. In pratica è come se tali particelle fossero i messaggeri dell'azione del campo, o meglio i suoi mediatori. Tali mediatori, detti anche quanti del campo, fanno parte della famiglia di particelle che prendono il nome di bosoni

Per ognuna delle interazioni fondamentali della natura è possibile ipotizzare l'esistenza di bosoni mediatori. Nel caso dell'interazione elettromagnetica il mediatore è il fotone, per l'interazione forte abbiamo i gluoni, per l'interazione debole i bosoni W+, We Z, mentre per l'interazione gravitazionale esistono ipotesi sull'esistenza di un mediatore chiamato gravitone (mai scoperto sperimentalmente, al contrario degli altri bosoni mediatori già citati, per i quali esistono evidenze sperimentali sulla loro esistenza). 

Ma veniamo al nostro Higgs. Questa particella è mediatrice di un particolare campo che permea lo spazio, il cosiddetto campo di Higgs. Tale campo ha il ruolo di conferire la massa alle particelle. In pratica, l'interazione di una particella con il campo di Higgs (ovvero con il suo bosone mediatore) fa sì che essa, sotto certe condizioni descritte dal cosiddetto meccanismo di Higgs, possa acquisire massa. La teoria iniziale prevede l'implementazione del meccanismo di Higgs per spiegare le masse dei già citati bosoni W e Z dell'interazione debole, ma si può estendere anche alle particelle note come fermioni, che prendono il nome dal fisico italiano e premio Nobel Enrico Fermi e che sono, in pratica, i mattoncini costituenti la materia a noi conosciuta. 

Il bosone di Higgs è diventato nel tempo un tassello fondamentale in quel grande mosaico che prende il nome di Modello Standard, un insieme di teorie che tentano di spiegare il funzionamento del mondo a noi conosciuto almeno a livello quantistico. Per anni si è discusso sulla validità della teoria di Higgs e non sono di certo mancati gli scettici che l'hanno messa in dubbio. Nonostante questo, la coerenza di questa teoria e il fatto che si incastra così bene con le teorie di campo già note, ha convinto la maggior parte degli scienziati che essa debba essere corretta. 

Il rivelatore dell'esperimento Atlas
Il rivelatore dell'esperimento Atlas
Ma, come si sa, le teorie richiedono una conferma empirica per poter essere considerate giuste. Era quindi necessario scoprire il bosone di Higgs in laboratorio per accertarsi che la teoria fosse valida. Per questo (e non solo) è stato costruito LHC (Large Hadron Collider), l'immenso acceleratore di particelle situato nel sottosuolo al confine tra Francia e Svizzera e gestito dal Cern, il centro di ricerca internazionale che accoglie scienziati da ogni parte del mondo. Le dimensioni di questo apparato e le tecnologie alla base della sua costruzione permettono di raggiungere livelli di energia tali da permettere ai vari esperimenti a esso collegati di svolgere misure su fenomeni mai osservati prima. Sono proprio due di questi esperimenti, Atlas e CMS, ad aver fornito le prime evidenze sperimentali dell'esistenza del bosone di Higgs. 

Gli scienziati rimangono ancora cauti e stanno continuando ad analizzare i dati che gli esperimenti hanno raccolto, ma la confidenza statistica raggiunta dalle misure supera il limite imposto dalla comunità scientifica per proclamare una nuova scoperta. In sostanza, è possibile affermare che al Cern è stato scoperto il bosone di Higgs. 

Fabiola Gianotti, coordinatrice dell'esperimento Atlas
Fabiola Gianotti, coordinatrice dell'esperimento Atlas
Possiamo inoltre affermare che il nostro Paese ha avuto un importantissimo ruolo in questa scoperta. Non solo l'Italia è uno dei paesi fondatori del Cern, ma molti ricercatori nostri connazionali lavorano ai vari esperimenti che si avvalgono di LHC; in particolare nell'esperimento Atlas c'è una forte componente tricolore, visto che è coordinato a livello internazionale dalla nostra connazionale Fabiola Gianotti, che ha presentato i risultati delle misure ottenute da Atlas in un seminario tenuto al Cern, di fronte all'intera comunità scientifica e in particolare di fronte a un ottantaquattrenne Peter Higgs al quale, dopo cinquant'anni di attesa, è sfuggita qualche lacrima di comprensibile emozione.

Veniamo invece a una caratteristica più "popolare" di questa particella, ovvero il suo soprannome "La particella di Dio". Questo triste nomignolo deriva da un libro di divulgazione scientifica del premio Nobel Leon Lederman intitolato The God Particle: If the Universe is the answer, what is the question? Il libro parla della storia della fisica delle particelle, focalizzandosi anche sul bosone di Higgs, che sarebbe la God Particle del titolo. Il titolo del libro avrebbe dovuto originariamente essere The Goddamn Particle (la maledetta particella, in riferimento alla difficoltà della sua osservazione sperimentale), ma l'editore si è rifiutato di intitolarlo in questo modo, così è stata adottata la dicitura God Particle (particella Dio). Da qui a particella di Dio il passo è tristemente breve. Se ne deduce quindi che, nonostante il nome, non c'è niente di religioso alla base di questa innocua ma allo stesso tempo importantissima particella quantistica. 

Fabiola Gianotti si congratula con Peter Higgs durante il seminario di presentazione dei risultati delle misure dell'esperimento Atlas
Fabiola Gianotti si congratula con Peter Higgs durante il seminario di presentazione dei risultati delle misure dell'esperimento Atlas
La scoperta del bosone di Higgs si può considerare, a buon diritto, la più importante scoperta scientifica nella storia della Fisica delle alte energie ed è triste che facili sensazionalismi religiosi alimentati dal suo infausto soprannome (originato, tra l'altro, da un'innocua censura editoriale) oscurino l'importanza di una tale conquista. 

La sfida però non è finita qui. Abbiamo aggiunto un importante tassello a un puzzle che descrive solo una piccola percentuale della materia presente nell'Universo. Ben più del 90% della materia esistente è infatti materia oscura, ovvero materia della quale non si conosce la natura. Il meraviglioso viaggio alla conquista della conoscenza dell'Universo non si è quindi fermato, anzi trova in questa importante scoperta una nuova strada su cui avviare le indagini.